Brad Smith, il presidente di Microsoft, in un’intervista alla BBC ha detto che la distopia dello stato di sorveglianza che possiamo osservare in 1984 di George Orwell potrebbe “avverarsi nel 2024”. “Se non emaniamo delle leggi che proteggeranno il pubblico in futuro, troveremo la tecnologia che corre e sarà molto difficile recuperare il ritardo. Sapete che la storia riguardava un governo che poteva vedere tutto ciò che tutti facevano e ascoltare tutto ciò che tutti dicevano in ogni momento. Be’, questo non è avvenuto nel 1984, ma se non stiamo attenti potrebbe accadere nel 2024”.
Non c’è soltanto la coalizione digitale mondiale dal dolce nome di Gafam (Google, Apple, Facebook, Amazon e Microsoft), che controlla i nostri dati, i nostri acquisti e le nostre fonti di informazione. Ironia della sorte (o crimine perfetto?), siamo i primi ad applaudire a questa “tirannia dolce” che Alexis de Tocqueville già prevedeva ne La democrazia in America: sempre meno libertà, purché ci venga garantito comfort e sicurezza. Ormai la verità è soltanto alternativa, la neolingua trionfa dappertutto. È quanto dice lo scrittore Julian Barnes nell’intervista alla “Revue des Deux Mondes”.
La sinistra che provocava delle ulcere a Orwell negli anni Trenta e Quaranta per la sua adesione criminale al totalitarismo stalinista è la stessa che cede oggi alle sirene contro l’“islamofobia”. Leggendo 1984, non possiamo che rimanere colpiti dalla somiglianza tra il sistema del totalitarismo e quello che struttura oggi il politicamente corretto. C’è tutto: il condizionamento ideologico, la proscrizione di un numero di parole, l’obbligo di celebrare l’ideologia della diversità anche quando la realtà sconfessa i suoi presunti successi, la partecipazione a rituali di odio pubblico attraverso la denuncia di chi contraddice i diktat. Allo stesso modo, il regime che predica la diversità cerca di farci dire che 2 + 2 fa 5 quando arriva ad affermare che l’uomo e la donna non sono altro che costruzioni artificiali.
È interessante in questo senso leggere il lungo colloquio pubblicato dalla rivista “La Nef” fra l’americano Rod Dreher e il canadese Mathieu Bock-Coté. Titolo: Verso un totalitarismo morbido?. Ne traduco le tre parti più salienti.
Mathieu Bock-Côté – Qualunque cosa dicano coloro che non vogliono vedere nulla, il regime della diversità impone ovunque un controllo ideologico sempre più severo delle popolazioni, come se fosse necessario trasformare le società occidentali in un vasto campo di rieducazione ideologica. Che si parli della situazione nell’università, nei media o nell’impresa privata, il “wokismo” [risveglio] si sta normalizzando e si sta trasformando nell’Inquisizione. Attraverso di esso, il politicamente corretto diventa fanatico. Le maggioranze storiche occidentali prendono il posto dei vandeani e dei kulaki nella storia del capro espiatorio: sono trattati come il legno morto dell’umanità.
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Rod Dreher – Siamo già in quello che io chiamo “totalitarismo morbido”. Lo chiamo morbido per diversi motivi. Innanzitutto, poiché non assomiglia alla versione sovietica, con i gulag. In secondo luogo, fa credere alle persone di essere piene di compassione verso le vittime. Eppure è pur sempre totalitarismo! Un ordine totalitario è un ordine in cui esiste un solo punto di vista politico accettabile, un ordine in cui tutta la vita è politicizzata. Questo ordine sta conquistando le istituzioni nell’Anglosfera con una velocità sorprendente. Ciò che è morbido oggi diventerà duro. La nuova tirannia è esercitata da una polizia del pensiero che ha acquisito un potere esorbitante.
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Mathieu Bock-Côté – La particolarità del regime della diversità è quella di normalizzare le rivendicazioni delle “minoranze” e di patologizzare quello che fino a poco tempo fa si chiamava buon senso, riducendolo a un vecchio ceppo di pregiudizi e stereotipi. È sufficiente che un movimento che si dichiara “minoranza” formuli una richiesta che si traduca immediatamente in un diritto fondamentale al quale diventa quindi scandaloso opporsi. Non a caso la teoria del gender prende così tanto posto nella nostra vita pubblica: se riusciamo a far accettare a una società che uomini e donne non esistono e sono solo costruzioni sociali arbitrarie, allora possiamo fargli accettare tutto. La nostra civiltà è ossessionata dalla fantasia del proprio annientamento.