Tutto cambiò in un giorno, il 31 luglio 1966. Fu questo il dì che un prete, in perfetta tonaca e collare, concordò con chi scrive il sublime Decalogo di Barbiana, le altrettanto sublimi definizioni del comunismo e della democrazia “cristiana”, e l’organizzazione mondiale dei popoli secondo il principio dei “ventimila sammarini”.
Un esempio di mentalità indipendentista? “Se i pigmei vogliono star nudi sugli alberi che ci stiano e si crei il libero Stato dei pigmei”.
Al termine dell’esposizione delle sue “profezie”, oltre ad avvertirmi del fatto che sarebbe “scorso molto sangue e la degenerazione sia morale sia politica sarebbe giunta a livelli di incredibile bassezza”, prima che le sue idee – e da allora anche le mie – venissero conosciute e apprezzate, volle giungere a un accordo. Io non dovevo “tradire” ed egli avrebbe fatto aderire “tutti i suoi ragazzi” a una associazione giovanile che si chiamava Forza del Popolo, da me fondata nel 1962 dopo essermi allontanato, indignato, da Nuova Resistenza, un’associazione di “figli di papà” che si allenavano per far carriera nel PCI, come avvenne per il suo fondatore Alberto Scandone.
Lo “strano” prete rispetta scrupolosamente i patti e mi fa arrivare a Firenze, nella mia modestissima residenza dell’epoca, le domande d’iscrizione, che mi giungono da Barbiana in due mandate, con tanto di lettera di accompagnamento. Invito quei ragazzi a partecipare alla frenetica attività della Forza del Popolo, ma rispondono che per loro è “difficilissimo” partecipare. Avevano ragione, erano figli di povera gente di montagna che abitavano a Barbiana e dintorni: per venire avrebbero dovuto scendere alla stazione ferroviaria di Vicchio di Mugello, venire a Firenze e poi… come avrebbero fatto a tornare indietro? Non avevano certo i soldi per dormire in città…
Ma il gran Priore (con il tempo mi accorgerò che era un gran profeta, il più grande a mio avviso del secolo scorso) scompare nel giro di pochi mesi, il 26 giugno 1967.
Dopo la sua terrena scomparsa continuo a inviare comunicati, volantini e riflessioni politiche a tutti i ragazzi, ma solo un paio rispondono. Che succede? Eppure si sono iscritti tutti. Vengo a conoscenza, attraverso la sezione del PSI di Vicchio di Mugello, schierata a stragrande maggioranza con la destra autonomista del partito e la cui sede era stata imbiancata dai “ragazzi”, che era in corso a Barbiana una forsennata lite per stabilire chi fosse l’“erede” del Priore. Al suo apparente termine, si imporrà un “ragazzo” che trascinerà Barbiana nei paraggi del Forteto, una sorta di comune agricola, divenuta sede di un immane scandalo che, negli anni, si è concretizzato in un brutale degrado morale contraddistinto dalla violenza sessuale sui minori, lassù inviati dal Tribunale dei Minorenni!
E questo non era il peggio… don Milani veniva tratteggiato sempre più frequentemente come una sorta di “cappellano” del PCI.
Rimango sbalordito: ma non era stato lui a dirmi che il “comunismo è la mediazione e l’organizzazione politica di ogni male?”. Ma che? ci sono due don Milani? Come è possibile che mi abbia imbrogliato dopo avermi fatto promettere di non tradirlo? Mi sembrava di impazzire… A chi rivolgermi? Mi venne in mente di parlare della questione con monsignor Bertini, il mio parroco di quando militavo nella Gioventù di Azione Cattolica. Il quale, sbalordito quanto me, mi inviò da padre Reginaldo Santilli OP che si trovavava nel convento di Santa Maria Novella e che Bertini sapeva amareggiatissimo per i fatti di Barbiana.
