La stampa veneta continua a dare risalto alle numerose lettere di lettori che, coinvolti sempre più nel dibattito etnico, esprimono una multiforme e interessante varietà di opinioni


Il risveglio veneto ha assunto proporzioni tali da non poter più essere ignorato, e gli organi di informazione, sensibili sismografi di ogni sussulto popolare, hanno puntualmente registrato questo fermento, dedicandogli attenzione e spazio. Risulta, comunque, assolutamente nuova e inaspettata la vasta partecipazione dei Veneti, per lunghi anni ritenuti abulici, occupati soltanto a faticare, rassegnati e ossequiosi al punto di usare l’antidemocratico imperativo “comandi!” a mo’ di risposta…

Un’occhiata ai giornali locali potrà meglio chiarire la dimensione di questo fenomeno, ormai divenuto vero e proprio movimento d’opinione; il Gazzettino del 7 maggio 1980 ha dedicato all’argomento l’intera pagina 13 (un’intera pagina di quotidiano non è poca cosa!). La prima lettera ospitata ha tono polemico: “Così i veneti sanno finalmente che molti capi di pubblici uffici, provenienti da altre regioni, sono all’altezza del loro compito e si sono guadagnati il posto con impegno e sacrificio. Ora spero che i miei corregionali non abbiano più dubbi: in quei posti non ci possono stare i Veneti perché gli altri sono più in gamba. Dunque niente più rabbia se la pensione viene liquidata con anni di ritardo, niente musi lunghi se i processi durano decenni, niente stizza se la posta non funziona: è tutto regolare, perché i responsabili dei servizi hanno le carte in regola e sono in gamba”.

Una corrispondenza da Vicenza è graffiante: ne è autrice una donna e vuole essere risposta ad una lettera pubblicata dallo stesso Gazzettino un paio di mesi prima. Dice testualmente: “Conosciamo la partecipazione dei volontari napoletani durante la prima guerra mondiale, arruolatisi e morti per puro amore della terra veneta, oggi tanto ingrata. Sappiamo anche di altri volontari napoletani, imbarcatisi il 7-9-1943 alla volta della Corsica e sbarcati il giorno dopo in seguito al noto armistizio. Molti di questi erano dipendenti dello stato o di pubbliche amministrazioni, e per il loro eroismo hanno ottenuto i benefici previsti dalla legge n. 336. Ai contadini veneti, e a molti altri combattenti meno fortunati, mandati in Russia e congelati, non furono certo riconosciuti i 7 anni di anzianità convenzionale per la pensione e la liquidazione, e non sono stati concessi i due scatti di anzianità aggiuntivi”. Più altruista una proposta che viene da Mestre: “Poiché la situazione generale del Veneto è attualmente abbastanza buona, mentre è notoriamente peggiore nel Mezzogiorno, gratitudine e solidarietà vogliono che si restituisca alle regioni d’origine almeno una parte di quegli elementi tanto in gamba, che sanno tutto, che hanno vinto tutti i concorsi e che, da noi e per noi, hanno fatto miracoli. È ragionevole supporre che gente con tali capacità riesca a sistemare le cose anche al suo paese, come sarebbe tempo che accadesse. È un’occasione da non perdere”.

Il mensile “Sinistra Piave” ha pubblicato nel numero di maggio due corrispondenze contrastanti; nella prima viene espressa un’’aspra critica alla rivalutazione della parlata locale veneta e all’aspirazione di aver un minor numero di stranieri nella regione. Particolarmente biasimate sono

le correzioni toponomastiche, apportate da ignoti, sui cartelli stradali. La conclusione della lettera è: “Qualcuno, a quanto pare, ha confuso l’originalità con la logicità e si è convinto davvero a questa tesi assurda”. La risposta è di sapienza tutta veneta: “Qua vicino c’era un paese che da prima di Cristo si chiamava Ceneda; ebbene, il secolo scorso capitarono qua dei giannizzeri che cambiarono quel nome in Vittorio. Non so se usassero spray o quale altro metodo… A Conegliano c’era una via che si chiamava Contrada Granda; ebbene, credo che sian capitati gli stessi untori a tramutar quel nome per XX Settembre”. E prosegue: “Non siamo per parar fora i terroni dal Veneto. Siamo soltanto per impedire che meridionali possano espellere i Veneti dal Veneto… Stiamo solo tentando una debole autodifesa, Il che è legittimo. Sentiamo il bisogno culturale quando intorno ci han creato il deserto… Mentre a Roma schiamazzavano le oche del Campidoglio, qua nel Veneto succedeva qualcos’altro. Studia la tua storia prima; dopo, eventualmente, puoi metterti a fare altruisticamente gli interessi degli altri!”.

Come si nota, tutto lascia supporre una preparazione e una volontà di un certo livello: potrà trattarsi di una coscienza nuova che sta formandosi?