Come da manuale, la Turchia ha colto
l’occasione di partecipare alla guerra contro il terrorismo colpendo
duramente non tanto l’Isis (con cui sembra convivere con reciproca
soddisfazione) quanto la resistenza e la popolazione civile curde. Come
conferma un appello del Congresso Nazionale del Kurdistan (KNK) del 18
agosto, lo Stato turco, dopo aver bombardato accampamenti e campi
profughi, ha ripreso a incendiare i villaggi curdi in territori sotto la
sua amministrazione.
Nel comunicato del KNK si denuncia che “i villaggi di Kocakoy nei
distretti di Lice-Hani a Amed (Diyarbakir) e altri villaggi circostanti
sono sottoposti a un pesante bombardamento da parte dell’esercito turco.
Molti di questi stanno attualmente bruciando, con numerosi feriti e un
numero sconosciuto di morti”.
Dopo i bombardamenti, i soldati turchi sono entrati nel villaggio di
Kocakoy accanendosi contro le abitazioni, sparando e bruciando le case
con le famiglie ancora all’interno. Fonti locali hanno riferito che
molte persone in queste case sono state uccise e seriamente ferite.
L’esercito turco ha poi imposto con la violenza l’evacuazione degli
abitati.
Lo stesso è accaduto nel villaggio di Şapatan (Altinsu) a Semdinli,
distretto di Hakkari. Qui oltre 10 abitazioni sono state demolite e il
fumo sta ancora salendo dalle case, oltre che dalle aree forestali e da
altri villaggi circostanti.
Niente di nuovo. Il regime turco si era impegnato in un’analoga campagna
negli anni ‘90 quando aveva incendiato oltre 4000 villaggi curdi e
trasformato in sfollati (meglio: profughi interni) 3 milioni di persone.
In un precedente comunicato stampa, il KNK rendeva noto che l’esercito
turco aveva attaccato i distretti di Varto, Semdinli, Farqin, Yuksekova,
Nusaybin e Lice, prendendo di mira i civili, bombardando
deliberatamente fattorie, aziende e abitazioni, causando la morte di
molte persone.
Rappresentanti e parlamentari del partito turco HDP hanno sottolineato
come il loro Paese stia agendo sostanzialmente con gli stessi metodi
usati dall’Isis a Kobane: una deliberata politica di distruzione della
città. Va ricordato che l’utilizzo della potenza militare contro i
civili è considerato un crimine di guerra. Il bombardamento diretto dei
villaggi e l’incendio di case, aziende, fattorie e l’ambiente
circostante, è una tattica del terrore utilizzata del regime turco
contro civili innocenti.
Con il suo appello, il KNK chiede “alla comunità internazionale, alle
ONG, alla stampa e alle organizzazioni dei diritti umani, di condannare
la sporca guerra che lo Stato turco sta impegnando nei confronti dei
curdi. I crimini commessi contro di loro sono violazioni dei diritti
umani di cui il regime turco deve essere ritenuto responsabile dagli
organi competenti e dalle organizzazioni internazionali”.
Verso il genocidio
È evidente che, dopo la conclusione del processo di pace da parte di
Erdogan il 24 luglio, è ormai in corso una nuova guerra totale contro
questo popolo. Da quella data le montagne, i villaggi e la popolazione
curdi sono stati quotidianamente sotto attacco e sottoposti a
bombardamenti. Per quasi una settimana le forze speciali turche,
sostenute dall’esercito, hanno dichiarato lo stato di emergenza nelle
città curde applicando una dura repressione e compiendo anche esecuzioni
extragiudiziali.
In alcuni distretti (Varto, Semdinli, Farqin, Yuksekova, Nusaybin,
Lice…) sono stati presi di mira i civili, bombardati i luoghi di lavoro e
incendiate case. Inoltre viene impedita la sepoltura di chi è rimasto
ucciso da questi attacchi nonché le cure ai feriti. Tutte le entrate e
le uscite di queste città e province sono chiuse, isolandole di fatto
dal resto del Paese. Mentre le forze di sicurezza terrorizzano la gente,
le principali forniture di energia e di acqua negli abitati sono state
deliberatamente interrotte.
