Il Partito sardo d’Azione non fa più parte dell’Alleanza Libera Europea / European Free Alliance, il gruppo parlamentare europeo che rappresenta 45 movimenti e partiti autonomisti, etnici e regionalisti all’interno della UE. Come riferisce il sito d’informazione “Ajò Noas”, l’espulsione del 46esimo socio, quello sardista, è stata deliberata dall’Assemblea generale dell’EFA-ALE riunita a Bruxelles e ha avuto effetto immediato. Nella comunicazione firmata dalla presidente Lorena Lopez de Lacalle non sono specificate le ragioni dell’espulsione, ma il partito di cui è segretario il governatore della Regione Sardegna, Christian Solinas, era stato già sospeso nell’aprile del 2018, dopo la formalizzazione dell’alleanza con la Lega di Matteo Salvini stretta in occasione delle elezioni politiche. In quel caso l’EFA aveva richiamato le regole dell’organizzazione che vietano collaborazioni con partiti ritenuti xenofobi.
Ecco il commento del presidente del partito, Antonio Moro:
Il Psd’Az resterà per sempre tra i padri fondatori dell’Alleanza Libera Europea e ci rammarica non poter festeggiare, il prossimo 17 aprile, con gli amici dell’EFA-ALE i nostri cento anni di storia immacolata e gloriosa a difesa degli interessi del popolo sardo, della nostra Sardegna, del diritto all’autodeterminazione e per l’Europa dei Popoli.
Neppure oggi, davanti a un’ingiustificata e inaccettabile decisione di estromissione dall’organizzazione che abbiamo contribuito a costituire nel lontano 1981, siamo pentiti di aver dato alla luce il primo raggruppamento europeo dei partiti e dei movimenti indipendentisti e federalisti del Vecchio Continente. Davanti a un provvedimento sostanzialmente immotivato e scarsamente approfondito c’è però da restare quantomeno perplessi. Sembra, infatti, confermare i dubbi e le critiche di quanti, da qualche tempo, vanno sostenendo che l’EFA sia diventata altro rispetto a ciò che abbiamo sempre conosciuto, tanto da apparire come un’organizzazione sbilanciata a sinistra e un po’ troppo europea, nel senso deleterio e burocratico del termine, sempre meno libera, soprattutto dai condizionamenti e dalle pressioni di certi poteri e di alcuni grandi potentati che stanno riducendo l’Unione a una sovrastruttura senz’anima, fatta di moneta e forgiata a finanza e affari. Sono forse proprio queste le ragioni che, nonostante i 40 anni di esistenza, hanno impedito all’EFA di realizzarsi compiutamente come un grande partito europeo o che, peggio, rischiano di marginalizzarla sempre più rispetto all’evolversi del contesto politico europeo e italiano.
In ogni caso, a scanso di equivoci e per replicare alle accuse che mi dicono siano state mosse dal Bureau dell’EFA: l’alleanza tra il più antico partito indipendentista europeo, il nostro Psd’Az, e il più grande partito federalista italiano, la Lega, in Sardegna l’hanno decisa i sardisti e l’hanno premiata i cittadini sardi con un voto libero e democratico che prima ci ha restituito la rappresentanza nel parlamento italiano e poi ci ha riportato alla guida della Sardegna, dopo 34 anni di ostracismo, decretato da molte di quelle forze politiche e di quei poteri che oggi sembrano muovere la decisione unilateralmente e pregiudizialmente assunta dall’EFA, contro la storia e la tradizione dell’indipendentismo europeo e contro la secolare storia e la militanza del glorioso e generoso Partito Sardo d’Azione.
Che il Psd’Az abbia rappresentato un pilastro per il gruppo autonomista europeo lo dimostra il fatto che proprio un sardista, Mario Carboni, ne sia stato a lungo dirigente, come egli stesso ha raccontato a “Sa Natzione”:
Sono stato per circa 10 anni il vicepresidente dell’ALE e ho contribuito alla nascita e alla scrittura dello Statuto del suo statuto come partito europeo.