Ma chi era padre Santilli? Era un personaggio chiave nella storia sacerdotale di don Milani, era stato il suo insegnante in seminario e la persona che più si era spesa per far ottenere il nulla osta ecclesiastico all’opera più importante del Priore: Esperienze Pastorali. Egli mi accolse benissimo, e ci saremmo poi lasciati con un abbraccio. Come mi aveva detto monsignor Bertini, era esterrefatto per il modo con il quale i comunisti strumentalizzavano il parroco di Barbiana. “Ma cosa gli fanno dire quegli sciagurati al mio Lorenzino?”, ripeteva con affetto e profondo disappunto.
Padre Reginaldo pensò a due mosse. La prima fu inviarmi a Milano in via Martinengo, dove risiedeva don Luigi Giussani. Vi andai nel dicembre 1976. Giussani rimase fortemente colpito dalle profezie di don Milani e volle subito darci una mano. Venne a parlare, alla pari di chi scrive, nel mio paesello di origine, Pozzo della Chiana in provincia di Arezzo. Era il 2 giugno 1977, e nell’occasione, davanti al vescovo di Arezzo Cioli e a uno stuolo di preti, frati e suore, ebbi modo di spiegare il “Sogno” di don Milani per intero (era la prima volta che lo facevo pubblicamente).
La seconda mossa fu trovare un editore che, pubblicando le mie esperienze giovanili, giungesse a trattare il contenuto dell’incontro di Barbiana. Non fu cosa facile: criticavamo i cattocomunisti e attaccavamo il comunismo come ideologia… Dopo numerosi insuccessi venne in mente a padre Santilli di rivolgerci ai Padri Dehoniani di Napoli. Questi accettarono di buon grado la proposta e mi fecero parlare, nel loro bel convento di Mergellina, con padre Franco Gualtieri. Fu così che scrissi – in molto tempo – il mio primo libro dal titolo Il Riscatto, che l’editore inserì nel “Dossier di studi sociali”.
La mia storia giovanile era facile da descrivere. Il mio passaggio dall’Azione Cattolica alla FGCI, la mia inevitabile rottura come cattolico da tale organizzazione, l’attività nella gioventù socialista, il clamoroso Convegno di Prato del 1964, nel corso del quale per primo, da sinistra, denunciai il crimine comunista delle “foibe” provocando una violentissima reazione de “L’Unità”; ma, quando affrontai la questione dell’incontro di Barbiana, sorse un grosso problema. Con un partito comunista quasi al potere, una Chiesa purtroppo tremebonda nei suoi confronti, come facevo ad affermare, come mi aveva detto il Profeta, che “il comunismo è la mediazione e l’organizzazione politica di ogni male, al fine di consentire a una classe dirigente parassitaria e brutale la gestione di ogni forma di potere sulle spalle degli ultimi”?
C’era il rischio che Brigate Rosse e compagni mi aggredissero, ma che anche i bravi Padri Dehoniani, che avevano il coraggio di pubblicare il libro, subissero pesanti conseguenze. E allora? Allora su consiglio di padre Santilli pubblicammo, delle due Profezie sul comunismo, quella che ci apparve più “moderata”, ma la fecemmo mettere, a scanso di equivoci, come inizio del libro a pagina 3.
I comunisti si mossero alle spalle, con menzogne e diffamazioni, ma soprattutto facendo intorno al libro e alla sue rivelazioni un assordante silenzio. L’opera, uscita nel 1980, pubblicava il testo integrale della replica a Luciano Della Mea il quale aveva definito il Priore un “compagno comunista” che combatteva una chiesa “asfittica e crudele”; e raccontava anche l’incontro di Barbiana che, sebbene un po’ romanzato, un po’ ampliato e un po’ ristretto, colpì nel segno.
A quel tempo lavoravo presso l’amministrazione comunale di Scandicci, rigidamente controllata dal dopoguerra in poi dal PCI e a cui la mia testimonianza non era affatto né sfuggita né gradita… Fecero seguito odiosi dispetti, che si estendevano al tipo di lavoro che mi veniva assegnato e ad attacchi personali, ben noti a chi ha lavorato in “certi” ambienti senza essere “allineato e coperto” dal Partito.
