A metà dello scorso aprile, un adolescente barbuto di aspetto mediorientale, brandendo un coltello e urlando il consueto slogan “Allahu akbar” (Allah è il più grande), ha pugnalato selvaggiamente il vescovo cristiano ortodosso Mar Mari Emmanuel mentre teneva l’omelia dal pulpito della sua chiesa a Sydney, in Australia. L’attacco è stato ripreso mentre il servizio di culto veniva trasmesso in diretta streaming.
Anche se questo incidente può sembrare sconcertante per qualcuno, per i più informati è abbastanza comune. Così sui due piedi mi vengono in mente due episodi separati – entrambi avvenuti in Egitto – in cui musulmani “radicali” hanno pugnalato a morte in pubblico due preti ortodossi… Questo per non parlare delle dozzine, se non centinaia, di cristiani uccisi dai musulmani che urlavano “Allahu akbar” ogni giorno in tutto il mondo, la maggior parte nell’Africa sub-sahariana.
Né l’accoltellamento di Sydney sorprende alla luce di un comunicato emesso dallo Stato Islamico (l’isis) all’inizio di quest’anno, il cui titolo parafrasa il Corano 9:5: “Uccideteli [i non musulmani] ovunque li troviate”. In esso, il gruppo terroristico invita i “Leoni dell’Islam” (musulmani di tutto il mondo) a terrorizzare e uccidere gli “infedeli”, anche “tagliandogli la gola con coltelli affilati”. Esso indica specificamente cristiani ed ebrei, chiese e sinagoghe come bersagli ideali.
In breve, l’accoltellamento del vescovo Mar Mari non è così sorprendente, essendo in linea con gli accoltellamenti degli “infedeli” da parte dei musulmani che si verificano con grande regolarità in tutto il mondo, e sempre più spesso in quello occidentale. Per esempio, lo scorso novembre un immigrato musulmano ha accoltellato a caso tre bambini piccoli e la loro babysitter in una scuola cattolica in Irlanda; e pochi giorni prima, in Francia, una banda di musulmani armati di machete e coltello è calata in una festa di villaggio, dove ha ucciso un ragazzo di 16 anni e ne ha feriti gravemente quasi altri 20.
Perché siamo scioccati?
Il motivo per cui l’incidente di Sydney continua a scioccare la gente in Occidente, tuttavia, diventa comprensibile alla luce del continuo litigio tra il regime australiano e X. Il 19 aprile, le autorità australiane ordinavano all’ex Twitter di rimuovere le prove video dell’accoltellamento avvenuto a Sydney. X ubbidì, bloccando il video in Australia. Ma tale acquiescenza venne accolta con una richiesta più pesante: “Ritirare questi post a livello globale o affrontare una multa giornaliera di 785.000 dollari australiani [circa 480.000 euro]”.
In risposta, il team Global Government Affairs di X dichiarò:
Sebbene X rispetti il diritto di un Paese di esercitare le proprie leggi all’interno della sua giurisdizione, l’eSafety Commissioner non ha l’autorità di determinare quali contenuti gli utenti di X possano vedere a livello mondiale. Gli ordini di rimozione globale vanno contro i princìpi stessi di una rete libera e aperta e minacciano la libertà di parola ovunque.
Più di recente, il 23 aprile, un giudice australiano – persuaso che la sua giurisdizione si estenda al mondo intero – ha stabilito che X deve bloccare il video a tutti gli utenti del pianeta (compresi i cittadini sovrani degli Stati Uniti).
“Il commissario australiano per la censura chiede il divieto dei contenuti globali!”, si è indignato il proprietario di X, Elon Musk, aggiungendo che è “assurdo che un Paese tenti di mettere il bavaglio al mondo intero”.
La stessa vittima del crimine, il vescovo Mar Mari, in un audio pubblicato su YouTube si è espressa a sostegno della decisione di Musk: “Riconosco il desiderio del governo australiano di rimuovere i video a causa della loro natura esplicita. Tuttavia, tenendo conto del nostro diritto datoci da Dio alla libertà di parola e alla libertà di religione, non sono contrario al fatto che i video rimangano sui social media”.
L’unica violenza occultata dai media
Per la cronaca, il breve video è in realtà piuttosto soft. Compare soltanto la schiena del colpevole mentre si avvicina al predicatore; quindi si lancia verso di lui e sembra prenderlo a pugni ripetutamente – che sono poi i movimenti delle pugnalate – poiché il coltello a serramanico non è visibile (alcuni dicono che non si è nemmeno mai aperto) e non sembra che esca del sangue.
Hollywood sottopone ogni giorno gli occhi degli occidentali a una violenza assai più gratuita, per non parlare di tutte le altre porcherie, ma nessuno sembra interessarsene.
Potrebbe darsi che non sia la violenza, quella che gli australiani e altri globalisti stanno cercando di nascondere, ma piuttosto l’evidenza dei fatti: un uomo musulmano che aggredisce fisicamente un cristiano mentre urla slogan islamici. Non solo è questa una spiegazione più plausibile per gli sforzi di censura del regime australiano, ma il primo ministro stesso sta dando molto più credito alla suddetta interpretazione condannando il video – un accadimento puro e oggettivo – come “informazione scorretta” e “disinformazione”:
Abbiamo la certezza, credo schiacciante, che gli australiani vogliono porre fine alla cattiva informazione e alla disinformazione. Non si tratta di libertà di espressione. Si tratta delle pericolose implicazioni che possono verificarsi quando cose che semplicemente non sono vere, che tutti sanno non essere vere, vengono riportate e usate come armi per causare divisioni, e in questo caso per promuovere affermazioni negative e infiammare potenzialmente quella che era una situazione molto difficile.
Tradotto in soldoni, il regime australiano vuole cancellare le prove video di un musulmano che accoltella un cristiano per evitare che tu lo veda e creda ingenuamente ai tuoi occhi ingannevoli.
Il lato positivo di questo disastro tra l’Australia e X è che, non calando subito le braghe e osando resistere a queste pretese globaliste, X ha messo in luce il tipo di censura che viene regolarmente attuata nell’ombra da parte degli enti governativi e dei media di tutto il mondo, specialmente quando si tratta di una vera e propria pandemia: quella dei musulmani che perseguitano i cristiani.