Nel Giorno della Donna ci sembra giusto ricordare Angelina Romano di 9 anni, di Castellammare del Golfo (Trapani), barbaramente trucidata dai “liberatori” del Regio Esercito Italiano il 3 gennaio 1862.
Era passato solo qualche mese dalla proclamazione del Regno d’Italia, quando furono emanate le disposizioni che obbligavano alla coscrizione tutti i giovani nati a partire dal 1840 per una durata di 6 anni: per questo la folla inferocita scese in piazza nell’ex Regno delle Due Sicilie. Il 2 gennaio, a Castellammare del Golfo, i dimostranti assaltarono il commissariato di leva in aiuto del quale fu mobilitato un battaglione dei regi bersaglieri. La gente si disperse, ma in sei furono catturati e fucilati, compreso il prete del paese, don Benedetto Palermo di 43 anni.
Al termine dell’esecuzione nella piazza del paese si sentì piangere una bambina, Angelina Romano; aveva appena nove anni ed era terrorizzata come poteva essere una bimba della sua età che aveva appena assistito a uno spettacolo così malvagio e sconvolgente…
Ma la legge dei conquistatori venuti da lontano non ammetteva pietà né deroghe, e la piccola Angelina venne messa al muro e giustiziata da temibile brigantessa qual era!
Peccato che di questa piccina non ci sia traccia, né nella “storia ufficiale” di quella repubblica italiana che è l’erede legittima di chi si macchiò di tanti eccidi, né nella “storia” del movimento femminista che evidentemente deve ricordare e omaggiare altre donne più in linea con la mitologia tricolore.
Ma per fortuna c’è anche chi, come il comune di Vibo Valentia, si è ricordato dell’assassinio di Angelina Romano e le ha di recente dedicato una via, sostituendo la precedente intitolazione al generale Cialdini, protagonista di tanti e tanti eccidi compiuti dal Regio Esercito Italiano nel meridione.
E sarebbe bene ricordare la piccola Angelina anche sui banchi di scuola, quella scuola che lei non ha potuto frequentare.