I fatti mi costrinsero a promuovere una causa per “discriminazione politica” e ci furono talmente tante prove che riuscii a vincerla. Come feci? Seguii il consiglio di don Milani di conservare tutti i documenti che mi capitavano per le mani, sicché potei recarmi in tribunale con una valigia di fogli che dimostravano le mie ragioni. Ma non potevo stare un giorno sì e un giorno no a leticare… Passarono gli anni, finalmente il comunismo sovietico e quello dei Paesi satelliti, come aveva previsto il Priore, implosero. A difendere la memoria del vero don Milani eravamo rimasti in pochi, il suo grande Amico Padre Reginaldo Santilli era passato a miglior vita. Ma le condizioni per dire finalmente, chiaro e tondo, chi era il Profeta di Barbiana erano giunte. Non fu semplice trovare un editore, ma alla fine vi riuscii.
Libri e documenti contro la propaganda
Si trattava della Liberal di Roma, una casa editrice fondata e gestita da Adornato, un noto personaggio della politica e della cultura. Il titolo non dava adito a dubbi: Il Profeta tradito – Come e perché la sinistra si è appropriata di don Milani. Si tratta di un agile libretto uscito nel 2005, che si rivelò un vero e proprio sasso in piccionaia. La prefazione è di Franco Cardini che scrive:
Don Milani l’hanno nondimeno spesso interpretato troppo sottilmente, talvolta congelato in un monumento o ridotto a un’immaginetta. Mazzerelli non ci sta. Questo libro è la cronaca di un rapporto difficile e di una fedeltà tormentata e profonda. Mazzerelli non è né un politico né un intellettuale, per quanto di politica e di cultura si sia a lungo occupato. Mazzerelli è un personaggio scomodo e ispido come la sua scrittura, uno che ha vasta esperienza e memoria lunga, ma al quale la vita non ha mai insegnato né la prudenza, né la rassegnazione.
L’introduzione è di Mario Bernardi Guardi, che fra l’altro scrive:
Dalle pagine di Mazzerelli vien fuori un prete che solleva ben in alto il suo Cristo e urla di guardarlo e di ascoltarlo a chi invece si rimpiatta dietro il “senso comune” che poco ha che fare con il “buon senso”. Bene, Mazzerelli testimonia per smascherare. Documenta a suon di nomi, cognomi e date. Lo smentisca chi ci riesce. Se ci riesce. Noi gli siamo grati per questo libro pieno di lividi e di graffi. C’è dentro la sua vita. C’è dentro un pezzo di quella di don Milani. La storia di un incontro. Di un coerente impegno politico, sociale e morale nel segno di quell’incontro.
Mi riconoscevo parola per parola in quello che avevano scritto i due grandi intellettuali, e la cosa mi incoraggiò moltissimo. Fu un successo. Lo dimostra un’intera pagina del “Corriere della Sera” che il 10 maggio 2005 pubblica un’amplissima recensione sotto il titolo: Don Milani, profeta politicamente scorretto, “Un pamphlet denuncia: il parroco di Barbiana fu strumentalizzato dalla sinistra”.
La reazione di Michele Gesualdi, che si considerava impropriamente “l’erede del Priore”, pubblicata nella stessa pagina, è del tutto inconsistente, quasi ridicola. I traditori di don Milani adottano contro di me e i miei amici sempre la stessa strategia, assoluto silenzio su ciò che pubblichiamo con la speranza che prima o poi si sparisca dalla circolazione… così è stato per quarant’anni!
Ma questa volta l’iniziativa aveva fatto troppo rumore. Allora – ovviamente alle spalle e senza scrivere niente – sostennero che Il Profeta tradito era pieno di menzogne, non a caso era privo della riproduzione di documenti che confermassero i fatti. Appena ne venni a conoscenza, mi dissi : “Se è per questo ne ho anche troppi”.
