Il drago del lago di Viverone non c’è più. Ma nell’antichità fu una presenza incombente, spaventando i buoni cristiani fino all’anno Mille, quando venne eliminato dal coraggioso san Bononio, bolognese di nascita, per anni eremita in Egitto e nel Sinai, morto quand’era abate a Lucedio il 30 agosto 1026.
Dobbiamo al maestro e sacerdote Carlo Benedetto il racconto dell’eroica battaglia di Bononio col terribile drago
apparso sulle rive del lago di Viverone, nelle melmose acque della Torbiera di Moregna. Tratto, tratto uscivane puzzolente e, strisciando insidioso per le boscaglie di Monfriodo e del Monte, volava spaventoso sull’abitato, ed, ove piombava, seminava morte. S. Bononio dal suo romitorio, colla croce in alto, muove in gloriosa tenzone col mostro, volteggiante in alto sopra Settimo. Alla sua preghiera e benedizione il drago piomba in terra; ma questa si apre in voragine e lo inghiotte, chiudendosi sopra. Settimo Rottaro festante acclama Bononio, che in solitudine se ne ritorna. Più tardi, là nel luogo, ove il drago sprofondò, i padri vetusti eressero a Bononio una chiesa.
Un’altra tradizione paesana sosteneva invece che il terribile drago sarebbe sprofondato in terra all’inizio del paese, in direzione d’Albiano, dove la chiesa del patrono liberatore “ancora sul finire del secolo XV esisteva fuori dall’abitato, ove trovasi ora la cappella di S. Martino donde fu trasportata nel concentrico” e posta sotto le rovine del castello, una collinetta che ancor oggi per metà conserva sul culmine un boschetto molto simile ai luoghi della dendratolatria, l’antico e diffuso culto delle selve.
Alla credenza popolare di “S. Bononio e il Drago volante”, negli anni Trenta un altro sacerdote dedicò una composizione poetica “in stanze libere” descrivendo l’essere immondo come un rapitore e uccisore dei bambini del paese. Dal 14 aprile 1728 un “Ordinato” ufficiale del Comune di Settimo Rottaro stabilisce al 30 d’agosto il giorno di precetto dedicato a Bononio, ma la festa è stata spostata alla prima domenica di settembre e preceduta la sera del sabato da una solenne celebrazione liturgica, officiata nella chiesa del paese che ostenta un “altare privilegiato”.
Nel 2005 ho assistito alla messa e alla processione devozionale attraverso Settimo Rottaro con gran concorso di popolo, la presenza della banda musicale e dei sindaci dei paesi della zona. Il simulacro del santo, riprodotto a mezzo busto con la tiara vescovile, collocato su un baldacchino portato a spalla da alcuni volenterosi, era preceduto dai bambini del paese, celebrando Bononio per aver eliminato il drago antropofago. Ai fedeli veniva donata un’immaginetta di Bononio in veste vescovile e tiara sul capo, con ai piedi una forma nerastra che a prima vista sembrerebbe una pietra, ma che dovrebbe richiamare il terribile mostro del lago schiacciato dal santo eremita.
Nella grande chiesa di Settimo Rottaro, a Bononio è stato consacrato anche uno specialissimo altare laterale dove negli anni Novanta è stato raffigurato con accanto un’aquila. Al pari del maialino che accompagna ammansito sant’Antonio “del porcello”, a simboleggiare il cinghiale dei culti pagani cristianizzati, l’aquila ammansita dovrebbe ricordare il trionfo del cristianesimo sulla mostruosità del paganesimo lacustre.
Tuttavia, l’aquila, volatile simbolo di potenza e di forza, è del tutto diversa da un arcano, misterioso e malefico essere delle profondità del lago. Quella del drago del lago di Viverone è davvero una figura scomoda che s’è voluta dimenticare, anche perché è sempre stato difficile dare forma e sostanza malevola a una presenza che sarebbe stata considerata benevola se fosse stata quella d’un “genio” lacustre, venerato prima dell’intrusione del frate evangelizzatore.
L’intera zona lacustre su cui s’affacciano i borghi in -irun 1) è ammantata d’una forte sacralità; ed è ritenuta così importante che una modesta collinetta a poca distanza da Settimo Rottaro, dove convergono sentieri che salgono anche dai paesi della sponda biellese, è indicata nella parlata locale come Brich dèi mond, la montagna del mondo.
