I provenzali cisalpini piangono la scomparsa del socio-linguista, Corrado Grassi nato a Torino nel 1925, laureato in glottologia, l’ultimo grande dialettologo italiano, particolarmente sensibile sin dagli anni Sessanta ai problemi dell’educazione linguistica.
I funerali di questo illustre studioso dalla grande e mai ostentata professionalità sono avvenuti in raccoglimento nella solitaria chiesetta sul colle tra Bìnio e Larzàna, comune di Montagne in Trentino Alto Adige, nel silenzio proprio della montagna che tanto aveva studiato.
Allievo di Benvenuto Terracini della “scuola di Torino”, fu redattore dell’Atlante Linguistico Italiano, docente di glottologia all’Università di Torino, preside della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’ateneo piemontese, quindi professore emerito alla Wirtschaftuniversität di Vienna, dove insegnò lingue romanze. Nell’anno accademico 2001-2002 fu chiamato dall’Università di Trento per tenere un corso di sociolinguistica presso la Facoltà di Lettere e Filosofia.
Numerosi furono i suoi studi, che fanno parte del bagaglio scientifico di chiunque si occupi di dialettologia (tra cui La geografia linguistica. Principi e metodi, Giappichelli, Torino 1968; Premesse per un’analisi contrastiva lingua-dialetto, Giappichelli, Torino 1978; in collaborazione con A.A. Sobrero e T. Telmon, Fondamenti di Dialettologia, Laterza, Roma-Bari 1997).
Sul piano linguistico, le valli provenzali cisalpine maturano la consapevolezza della propria identità grazie alla sua preparazione scientifica e ai suoi studi sulle Valli del Cuneese. Nel 1958 pubblicò un volume specialistico che ebbe una grande diffusione, Correnti e contrasti di lingua e cultura nelle valli cisalpine di parlata provenzale, che per i provenzali piemontesi fu ed è la stella polare – che brilla tuttora – nella notte occitanista.
Oltre alla disamina linguistica delle valli, Corrado Grassi con i suoi studi operò analisi lungimiranti sui fenomeni di abbandono della locuzione autoctona. Nella suo studio è interessante verificare le derivazioni linguistiche di tutto l’arco alpino piemontese: dalle valli aostane a nord (punto estremo, la media Valle del Lys), fino al Col di Tenda, messe in relazione storica con le diverse aree territoriali. Si trattò di un’analisi fondamentale per consapevolezza identitaria, e al proposito Grassi affermava:
conforta altresì il nostro criterio la diversità delle condizioni storiche delle tre diverse aree, di cui la più settentrionale, ha avuto unità politica e quindi contatti con la Savoia e il Vallese, mentre la più meridionale è vissuta a contatto non immediato e non completo con la Provenza e soprattutto con il Delfinato francese. Il centro ha oscillato tra i due estremi, in quanto la Moriana ha avuto importanza diretta per la Valle Susa (Val Cenischia), mentre le valli valdesi, specie la Val Chisone, sono state spesso legate al Delfinato. Inoltre se le valli settentrionali hanno sempre fatto parte politicamente del Ducato di Aosta, quelle centrali specie della Dora Riparia e del Chisone, sono state più di una volta aggregate politicamente al Delfinato mentre a sud il dominio dei Savoia, antico sulla libera città di Cuneo, poté aver ragione di quello dei Marchesi di Saluzzo solo nel XVII secolo. Le valli meridionali, corrispondono quasi esattamente al territorio dell’antico Marchesato di Saluzzo e a quello, successivamente e temporaneamente degli Astigiani, degli Angioini, dei Cuneesi, che nel 1580 con il passaggio della Contea di Tenda ai Savoia venne politicamente unito al resto del Piemonte.
Il testo fondamentale di Grassi, grazie alla sua approfondita conoscenza etnografica, fece sì che il biellese Gustavo Buratti divenisse in seguito l’artefice di quella scintilla che entre Piemount e Prouvènço farà nascere, con il concorso di poesie “Monviso 61”, l’Escolo dòu Po nel 1961.