Fu così che mi rivolsi ad Adolfo Morganti, direttore e fondatore della casa editrice Il Cerchio, di Rimini, per pubblicare un nuovo libro che ebbe per titolo Ho seguito don Lorenzo Milani, Profeta della Terza Via, uscito nel 2007. La presentazione è di Franco Cardini: un’ampia, simpatica e rigorosa ricerca, che si dilunga nei suoi e nei miei ricordi giovanili e si conclude con una bellissima riflessione:
È proprio degli uomini liberi l’impegnarsi affinché chiunque possa avere il diritto di sostenere le sue idee, comprese quelle più lontane dalle proprie. Quelle di Alessandro Mazzerelli possono entusiasmare o indignare: ma non lasciano mai indifferenti. Oggi, Tartuffe sarebbe un antimazzerelliano convinto e vociante: tanto basta perché tutti gli uomini e le donne di buona volontà tifino Mazzerelli. E resta poi valida, anzi splendente, la sentenza lapidaria di don Lorenzo, l’ebreo convertito al Cristo, il Profeta: “Il tuo, il nostro socialismo, viene dalla coscienza che si riscatta dal male, è con gli Abele di sempre, è contro i ‘sepolcri imbiancati’ di sempre, cammina in terra guardando in alto, è immortale”.
Ecco: con molta umiltà, anzi con timore e tremore, affermo che questa frase è anche la mia divisa. Chi non la condivide, Dio lo perdoni ma non può non essere che un avversario. Chi la condivide, è e resterà un Amico e un Fratello per sempre.
Il libro contiene tutte le Profezie di Barbiana, riproduce una domanda di iscrizione all’associazione giovanile Forza del Popolo di un “ragazzo di Barbiana”, documenta il celebre convegno di Pozzo della Chiana con don Luigi Giussani del 2 giugno 1976; e pubblica: una lettera autografa inviatami da don Giussani, la “lettera aperta” al senatore Raniero La Valle contro l’aborto, le lettere di Norberto Bobbio e di padre David Maria Turoldo e l’invito alla conferenza promossa da padre Santilli il primo dicembre 1977, tenuta da chi scrive, sul tema: È possibile a sinistra un’alternativa al marxismo?
Viene quindi riprodotto anche l’intero testo dell’articolo pubblicato a pag.10 di “Avvenire” del 1° settembre 1977, in risposta a Luciano Della Mea, che aveva definito don Milani un “comunista che combatteva una chiesa asfittica e crudele”. Infine viene pubblicato il “Decalogo di Solidale” (poi di Barbiana) e un’ampia documentazione fotografica sul Movimento Solidale, coerente trasformazione alla luce del “sogno” di don Milani del Movimento d’Azione Socialista, a sua volta filiazione della Forza del Popolo.
E, tanto per non nascondere nulla, viene pubblicato l’articolo del “Corriere della Sera” redatto in occasione dell’uscita del Profeta tradito, e persino la documentazione sulla nascita del Movimento Autonomista Toscano.
Ma, sempre alle spalle, la controparte cerca di affermare che quel che mi disse il Profeta di Barbiana non era affatto chiaro. Se è per questo, eccovi la replica: Parole eterne del mio Amico don Lorenzo Milani, Profeta in Barbiana, Il Cerchio, Rimini 2010. L’introduzione è di Mario Barnardi Guardi, ove fra l’altro si legge:
Bene, don Lorenzo ha parlato e ha urlato, Alessandro ripete le sue parole e urla anche lui, nel silenzio assordante. Nel deserto. “Vox clamans”, quella dell’uno, profeta tradito; e quella dell’altro, il discepolo che non tradisce e raccoglie la tradizione, consegnandola a chi ha orecchie per intendere, dunque cuore e mente puri.
Con questo libro mi toglierò molti sassolini che stavano nelle mie scarpe. Si comincia con il paragrafo che è già chiaro nel titolo, Alle radici di un imbroglio, che tratta la questione dei rapporti tra don Milani e il comunismo, da lui, sin dal 1948, sempre combattuto a viso aperto.
Il secondo paragrafo, Il Profeta assediato, descrive i tentativi, ancora in essere, di strumentalizzarlo. Nel paragrafo Le parole eterne si passa all’esame delle singole Profezie.
