La Repubblica del Karakalpakstan è un’entità autonoma appartenente all’Uzbekistan, dal quale differisce per fattori linguistici e politico-istituzionali. Il nome dell’area – traducibile come “terra dei caracalpachi” – deriva dal popolo caracalpaco (o karakalpako), il cui etnonimo significa “cappello nero”, in riferimento ai tipici copricapi indossati da questa gente.
Tanto gli uzbechi quanto i caracalpachi sono sunniti e turcofoni: i primi, però, parlano un idioma del gruppo karluk, mentre il caracalpaco appartiene alla categoria kipchak. Pertanto, la lingua caracalpaca mostra maggior affinità a kazako, kirghiso e tataro rispetto all’uzbeco, che invece è simile all’uiguro. Negli ultimi anni la regione è balzata agli onori delle cronache in più occasioni, poiché la presenza di sentimenti autonomisti e separatisti rende il Karakalpakstan un’area particolarmente calda all’interno dell’Asia centrale. 

Nascita di una repubblica

Il Karakalpakstan fu conquistato dall’Impero russo nel XVIII secolo, per poi diventare parte della Repubblica Socialista Federativa Sovietica Russa (rsfsr) in seguito alla rivoluzione bolscevica del 1917. Nel periodo interbellico le autorità moscovite – ispirate dalla concezione leninista del principio di autodeterminazione – attuarono un processo di delimitazione nazionale, che non portò solo alla nascita delle repubbliche socialiste sovietiche (rss) centrasiatiche, ma anche di entità autonome presenti all’interno delle stesse. Nel 1924, ad esempio, venne creata l’oblast’ autonoma del Karakalpakstan all’interno della Repubblica Socialista Sovietica Autonoma (rssa) del Kazakistan, a sua volta compresa nei confini della rsfsr.

karakalpakSei anni dopo fu apportata una nuova modifica, dato che il Cremlino pose tale oblast’ sotto il diretto controllo della rsfsr, separandola dalla rssa kazaka. La situazione rimase invariata fino al 1932, quando il Karakalpakstan fu promosso al rango di rssa: tale status venne mantenuto anche dopo il 1936, anno in cui il Karakalpakstan fu finalmente staccato dalla rsfsr per essere aggregato alla RSS uzbeca.
Non si registrarono mutamenti significativi fino al 1990, quando l’Unione Sovietica, entrata in una fase di profonda crisi, cominciò a mostrare le proprie crepe. Nel dicembre di quell’anno il Karakalpakstan scelse di proclamare la propria indipendenza, staccandosi dall’urss e quindi anche dalla rss uzbeca: nell’agosto successivo mutò il nome da Repubblica Socialista Sovietica Autonoma a Repubblica del Karakalpakstan, nel tentativo di recidere i legami con il socialismo e di esaltare la propria sovranità. In tal modo, per alcuni anni il territorio sfuggì al pieno controllo di Tashkent, senza riuscire però a consolidare l’indipendenza agognata. Tra il 1990 e il 1991 a Nukus comandava il presidente indipendentista Dauletbay Shamshetov, appartenente al partito nazionalista Khalik Mapi.
Ciononostante, nel 1993 la classe politica caracalpaca raggiunse un accordo con l’Uzbekistan, divenuto anch’esso indipendente nell’estate 1991: il patto prevedeva il ritorno del Karakalpakstan nell’alveo uzbeco, in cambio di una forte autonomia e della possibilità di indire un referendum secessionista dopo 20 anni.

L’autonomia territoriale: realtà o finzione?