Il Partito sardo d’Azione che rappresentavo era portato da tutti i partiti e movimenti che si riferivano a nazionalità senza Stato, minoranze linguistiche e culturali europee, in palma di mano, per motivi che ritengo ovvio descrivere.
Mentre i partiti veramente rappresentativi delle nazioni senza Stato europei diventavano più forti, governando per esempio in Euskadi, Catalogna, Irlanda e Scozia, l’ALE diventava sempre più rifugio di partitini di estrema sinistra e soprattutto dipendenti dalla sua struttura per contare qualcosa: cioè eleggere dei parlamentari europei e formare un gruppo. Pensiamo all’alleanza con i Verdi, soprattutto francesi, che sono gli eredi dei partiti rivoluzionari di estrema sinistra che si sono vestiti di verde per sopravvivere.
La manovra tendente a delegittimare i sardisti sino a espellerli ha radici lontane ed è stata facilitata dai corsi, proprio i più moderati autonomisti amici nostri da sempre, e che abbiamo sempre sostenuto nei loro momenti più difficili e che ci conoscono bene, ma che per eleggere un proprio parlamentare europeo hanno stretto un’alleanza con i Verdi francesi subendone un ricatto ideologico e liberticida.
Cosa hanno dato in cambio?
Un tradimento verso il Psd’Az, amico e fratello di sempre, accettando in un primo tempo di votare una censura verso il sardismo, reo di essersi alleato su basi programmatiche con la Lega, arrivando recentemente all’espulsione di un socio fondatore e sempre amico e sicuramente democratico, facendo proprio un odio di sinistra totalmente ingiustificato. Proprio come negli anni Trenta i comunisti francesi e italiani, su mandato di Stalin, discriminavano “Giustizia e Libertà” di Carlo Rosselli ed Emílio Lussu e il Psd’Az come socialfascisti e borghesi, per poi siglare il trattato di amicizia e non belligeranza con Hitler che dette inizio, con l’invasione e la crudele spartizione tedesca e sovietica della Polonia, al conflitto mondiale.
Chi c’è dietro questa manovra?
In primis la sinistra internazionale e i “DS” per parte italiana, in odio al sardismo che li ha battuti nelle elezioni politiche e regionali, ma c’erano anche i partitini cosiddetti indipendentisti di casa nostra, con in prima fila il Partito dei Sardi e i carrabusos vari che hanno tramato a lungo con i corsi per far espellere il PSd’AZ e subentrare loro nell’ALE. 1)
Peccato che alle elezioni gli elettori sardi li abbiano ignominiosamente asfaltati e siano scomparsi dalla scena politica, mentre i sardisti oggi sono sempre più forti, hanno consenso vero da parte del popolo sardo e la Regione è governata dal presidente Solinas, un sardista.
Da tempo sostenevo che prima di essere espulsi ce ne saremmo dovuti andare via noi – in quanto l’ALE si era trasformata in una grottesca caricatura dell’originale costruito anche dal Psd’Az – per raggiungere i grandi partiti liberali delle nazioni senza Stato: baschi, catalani, scozzesi, irlandesi e sudtirolesi, che guarda caso si sono tenuti sempre fuori dall’ALE, e che invece governano, e bene, senza essersi trasformati in succursali di forze di estrema sinistra.
Dispiace il tradimento dei corsi per il piatto di lenticchie di un seggio europeo, ma ho scritto diverse volte che questa loro scelta sarà fatta pagare prima o poi dagli elettori della Corsica, di cui tutto si può dire tranne che siano di estrema sinistra, anzi…
Lo scontro, peraltro unilaterale, tra EFA-ALE e il partito sardista per eccellenza dà risalto a un enorme problema strutturale dell’autonomismo/indipendentismo nel terzo millennio, quello del suo rapporto con il globalismo e il “nuovo ordine mondiale”. Nel Novecento, forze in campo e obiettivi erano abbastanza distinguibili: Stati nazionali e loro partiti da una parte, etnie minoritarie e relativi movimenti dall’altra; con saltuari e talvolta bislacchi tentativi da parte di alcune forze politiche tradizionali di trovar credito nella galassia minoritaria.