Con il paragrafo La pietra, i sassolini, la spazzatura, la malafede e la buonafede critico un articolo di Enrico Nistri pubblicato sul “Secolo d’Italia” del 3 giugno 2005, nel cui sottotitolo c’è scritto: “È certo che la sinistra ha falsificato il messaggio dell’autore di Lettera a una professoressa. Di qui a farne un anticomunista, però il passo è lungo”. Replico ricordando che il Profeta ha detto: “Il mio classismo, ricordatevelo, è sempre stato un classismo di cultura. Io chiamo proletari quelli che non hanno istruzione e basta. Faccio soltanto questa questione: di chi non sa usare la parola, non sa intendere, non sa spiegarsi”. A me, francamente, non sembra un’analisi marxista!
Sempre da destra si fa vivo Pucci Cipriani (in verità si chiama Giuseppe Cipriani), che ha sempre aiutato i travisatori del Profeta dandogli del “comunista”. Gli replico il 9 agosto 2007 con un articolo su “Il Giornale della Toscana” senza peli sulla lingua.
Poi mi rivolgo a sinistra replicando a due professori del Centro per la Pace Ernesto Balducci. Uno, il professor Perticari, assiduo conferenziere ai festival dell’Unità, afferma in un convegno dal titolo “Ripartire da don Milani” (ma da quale don Milani riparte, visto che il professore è un grandissimo estimatore degli anarchici, quelli del né dio, né stato, né patria, né famiglia?) di onorarsi d’aver conosciuto – laddove don Milani l’ha visto solo in fotografia – un tale Ivan Illich, ex prete, che a suo dire si assomiglia al Profeta di Barbiana. Ecco come lo descrive: “Illich si impegnava contro la guerra, le banche, le grandi corporation e perciò riuscì facilmente a divenire sospetto alla CIA, al governo americano e al Vaticano. Il Sant’Uffizio comincia un procedimento contro di lui e Illich abbandona il proprio abito, la funzione sacerdotale e la chiesa”. L’illustre professore anarcocomunista ci dovrebbe dire che c’entra Illich con don Milani… Domanda ovviamente inutile.
Parole eterne avrebbe dovuto essere il libro che, grazie alla riproduzione fotografica di ben 15 documenti e dell’elenco dei “ragazzi di Barbiana” iscritti alla Forza del Popolo, avrebbe dovuto tacitare i falsi “ricercatori” milaniani di destra e di sinistra, ma così non fu…
Una visione ultrafederalista
Ventimila Sammarini – La Profezia sulla inevitabile sovranità dei Popoli di tutto il mondo, vista da don Milani, da don Giussani e dalla Toscana, con prefazione di Adolfo Morganti, viene pubblicato dalle edizioni Il Cerchio di Rimini nel 2014. Il libro analizza le motivazioni dell’ormai celebre Profezia, quella sui “ventimila sammarini”, che viene preceduta da quella dei “tremila Stati”.
Nel mondo ci sono qualche centinaio di Stati, ce ne dovrebbero essere almeno tremila… sarebbero meno forti, necessariamente più solidali fra loro, curerebbero con amore l’ambiente e i loro popoli controllerebbero più facilmente chi li governa. Soprattutto sarebbero pacifici, perché la guerra nasce dall’imperialismo e l’imperialismo dalla volontà di alcuni Stati di farsi sempre più grandi e i loro governanti sempre più potenti.
La guerra per procura degli Stati Uniti d’America tra Russia e Ucraina risponde quasi alla lettera alla Profezia di Barbiana. Ma come ho scritto nella ricostruzione dell’incontro del 31 luglio 1966, ebbi a dire a bassa voce: “Chissà come faranno i collezionisti di francobolli e di monete a stargli dietro…”. Il Priore si arrabbiò e sbottò: “Gli imperialismi? Ci vorrebbero ventimila sammarini per eliminarli. Il mondo cambierebbe radicalmente in meglio, sarebbero protette le culture e le identità. Sostanzialmente sarebbe protetta anche la pace, perché le guerre diverrebbero guerricciole”. Poi a mo’ d’esempio pronunciò la famosa frase di cui ho fatto già cenno: “Se i pigmei vogliono star nudi sugli alberi, che ci stiano e si crei il libero Stato dei pigmei”.
