In India per coloro che si oppongono con vigore alla politica del partito di maggioranza scatta automaticamente la definizione di “naxaliti urbani”. E chi mai sarebbero ‘sti naxaliti?
Sono guerriglieri comunisti – maoisti – in genere acquartierati nelle foreste (e quindi soprattutto rurali). Al momento rappresentano probabilmente la maggior fonte di preoccupazione per il grande capitale e per i suoi devastanti progetti di sfruttamento.
Arundhati Roy ne aveva parlato nel libro-testimonianza Camminando con i compagni (edizioni Rapporti sociali). La scrittrice indiana vi narrava l’esperienza vissuta tra i guerriglieri contribuendo a farne conoscere sia le motivazioni sia il notevole livello di radicamento tra gli adivasi (i tribali).
I naxaliti nascono alla fine degli anni sessanta in quel di Naxalbari, un villaggio del Bengala occidentale nel distretto di Darjeeling. Tra i fondatori, Charu Mazumbar, già esponente del Partito comunista indiano. 1)
Crescendo e ampliandosi il movimento, nel corso degli anni si è materializzata quella che viene definita la Compact Revolutionary Zone. La CRZ si estende dai confini con il Nepal fino all’Andhra Pradesh, nel sud dell’India. In collegamento stabile e organico con altri movimenti di ispirazione maoista come i partiti comunisti del Bhutan e del Nepal. Tra le cause che possono aver contribuito (involontariamente, beninteso) all’ulteriore espansione del movimento va presa in considerazione la creazione delle ZES (Zone economiche speciali). Zone franche in cui le imprese, sia indiane sia straniere godono di condizioni di favore (in genere sono esentate da dazi e altro) e possono usufruire di moderne infrastrutture. Ovviamente realizzate dal governo, ma a spese dei tribali. Migliaia di persone vengono forzatamente sfollate (soprattutto gli adivasi, i contadini poveri e senza terra e i dalit, i paria). Non è certo un caso che gli Stati in cui è maggiore la concentrazione di ZES (Jharkand, Orissa, Andhra Pradesh…) siano gli stessi in cui maggiormente si registra l’attività dei naxaliti. Così come avviene nel Chhattisgarth dove le compiacenti autorità locali hanno concluso accordi per mettere a disposizione dei gruppi industriali (Essar, Tata…) vasti terreni per installarvi acciaierie e miniere.
Nel 2009 il ministro dell’Interno lanciava una vasta operazione militare (denominata Greenhunt) per sradicare la resistenza nelle regioni del centro e dell’est del Paese. Oltre alle forze locali di polizia, venivano mobilitati oltre 100mila paramilitari con l’obiettivo di occupare militarmente i territori e consentire la realizzazione delle attività economiche previste. Strategia pubblicamente dichiarata: “ripulire, controllare, costruire”. Effetto collaterale prevedibile, l’evacuazione forzata di migliaia di tribali che si erano rifiutati di cedere la terra ai gruppi industriali e alimentari.
A un decennio di distanza, la lotta continua anche se il prezzo lo pagano – ordinaria amministrazione – soprattutto i diseredati e i militanti.
Elenco di morte
Ripercorrere a ritroso alcuni degli eventi più recenti (gli ultimi mesi di quest’anno) può darne un’idea.
Il 9 agosto un guerrigliero maoista rimaneva ucciso in uno scontro a fuoco, e un modesto deposito di armi (tre fucili, di cui due da caccia e munizioni) veniva scoperto dalle forze della contro-guerriglia nella foresta di Tholkobera (Distretto di West Singbhum, Stato di Jharkhand). L’operazione era stata pianificata e condotta congiuntamente dal 94° battaglione della CRPF e dalla polizia di Jharkhand.
Solo tre giorni prima sette guerriglieri erano stati uccisi nel Chhattisgarh. Le forze speciali della polizia avevano aperto il fuoco contro l’accampamento di una quarantina di maoisti nella foresta di Sailpar (distretto di Rajnandgaon a circa 70 chilometri dalla capitale, Raipur). Oltre ai sette cadaveri, sono stati recuperati un AK-47, due fucili e alcune armi rudimentali.
Il Chhattisgarh, ricco di minerali ma poverissmo, è uno degli Stati indiani (Maharashtra, Odisha, Jharkhand,Bihar…) in cui la guerriglia naxalita è maggiormente radicata. Per questo il governo vi ha dislocato decina di migliaia di poliziotti e corpi speciali nella vana speranza di eliminare gli insorti.
Alla fine di luglio, invece, era stato un membro del corpo paramilitare denominato CRPF a perdere la vita colpito dall’esplosione di un ordigno artigianale (IED) nel distretto di Bastar (Chhattisgarh).