Secondo la costituzione dell’Uzbekistan il Karakalpakstan è una repubblica sovrana, dotata di una specifica carta costituzionale che – assieme a quella uzbeca – regola la vita nella regione. In particolare, essa garantisce a Nukus l’esistenza di appositi organi legislativi, esecutivi e giudiziari, nonché la possibilità di adottare una propria simbologia costituita da inno, emblema e bandiera. Addirittura, il documento sancisce il divieto di alterare i confini regionali senza reciproco consenso, la facoltà di ricorrere al potere di veto per le decisioni riguardanti la regione e il diritto di indire un referendum per chiedere l’indipendenza. Ciliegina sulla torta, la carta fondamentale riconosce espressamente il bilinguismo, parificando lo status della lingua uzbeca a quello del caracalpaco. Insomma, a una prima occhiata pare che il Karakalpakstan sia uno Stato sovrano a tutti gli effetti; eppure, un’analisi più accurata rileva i limiti dell’autonomia regionale, tanto da fargli assumere i connotati di uno specchietto per le allodole.
In effetti, la Costituzione caracalpaca deve attenersi a quella uzbeca, tanto che l’attività della Corte Suprema del Karakalpakstan è regolarmente supervisionata da quella dell’Uzbekistan. Inoltre, tutte le disposizioni emanate dal governo centrale valgono anche per l’entità autonoma, restringendo in modo consistente la libertà d’azione consentita a Nukus. Peraltro, la possibilità di convocare una consultazione per l’indipedenza – complicata dalla scarsa trasparenza dei meccanismi referendari previsti – deve necessariamente scontrarsi con il potere di veto esercitabile dal parlamento di Tashkent, che rende altamente improbabile la prospettiva di una secessione.

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Danzatori caracalpachi. Alle loro spalle il monte Shılpıq, detto “torre del silenzio”, un monumento naturale probabilmente frequentato nell’età del bronzo come luogo rituale (da karakalpak.com).

Attualmente esistono pochi partiti indipendentisti dalle dimensioni ridotte, come Alga Karakalpakstan e il Partito per la Rinascita Nazionale del Karakalpakstan Libero, i quali, però, non svolgono un ruolo rilevante nella vita politica del Paese. Del resto, va rammentato che l’Uzbekistan è uno Stato dittatoriale, che mal tollera la libera espressione del dissenso. Difatti, non mancano casi di individui perseguiti legalmente a causa di simpatie indipendentiste – vere o presunte – come la giornalista Lolagul Kallykhanova, processata e condannata nel 2023 a tre anni di carcere con sospensione della pena.
Il governo uzbeco, insomma, non desidera concedere l’indipendenza al Karakalpakstan; al contrario, teme la possibile destabilizzazione della regione, motivo per il quale cerca di massimizzare il controllo sul territorio. Inutile dirlo, nel 2013 il referendum promesso nel 1993 non ebbe luogo, confermando le intenzioni governative.
Nonostante il carattere fittizio dell’autonomia istituzionale e politica, l’autonomia culturale garantita ai caracalpachi sembra più valida. La loro lingua, in effetti, gode dello status di ufficialità assieme all’uzbeco, tanto che si contano oltre 200 scuole in cui è insegnata, permettendo così alla comunità di mantenere la propria identità etnoculturale.

Pulsioni centripete e resistenza

Dalla reintegrazione del 1993 a oggi non ci sono state rivolte e conflitti degni di nota, eccezion fatta per gli scontri del 2022. In quell’anno il presidente dell’Uzbekistan, Shavkat Mirziyoyev, presentò un progetto di riforma costituzionale, tra le cui proposte figurava pure la cancellazione dell’autonomia del Karakalpakstan. La notizia, una volta scoperta dai residenti, generò un diffuso malcontento, a riprova dei sentimenti autonomisti radicati nella regione. Gli abitanti scesero in piazza per manifestare contro il governo, venendo però dispersi dalle forze dell’ordine. I manifestanti pagarono un prezzo salato per il loro coraggio, con decine di morti, centinaia di feriti e altrettanti arresti. Dauletmurat Tazhimuratov, principale attivista caracalpaco, è stato condannato a sedici anni di carcere nel gennaio 2023, al termine di un processo giudicato da molti osservatori come politicamente motivato. Nondimeno, Mirziyoyev decise di fare retromarcia, rinunciando all’abrogazione dello statuto autonomo.

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Dauletmurat Tazhimuratov.

In conclusione, gli eventi del 2022 hanno dimostrato la permanenza non solo di una forte identità regionale, ma anche di ideali autonomisti o separatisti; ciononostante, la prospettiva di un conflitto per l’indipendenza appare alquanto lontana. Tale constatazione va ricondotta anzitutto al controllo che Tashkent esercita sul territorio, unita a fattori economici e demografici. Il Karakalpakstan, difatti, dipende fortemente dai trasferimenti ricevuti dal governo centrale, essendo una delle regioni più povere del Paese. Oltretutto, solo una minoranza della popolazione è di etnia caracalpaca (37%), mentre uzbechi, kazakhi e turkmeni rappresentano rispettivamente il 40%, 15,4% e 5,4% dei residenti.