Nel Duemila, il problema per l’autodeterminazione dei popoli si è fatto da grave a disastroso. Il nemico da battere non è più (soltanto) l’apparato centrale di uno Stato visibile, ma una forza globale immensamente più potente di cui si fatica a intravedere la struttura. Si è passati dall’imposizione culturale di un’etnia dominante – aliena ma pur sempre una cultura – alla totale deculturizzazione, alla spersonalizzazione antropologica di un potere mondiale che vede nella sopravvivenza delle etnie locali un ostacolo assai più solido rispetto alla timida resistenza degli Stati, il cosiddetto sovranismo.
Alla luce di questi cambiamenti – probabilmente già in preparazione dal dopoguerra ma valutabili soltanto da un paio di decenni – vanno rivisti drasticamente i ruoli delle “forze politiche” rispetto alle istanze di autodeterminazione. La sinistra del secolo scorso era una macchina di potere fondata su ideologie legate al riscatto delle classi povere e alla lotta contro il capitalismo, punto. Spiace semplificare, ma tutto il resto era per loro paccottiglia da borghesi e ricchi annoiati: ecologia, animalismo, religione, libertà sessuale… Non parliamo della valorizzazione delle culture locali (i più anziani ricorderanno l’armamentario linguistico antiautonomista a base di “particolarismo”, “provincialismo”, “campanilismo”, “localismo” ed “egoismo”) e ancor meno dell’autodeterminazione (i comunisti erano accaparratori di potere centrale esattamente come i fascisti). Va detto che in alcuni casi, come per esempio Euskadi o l’Ulster, le istanze locali potevano apparire coincidenti con la lotta contro regimi fascisti o sfruttamenti capitalistici, e qui il discorso etno-linguistico si sposava con i drappi rossi e le rivendicazioni operaie. Ma come ben sanno i nostri colleghi etnisti e di sinistra, appoggiare quelle lotte e l’indipendentismo in genere significa quasi sempre attirarsi l’astio dei compagni.
Nel complesso, comunque, quella sinistra era solo una delle manifestazioni del centralismo statale, soprattutto in Italia, che vedeva schierati tutti i partiti parlamentari e le due estremità extraparlamentari a favore del governo assoluto di Roma e se possibile a trazione meridionale.
Questa sinistra è tutt’altra cosa.
L’accozzaglia internazionale di “democratici”, socialisti, liberal, radical, laburisti, verdi, eccetera, ha parentela con gli omologhi del dopoguerra soltanto nella capacità sovrumana di occupare tutti i posti di potere e di usare la propaganda per nascondere al 30% della popolazione (il resto non ci casca) il fatto di essere i veri eredi del fascismo, per violenza e intolleranza, nonché il braccio parlamentare dei superpoteri economici mondiali. Dimenticate le classi povere – oggi nemmeno di soppiatto disprezzate – e la guerra al capitalismo – del quale sono ormai i più rozzi serventi – questo piccolo esercito misto di utili idioti e di filibustieri sta eseguendo il programma, chiaramente dichiarato senza vergogna da magnati e multinazionali (leggersi al proposito Francesco Amodeo e colleghi), di trasformare la società in una massa di individui senza carattere, sesso, famiglia, lingua, cultura, tradizione ed etnia. L’unica religione ammessa – chiamiamola così – è quella islamica in quanto arma fondamentale e insostituibile per fare a pezzi la civiltà occidentale, quella che avrebbe gli anticorpi per opporsi al mondialismo.