Sempre alla fine di luglio, veniva messo in libertà Konnath Muralidharan più conosciuto come “compagno Ajith”. Sospettato di essere un fiancheggiatore dei maoisti, era stato arrestato nel 2015 e rinchiuso a Yerawada. In precedenza la sua liberazione veniva sistematicamente bloccata con cavilli burocratici dalla Corte suprema.
Significativa, nei ranghi delle guerriglia, è la partecipazione delle donne. Kuram Bhime –
comandante maoista di un battaglione della PLGA – è stata uccisa intorno al 10 luglio in combattimento nelle foreste del distretto di Sukma (Chhattisgarh). Sulla donna – la sesta maoista uccisa nel 2019 – da anni gravava il peso di una consistente taglia. La sua arma, ora recuperata dai corpi speciali (una brigata dei commando COBRA, soldati della Special Task Force e della District Reserve Guard) risaliva all’attacco guerrigliero di Tadmetal. 2)
Sempre all’inizio di luglio, pochi giorni prima, altre tre donne integrate nella guerriglia erano state uccise e insieme a loro cadeva anche un guerrigliero.
Lo scontro a fuoco con le forze di sicurezza si era svolto nella foresta di Sendhbehra nella regione di Mechka (Distretto di Dhamtari). Secondo la polizia ai quattro combattenti era stata data la possibilità – ma invano – di arrendersi.
Paradossale la notizia del 3 luglio. Già detenuto a Pune (Maharashtra) e accusato di “sedizione”, il poeta e militante Varavara Rao è stato nuovamente interpellato per essere poi posto in detenzione provvisoria dalle autorità di Karnakata. Contemporaneamente veniva arrestato Gaddar, altro poeta e militante comunista.
I due sono accusati di aver preso parte a un attacco della guerriglia maoista – risalente al febbraio 2015 – in cui avevano perso al vita sette soldati. Per P. Hemalatha, moglie del poeta e militante, si tratterebbe soltanto di pretesti per prolungare la detenzione del marito.
A fine giugno era la guerriglia maoista a colpire. E duramente. Tre membri della CRPF venivano uccisi nel distretto di Bijapur (Chhattisgarh). Stando alle dichiarazioni ufficiali, una brigata congiunta del battaglione 199 e della polizia locale era intenta a una operazione di controllo del territorio quando cadeva in un’imboscata. Prima di ritirarsi i guerriglieri si sono impadroniti delle armi dei soldati caduti.
Sempre a fine giugno tre presunti militanti maoisti, in carcere dal 2005 e condannati all’ergastolo, venivano assolti dalle accuse e due di loro (nel frattempo l’altro era deceduto) rimessi in libertà.
Sushil Roy, Patitpaban Haldar e Santosh Debnath erano stati arrestati 14 anni fa nella regione di Jangalmahal (Bengala occidentale) con l’accusa di aver sobillato la popolazione invitandola a prendere le armi contro il governo. In loro possesso venivano trovati, oltre a vari libri ispirati al maoismo, munizioni e un candelotto di gelatina.
Processati per “sedizione”, erano stati condannati alla pena perpetua in base all’Arms Act. Nel 2006 i loro avvocati avevano interposto appello, ma solo nel giugno 2019 (dopo 14 anni di galera) la Calcutta High Court li ha riconosciuti innocenti rispetto a tutte le accuse. Patitpaban Haldar e Santosh Debnayh hanno così potuto lasciare il carcere. Sfortunatamente l’altro imputato, Sushil Roy, era nel frattempo deceduto (nel 2014).
E quasi contemporaneamente, il 19 giugno, un’altra guerrigliera cadeva nel Bastar. Seema Mandavi, comandante del Sitanandi Area Committee, era accusata di molti reati, anche omicidi nei confronti delle forze dell’ordine. Informate della presenza di una ventina di guerriglieri alla frontiera tra i distretti di Dhamtari e di Kander, le autorità inviavano una brigata della Special Task Force per intercettarli. Verso le sei-sette del mattino, dopo circa trenta minuti di scambi di colpi, i maoisti avrebbero scelto di ritirarsi. Di seguito, mentre rastrellavano la zona, i militari hanno scoperto il corpo senza vita di Seema Mandavi. Accanto a lei un fucile Insas e due caricatori.
Qualche giorno prima, nella notte tra il 14 e il 15 giugno, le forze di sicurezza della Border Security Force erano riuscite catturare (dopo lunghi appostamenti e uno scontro a fuoco con la guerriglia) Chandra Sisa (Chandan), militante maoista attivo nel distretto di Malkangiri (Odisha). Membro dell’Andhra-Odisha Border Special Zonal Commitee del PCI (maoista), Chandan era ricercato da lungo tempo anche se finora era sempre riuscito a sfuggire alla cattura.