Colgo l’occasione del nuovo libro per replicare a una lettera del signor Carlo Luigi Donati di San Giorgio in Piano (Bologna). La sua è la solita storia di tutti i cattocomunisti più o meno in buona fede: il “mio” don Milani “attacca troppo i comunisti”… Ma non è affatto vero, don Milani prova sentimenti di compassione e di solidarietà per tutte le persone che sono ingannate dal comunismo. Il suo obiettivo è combattere il comunismo come ideologia e i nuovi “capitalisti” dei partiti comunisti al potere, si pensi all’attuale Repubblica Popolare Cinese.
Per quanto riguarda la frase del Donati – “non credo che don Milani fra i due mali avrebbe scelto come minore il centro-destra” – gli replico dimostrando che quando si parla di don Milani siamo molto lontani dalle “miserie del momento”, e a tal proposito affermo che “Berlusconi è un disonesto, alcuni suoi uomini sono mafiosi, come Dell’Utri e lo stalliere di Arcore. Ma l’alternativa da chi è rappresentata? Da uomini […] come Vendola, Marrazzo e l’ex sindaco di Bologna? È il Decalogo di Barbiana – sostengo – che i cattolici e tutti gli uomini di buona volontà devono applicare, altrimenti, come disse monsignor Luigi Giussani, “sarà la barbarie.” Il libro dà poi grande spazio alla “questione autonomista e federalista” dell’Italia e del mondo. Segue, come al solito, un’ampia e rigorosa documentazione.
Nel 2018 escono per AIEP della Repubblica di San Marino la prima e la seconda edizione di Don Lorenzo Milani sacerdote di Dio – Profezie e politica. È un libretto agile e dal costo contenuto che sintetizza tutto il lavoro di ricerca che ho svolto nel corso di decenni, con una documentazione essenziale e sufficiente a far capire quali sono le fondamenta su cui poggiano le Profezie e la linea politica di Barbiana di cui, ormai, cerco di dare testimonianza da quasi sessant’anni.
Nel 2022 siamo a un anno dal centenario della nascita di don Milani, che cade il 27 maggio 2023. Contatto Giannozzo Pucci, proprietario e direttore della Libreria Editrice Fiorentina, la storica casa editrice del Priore, quella, per intendersi, che ha stampato Esperienze pastorali e Lettera a una professoressa. Mi avvicino a lui con una certa preoccupazione: è anche l’editore della cosiddetta “Fondazione milaniana” controllata da cattocomunisti che hanno da sempre strumentalizzato il Profeta e che hanno visto chi scrive come un nemico, un “appestato” nei confronti del quale fare assoluto silenzio, come se non esistesse e non fosse mai esistito…
Con mia grande soddisfazione e meraviglia, Giannozzo Pucci si dice interessato alla pubblicazione di un libro che metta in evidenza il pensiero profetico di don Milani, senza definirlo un “profeta” poiché, sostiene, “sono le sue parole e i suoi atti che lo fanno tale”. Sceglie da tutti i titoli che ho pubblicato gli argomenti che ritiene avvincenti, interessanti e convincenti.
Ne viene fuori un libro che a parer mio è molto bello e molto chiaro: Il sogno di don Milani, Edizione Libreria Editrice Fiorentina, Firenze 2022. Si tratta di una pubblicazione che, come mi aspettavo, provoca la reazione dei miei “storici” e “sconosciuti” avversari. A Vicchio di Mugello, il 1° settembre 2022, a quasi sessant’anni dagli eventi, mentendo, sostengono che l’adesione dei “ragazzi” alla Forza del Popolo è un falso, così come è un falso la lettera di don Milani che consacra l’accordo tra me e lui, riprodotta dall’opera omnia sul Priore pubblicata dalla Mondadori. Io ho cercato di fare il mio dovere e li ho immediatamente sfidati a dimostrare le loro affermazioni, mentre l’editore scriverà una bellissima lettera (pubblicata su “Avvenire” dell’8 ottobre 2022) documentata da date e circostanze, che riducono culturalmente e moralmente in cenere la vergognosa provocazione.