Ecco perché accostare la sinistra, questa sinistra, al mondo delle autonomie etniche e regionali equivale a invitare la volpe nel pollaio. Non vogliamo parlare dell’EFA peggio di quanto meriti, ma il fatto che aderisca al gruppo europeo dei Verdi la dice lunga. Nel 2016 litigammo con uno dei suoi gruppi autonomisti aderenti perché non pubblicammo il passaggio di una loro intervista al direttore dell’EFA, Günther Dauwen, in cui sosteneva che la Turchia avrebbe potuto far parte dell’Unione Europea “a patto blablabla…”. Cioè, Tonga potrebbe entrare in Europa “a patto” che introduca le etichette a semaforo? I maori aderiranno alla UE “a patto” che smettano di tatuarsi? Ma che cavolo di spirito etnico ha questa gente? E quei catalanisti di sinistra che cacciano via i turisti e sfilano per importare tagliagole maomettani, stanno difendendo la loro cultura o sono una mandria di utili imbecilli al servizio del Bilderberg?
L’EFA avrà anche qualche componente con un’autentica vocazione autonomista, ma tra i gruppi aderenti si trova per esempio “L’altro sud”, inteso proprio come sud dell’Italia, proprio quel luogo dove la parola “secessione” genera terrore, pianto, indignazione, prospettiva di perdere decenni di mantenimento a carico di un coniuge che detesti ma da cui manco pensarci di divorziare. Pensi: sarà uno di quei sussulti di dignità etnica, che ci sono, per carità, in cui qualcuno dice mettiamoci per conto nostro e tiriamoci su le maniche, ché non siamo più fessi degli altri… No, se vai sul loro sito la prima cosa che vedi sono i baffoni marxisti di Sandro Ruotolo, nel loro manifesto trovi le espressioni “sulla scia della migliore tradizione meridionalista” e “nel rispetto dell’integrità nazionale”, e in prima pagina titoli come “Ho chiesto aiuto, non mi è stato dato”, esplode la rabbia del governatore campano Vincenzo de Luca, sostenuto da quello della Puglia Michele Emiliano. Ovvero: gli slogan del partito comunista italiano in salsa borbonica. Un fulgido esempio di lotta per l’autodeterminazione.
Ma la prova più evidente che l’EFA, o meglio il suo direttivo sorosiano, non c’entra niente con l’impegno di costruire un’Europa dei Popoli è precisamente l’aver attaccato la Lega, il più grande partito federalista del continente; ma non perché ha abbandonato la sua terra, la Padania, abbracciando il tricolore e rinunciando all’autodeterminazione – una giusta critica da parte di veri autonomisti – ma perché razzista: l’accusa che più di ogni altra, al giorno d’oggi, denota l’imbecillità totale di chi la muove.
Insomma, auguri al Psd’Az!
N O T E
1) Su carrabusu, lo scarabeo, è il simbolo nato un paio d’anni fa dall’ennesimo tentativo di riunire i gruppuscoli sardisti sotto bandiere ideologiche da metà Novecento (basti dire che una delle sue animatrici era stata presidente regionale del PD e voleva candidare a governatore della Regione… Michela Murgia!).
A proposito dell’espulsione, eloquente il commento di un cittadino sardo su un sito d’informazione locale: “Grande perdita, non si è mai visto un esponente di questi pseudo partitini di estrema sinistra indipendentista europea una sola volta solidarizzare nei confronti del popolo sardo di fronte alla tirannia dello stato italiano.
Mai che questi si siano presentati a difesa dei sardi contro le servitù militari nell’isola, mai ci hanno supportato nella rivendicazione del diritto di avere una nostra rappresentanza in sede europea, mai e poi mai, mentre i sardi sempre cari e buoni mandando delegazioni in Catalogna, Corsica, Paesi Baschi, Scozia in supporto delle lotte indipendentiste di quei territori.
Ora perché la Sardegna governata dal Partito Sardo d’Azione non ha esultato di fronte all’ennesimo sopruso ricevuto dal governo italiano, ricevendo 125 clandestini, di cui 10 positivi, senza che questo nemmeno si degnasse di chiedere il permesso, dopo che l’isola è stata completamente devastata, con un incremento di contagi in pochi mesi del +154% e le terapie intensive piene, per colpa dello stesso governo italiano che ha impedito ogni genere di controllo sanitario, viene espulso il più antico partito facente parte quella pseudo alleanza”.