Verso la metà di giugno ancora spargimento di sangue. Cinque poliziotti – tra cui due ispettori – del commissariato di Tiruldih sono stati uccisi da guerriglieri maoisti (anche se permane ancora qualche dubbio sulla reale identità del commando) in un’imboscata vicino alla frontiera tra Jharkhand e Bengala occidentale.
Allo stesso periodo (11 giugno) risale la cattura di due sessantenni, la cosiddetta “coppia maoista”: Kiran Kumar e sua moglie Narmada (Krishna Kumari). Entrambi in clandestinità da più di venti anni, ritenuti membri del Comitato regionale del PCI (maoista) e su cui da tempo pendeva una taglia. L’operazione, condotta dalla polizia di Maharashtra, si è svolta nello Stato del Telengana. I due erano ricercati in quanto ritenuti responsabili di aver organizzato l’attacco del mese precedente contro Bhima Mandavi, parlamentare del BJP (nel distretto di Dantewada, Chhattisgarh). Erano inoltre sospettati di aver preso parte il 1° maggio a un’azione contro le forze di polizia nel distretto di Gadchiroli. Krishna Kumari era conosciuta come responsabile del KAMS (Krantikari Adivasis Mahila Sanghatan), la “brigata culturale” dei maoisti.
Il 4 giugno 26 persone, tra soldati della CRPF e poliziotti (la maggior parte membri del battaglione CoBRA o della Special Task Force di Jarkhand) sono rimasti feriti per l’esplosione di alcuni ordigni rudimentali (IED) tra i rilievi collinari di Rai Sindri del distretto di Sarikela-Kharsawan. Nessuna traccia dei guerriglieri nonostante i repentini rastrellamenti nell’area.
Soltanto pochi giorni prima (il 28 maggio), in un episodio dalla medesima dinamica, altri 15 soldati erano rimasti feriti per un IED nel distretto di Kharsawan (Jharkhand). In questo caso i maoisti avevano poi aperto il fuoco contro i militari. Anche in questa circostanza la zona era stata immediatamente rastrellata per opera, oltre che della polizia locale, dei corpi speciali delle unità CoBRA e Jharkhand Jaguar.
Contemporaneamente due guerriglieri armati di archi e frecce (Kawasi Masa di 26 anni e Kudami Hadma di 25, sui quali pendeva una taglia) venivano arrestati nella regione di Katekalyan (distretto di Dantewada, Chhattisgarh). Sono accusati di aver organizzato riunioni e incontri tra la popolazione e i maoisti e di aver sabotato i binari di alcune ferrovie.
La polizia locale, rinforzata da esponenti del battaglione 195 della CRPF, aveva individuato un raduno di numerose persone che poi in maggioranza – tranne i due catturati – sono riuscite a fuggire.
Il 20 maggio due membri della Special Auxiliary Police del Jharkhand sono rimasti feriti in uno scontro a fuoco con i maoisti nel distretto di Seraikela-Kharswan. Stando alle dichiarazioni delle forze dell’ordine, anche diversi guerriglieri sarebbero rimasti feriti. A conferma, durante l’immediato rastrellamento, sono state rinvenute cospicue tracce di sangue lungo i sentieri utilizzati dai maoisti per sganciarsi.
Mi fermo qui anche se, ovviamente, la lista sarebbe lunghissima.
Concludo con una considerazione.
In questo tragico, pluridecennale contenzioso che vede le popolazioni indigene (adivasi), i diseredati senza casta (dalit) e i guerriglieri maoisti (naxaliti) contrapporsi, resistere al governo indiano e alle multinazionali (e ai loro programmi di sfruttamento, devastazione ambientale e sterminio) l’unico termine appropriato mi pare sia “stillicidio”.
Uno stillicidio sanguinante, doloroso che di giorno in giorno allunga il rosario delle vittime. Tra la popolazione civile così come tra i combattenti maoisti e le forze dell’antiguerriglia (esercito e polizia). Usque tandem?
N O T E
1) La strategia politica di Charu Mazumbar, sviluppata sulla base del pensiero di Mao Zedong, prevedeva di innescare, attraverso la guerriglia contadina, una percorso insurrezionale al fine di creare “zone liberate” in un territorio coperto da foreste e montagne. Come appunto la regione prescelta di Naxalbari, dove si mantiene vitale un tradizionale spirito di ribellione contro i grandi proprietari terrieri da parte delle comunità agricole tribali, gli adivasi (meno sottoposti alla gerarchia delle caste rispetto agli agricoltori poveri o forse solo meno “addomesticati”). Va sottolineato come nella loro resistenza contro gli espropri delle terre ancestrali, gli adivasi abbiano avuto il valido supporto della guerriglia naxalita.
2) Il Commando Battalion for Resolute Action (CoBRA) è una brigata della CRPF specializzata in contro-insurrezione.