Il bacino lacustre sottostante non può invece vantare straordinarie e arcane presenze d’esseri misteriosi, che invece permettono ai più astuti scozzesi d’alimentare folklore e turismo col mito ancestrale del mostro di Loch Ness, Anche nelle nostre Alpi e nella pianura del Po credenze popolari sui mostri delle acque sono diffuse e devono pur avere un qualche fondamento di verità benché la Chiesa abbia sempre cercato di rappresentare simbolicamente la loro scomparsa come una sconfitta del mondo pagano malefico di fronte a quello benefico della croce trionfante. Nella vicina Valsesia, sopra Roccapietra di Varallo, al laghetto detto “di Sant’Agostino” s’è conservata la tradizione d’una folta colonia di rospi, animali ritenuti diabolici, che ancor oggi si riunirebbero sulle sue sponde dalla domenica delle Palme fino al mercoledì Santo, andandosene soltanto quando nella chiesa di San Martino il sacerdote legge i testi sacri cristiani.
Altri racconti popolari narrano d’una stirpe di stranieri detti “Arian” che avrebbero costruito un castello nei dintorni dello stesso laghetto alpino, e di congreghe di streghe ed elfi malefici riuniti accanto al “Sasso d’acqua corna”, la “Bonda Tuppa”, nella parte più isolata del piccolo stagno, che sarebbe stato finalmente liberato da queste presenze inquietanti dopo aver preso il nome da quel sant’Agostino che fu il nemico più accanito degli eretici ariani.
Anche san Venerio, particolarmente venerato nelle Cinque Terre liguri, avrebbe debellato un drago nel mare prospiciente un monastero dell’isoletta del Tino, nel golfo della Spezia, separata dalla città di Portovenere dall’isola Palmaria. Il nome Venerio richiama la collinetta della “Veneria”, incombente sul lago di Viverone, e la torbiera di Moregna dove Bononio avrebbe catturato il drago. Dalla Veneria di Viverone partiva sotto terra la cosiddetta “Dora morta” (forse l’antico alveo della Dora Baltea) che avrebbe proseguito il suo cammino fino all’abbazia di Lucedio nei pressi di Trino Vercellese, il complesso monastico dove morì Bononio e dove un capitello perennemente umido è noto come l’enigmatica “colonna che piange”.
Privando il lago morenico del suo mostro sacro degli abissi, Bononio ha cancellato una tradizione di sacralità pagana; ma anche san Giulio avrebbe fatto altrettanto, liberando da diaboliche creature abissali il lago d’Orta, dove la tradizione popolare indica come “Bus de l’Orchera”, caverna dell’orca, una grotta a poca distanza da Pella, mentre per antica consuetudine devozionale il terriccio rossastro dell’isola del lago viene raccolto dai fedeli cristiani perché guarirebbe dal morso dei serpenti.
Le suggestive leggende popolari cristiane evocano epiche battaglie con esseri mostruosi, ma nulla prova che ricordino eventi reali. Curiosi reperti zoomorfi prontamente recuperati dal mondo ecclesiastico sembrano però confermare che creature eccezionali avrebbero popolato sul serio i fondali melmosi dell’antica pianura paludosa del Po. In Lombardia, nella chiesa dedicata a san Giorgio ad Almenno San Salvatore, è conservato un frammento osseo attribuito a un animale misterioso catturato nel fiume Brembo, affluente d’un grande lago detto “Gerundo” che anticamente ricopriva d’acque la bassa Bergamasca, l’alto Cremonese e il Lodigiano. L’antropologo Umberto Cordier testimonia che “al soffitto della sacrestia di S. Bassiano in Pizzighettone è appesa da tempo immemorabile una gigantesca costola, lunga oggi m 1,70 e in origine almeno m 2,10. Sarebbe appartenuta a uno dei mostri che infestavano lo scomparso Lago Gerundo”.
Nel santuario della Madonna Nera del Sacro Monte di Varese è esposto fra gli ex-voto dei fedeli un “demoniaco” mostro delle acque, una specie di coccodrillo-drago catturato e ucciso nel Settecento nei boschi del Malcantone.
All’eroica impresa di Bononio, che spettacolarizzò la desacralizzazione del lago contaminato da credenze pagane, fece seguito una “risacralizzazione” cristiana con la miracolosa scoperta di un’immagine della Madonna, pescata nel lago dai pescatori di fronte all’attuale località d’Anzasco nel Comune di Piverone, un tempo nota come Ursasco.
N O T E
1) Vivirun/Viverone, Pivirun/Piverone, Zimun/Zimone, sono borghi a poca distanza dal lago. Irun, tra l’altro, è una “capitale” dei baschi.