Il tormentato rapporto fra il Veneto e lo Stato italiano è ritornato d’attualità grazie all’iniziativa di alcuni docenti e intellettuali italiani che hanno pensato bene di rivolgersi al Parlamento romano in termini perentori: al Veneto ogni ulteriore forma di autonomia non deve essere concessa… e via una serie di considerazioni che vi risparmio.
È incredibile come, laggiù in Italia, non ci si voglia render conto di quanto diffusa sia la voglia di autonomia, di autogoverno qui nel Veneto, e da sempre.
A Roma devono capire che non è una moda passeggera, ma una battaglia che i veneti portano avanti da 150 anni, dal momento in cui, attraverso un plebiscito-truffa, furono annessi all’Italia (21 e 22 ottobre 1866).
E in questo senso vorrei riproporre un documento di straordinaria attualità, scritto nel 1889 da Ferruccio Macola, direttore della “Gazzetta di Venezia”. Il Macola fu sicuramente uno dei protagonisti dell’ottocento veneto: nato a Camposanpiero (PD) nel 1861, fu uno dei fondatori del quotidiano genovese “Secolo XIX” del quale divenne anche direttore. Eletto più volte deputato per la Destra nel collegio di Castelfranco, è ricordato per il duello alla sciabola con il deputato radicale Felice Cavallotti, che ebbe la peggio e morì nel marzo 1898 a Roma.
Ma torniamo al periodo veneziano della Gazzetta e alla sua relazione sul progetto per costituire una federazione politica regionale. È un documento di notevole importanza che dimostra come nel 1889, appena 23 anni dopo l’annessione del Veneto all’Italia, già ci fossero nei confronti dei Veneti discriminazioni e penalizzazioni inaccettabili.
Ferruccio Macola si chiede “se non convenga insorgere contro l’accentramento enormemente dannoso di tutto il noto sistema politico e amministrativo; accentramento maggiormente marcato colle leggi presentate dal Crispi, tutto di carattere e d’indole giacobina”; e più avanti sottolinea “la necessità di tutelare con una forte organizzazione politica gli interessi della nostra regione”. E ancora:
D’altronde è ingiusto, che dopo tanti anni di Governo, con Gabinetti di tutti i colori, il Veneto, e con Veneto la Lombardia, abbiano pagato sempre di più, molto di più delle altre Provincie, usufruendo in proporzioni assai minori degli aiuti governativi.
Se potesse realizzarsi il sogno di Marco Minghetti e di Alberto Mario, il Veneto sarebbe la regione che certamente risentirebbe maggiori vantaggi della sua autonomia.
Il decentramento amministrativo, che tanto si invoca, e che dovrebbe essere uno dei punti cardinali del programma del nuovo partito, sarà il primo passo per conquistare alle regioni, l’autonomia amministrativa più confacente al loro sviluppo, ai loro bisogni, alle loro risorse economiche.
È enorme, che per qualunque piccola spesa, per qualunque pratica d’ordine secondarissimo, si deva ricorrere a Roma: dove per la quantità imponente di materia da sbrigare, tutti gli affari subiscono immensi ritardi; mentre la soluzione dipende tante volte da impiegati inferiori di grado alle stesse Autorità provinciali, costrette per legge a ricorrere al Governo centrale.
Illuminante poi una statistica che fotografa una realtà di stampo colonialista:
La popolazione in Italia dall’ultimo censimento è di 28.953.480 cittadini. Il Veneto ha una popolazione 2.873.961. Potrebbesì dunque sperare che i Veneti occupassero 1/10 delle cariche dello Stato. Invece Ministri veneti nessuno; segretari generali nessun Veneto; direttori generali nei vari Ministeri, e saranno oltre 40, nessuno; ispettori generali nei diversi Ministeri, e saranno 60, uno o forse due; generali d’armata, nessuno; tenenti generali, nessuno; generali ce n’era uno, ma l’hanno collocato nella riserva.
Non hanno voluto conservare neppur la semente.
Ammiragli nessuno, vice-ammiragli nessuno. Ce n’erano due o tre, ma li hanno pensionati, perché impagliati rappresentino il vecchio S. Marco e la sua gloriosa Repubblica, che per tre volte portò la civiltà in Oriente; Consiglieri di stato, e sono 24, nessuno; Consiglieri della Corte dei Conti, e sono 12, nessuno; prefetti su 69, due; intendenti di finanza, su 69, tre.
In tutto il personale dell’avvocatura generale: avvocati compartimentali nessuno; amministrazione generale del catasto che interessa tanto il Veneto perché il più iniquamente gravato, nessuno; direttori compartimentali e vice-direttori del catasto, nessuno; capi dell’Amministrazione militare, uno solo.
E … ne avrei da dirne per altre quattro pagine, giacchè lascio le Corti d’appello, i Tribunali, le Questure, i Carabinieri, i Direttori delle Poste, i mille ispettori che fanno nulla e che non danno di vantaggio all’Erario 15 giorni della loro paga annuale, gli ufficiali di porto, ecc. ecc.
E a proposito del rapporto Nord-Sud:
Ci basterà solamente ricordare, come, soltanto dopo vent’anni, si sia riusciti condurre in porto la famosa legge sulla perequazione fondiaria, poiché da vent’anni Veneto e Lombardia pagavano in proporzione quattro volte superiore a quella di certe regioni del mezzogiorno.
Chi rimborserà a noi le centinaia di milioni sborsati in più allo Stato?
Una domanda che continua a essere di stringente attualità, nel nostro Veneto…