Tra la popolazione curda si va diffondendo il timore di subire altri
massacri. È confermato che il numero dei morti risulta assai più
elevato di quanto riferito dalle fonti ufficiali statali. L’esercito
turco ha anche assediato le zone rurali che circondano questi distretti e
sta bombardando pesantemente nei villaggi.
La principale ragione degli attacchi e delle uccisioni extragiudiziali
di civili, secondo il Congresso Nazionale del Kurdistan, “sta nel fatto
che il presidente turco Erdogan ha dato poteri illimitati alle forze di
sicurezza. È un altro segno dell’ostilità dell’AKP nei confronti del
popolo curdo. Attaccando il popolo curdo, il governo turco e il
presidente Erdogan stanno moralmente e concretamente sostenendo l’Isis”.
E il Congresso Nazionale del Kurdistan conclude il suo messaggio con un
appello:
Chiediamo all’opinione pubblica internazionale di opporsi a questa guerra condotta dal presidente turco Erdogan.
Chiediamo alla UE e agli Stati membri, agli USA e all’ONU di rompere il
loro silenzio sulla minaccia di massacro contro i curdi in Turchia.
Chiediamo ai media internazionali di interessarsi della questione che ha
una rilevanza significativa nella lotta contro l’Isis nella regione.
Va segnalata anche la recente dichiarazione della co-presidenza del
Consiglio Esecutivo della KCK (Unione delle Comunità del Kurdistan) sui
recenti sviluppi nel Kurdistan settentrionale, la regione curda della
Turchia. Osservando che lo stato turco ha attaccato selvaggiamente il
popolo curdo e la sua volontà politica, la KCK sostiene che “il governo
dell’AKP non ha né risolto la questione curda, né tollerato
l’organizzazione e il carattere democratico della società del popolo
curdo”.
E prosegue: “L’AKP attacca violentemente la scelta di autogestione del
popolo del Kurdistan di recente dichiarata in risposta alla repressione,
agli arresti e agli attacchi che mirano a spezzare la volontà
democratica del popolo. In aggiunta al fatto che non ha compiuto passi e
manifestato una volontà per la democratizzazione della Turchia, l’AKP
sta cercando di spezzare l’autogestione democratica locale del popolo
curdo, che considera come ‘fondazione di uno stato nello stato’”.
Appare evidente che l’AKP agisce ormai apertamente per imporre il suo
sistema politico centralista, autoritario ed egemonico. “Il recente
conflitto”, sostiene la KCK, “e gli scontri che stanno causando morti si
stanno indubbiamente verificando per via degli attacchi dello Stato
dispotico contro la volontà democratica dei popoli. La politica degli
anni ‘90, durante i quali le rivolte del popolo venivano selvaggiamente
attaccate, oggi viene perseguita nuovamente”.
La KCK ha anche denunciato come le forze di polizia del governo stiano
“assassinando diversi civili nella regione curda ogni giorno, mentre i
corpi dei guerriglieri caduti negli scontri vengono fatti oggetto di
trattamenti inumani, e che questi attacchi inumani si sono intensificati
in particolare a Varto”.
La misura dell’ostilità dell’AKP nei confronti dei curdi si è rivelata
ancora una volta in ciò che è stato perpetrato contro il corpo di una
guerrigliera martirizzata a Varto (Kevser Eltürk, nome di battaglia Ekin
Wan): 1) trascinato per le strade ed esibito nudo in fotografie condivise nei social media.
Commentando queste pratiche come un ritorno al periodo della sporca
guerra degli anni ‘90, la KCK ha detto che le quotidiane dichiarazioni
del presidente Tayyip Erdoğan confermano come questa infame guerra verrà
ulteriormente inasprita.
Riferendosi alle notizie che provengono da Varto – secondo cui sia
civili sia guerriglieri vengono assassinati e i loro corpi fatti a pezzi
– la KCK ha detto che il governo dell’AKP assassina brutalmente le
persone senza distinzioni e fa scempio dei cadaveri. Riferendosi a
Erdogan, la KCK ha ammonito che “se questa sfrenata personalità fascista
non viene fermata, la guerra in Turchia ovviamente s’intensificherà
sempre di più”.
Secondo la KCK, l’unico modo di porre fine a questa situazione è dare
sostegno a tutte le aree che hanno dichiarato l’autogestione: Varto,
Gever, Cizre, Silopi, Silvan e Nusaybin in primo luogo: “I curdi devono
sollevarsi ovunque si trovino contro queste aggressioni e il popolo
curdo non deve essere lasciato solo di fronte agli attacchi in corso. È
tempo di usare il diritto democratico di resistere agli attacchi
colonialisti e fascisti”.
Un appello, quello della KCK, rivolto a tutti i popoli e a tutte le
forze democratiche della Turchia affinché sostengano le aree che hanno
dichiarato l’autogestione e stanno mettendo in atto un’autodifesa contro
gli attacchi del regime. “L’unità tra i curdi e il popolo turco va resa
più forte”. Ricordando che il popolo del Kurdistan ha appena costituito
la sua legittima democrazia locale nell’ambito di uno sforzo di
autogestione, la KCK ha aggiunto che gli autogoverni democratici
rafforzano l’unità della Turchia, poiché il popolo curdo non ha altro
obiettivo se non quello di applicare il suo modello di autogestione e la
sua democrazia locale.
Invece “coloro che definiscono separatismo l’autonomia democratica sono
quelli che non hanno una politica utile a una soluzione della questione
curda e vogliono creare la base per la soppressione della lotta della
gente”.
La KCK ha sottolineato che il popolo e le forze democratiche della
Turchia devono impedire l’intensificazione del conflitto mettendo in
atto una lotta affinché lo Stato rispetti la volontà democratica del
popolo curdo. “Rispetto per la volontà democratica del popolo curdo
significa pace e stabilità. Bisogna sapere che il popolo curdo e i
guerriglieri curdi non entrerebbero in un conflitto se la volontà
democratica del popolo curdo non fosse sotto attacco”, ha precisato.
Vanno quindi respinte le politiche di guerra dell’AKP contro il popolo
curdo mentre si deve operare per la democratizzazione della Turchia e
una soluzione democratica basta sull’autogestione del popolo.
N O T E
1) Il 10 agosto, la guerrigliera delle YJA STAR
(Forze di difesa delle donne del PKK, Partito dei Lavoratori del
Kurdistan) Kevser Eltürk (“Ekin Wan”) è stata uccisa dalle forze di
sicurezza nel distretto di Varto, nella provincia turca di Mus. Hanno
scritto le sue compagne di lotta dell’YDK:
Non siamo spaventate. Perché sappiamo che questo Stato è
assassino, lo sappiamo dai villaggi che ha evacuato e dalle donne
imprigionate che ha ucciso. Perché sappiamo che questo Stato è
stupratore, lo sappiamo dai seni torturati delle donne, dai tentativi di
fiaccare attraverso lo stupro la loro volontà, dalle donne imprigionate
e torturate in carcere. Lo sappiamo dalle vostre sporche guerre
ingiuste, che non del nostro corpo ci fanno vergognare ma semmai della
nostra umanità. Lo sappiamo da Shengal, da Kobanê.
È chiaro che questa vostra misoginia nasce dalla paura che avete delle
donne che lottano sulle barricate, nelle prigioni e sui monti. Noi non
abbiamo paura di voi e non ci vergogniamo del nostro corpo.