L’occitanismo, che un tempo ostentava grandezza, venuta meno la fase più intensamente rivendicativa delle sue istanze politiche, si trova oggi al minimo storico per capacità d’influenzare culturalmente le valli provenzali del Piemonte: sembra essere al canto del cigno d’un ciclo in via di esaurimento. La sua scarsa importanza non era mai stata tanto evidente, mentre il suo comparire e scomparire è avvenuto nel cristallizzarsi di divisioni sempre più sterili, attraverso clan che hanno gestito male una quota d’identità etno-linguistica per sacrificarla sull’altare dell’autoreferenzialità.
Le valli provenzali alpine, prima della legge di tutela linguistica n 482/99, erano un formidabile laboratorio d’idee che avrebbe dato ancora copiosi frutti, se non fosse stato egemonizzato dall’unilateralismo culturale occitanista. Il linguista Fiorenzo Toso, nel 2008, commentando la legge faceva il punto sull’equivoco culturale che ha determinato quella forma di tutela:
Come era logico attendersi, la scelta da parte del legislatore del glottonimo “occitano”, sia nata essa da ignoranza delle implicazioni ideologiche che vi si connettono o da una meno limpida esigenza di captatio benevolentiae nei confronti dei settori più attivi e visibili del movimentismo politico-culturale delle valli cisalpine, ha avuto tra le sue conseguenze la legittimazione di modelli linguistici e culturali che poco o nulla hanno a che fare col vissuto reale delle comunità delle valli di Cuneo e di Torino.
Peraltro, a proposito dell’articolo 3 della legge, sulla delimitazione territoriale (“…sentiti i comuni interessati, su richiesta di almeno il quindici per cento dei cittadini iscritti nelle liste elettorali e residenti nei comuni stessi, ovvero di un terzo dei consiglieri comunali dei medesimi comuni…”), non risulta siano stati fatti pubblici dibattiti prima delle delibere consigliari. Non risulta che gli autoctoni abbiano richiesto l’inserimento nella legge autocertificandosi come “popolazioni parlanti l’occitano”, mentre i consiglieri comunali, a digiuno di linguistica, affibbiarono il glottonimo “occitano” ai provenzali alpini causando ripercussioni di carattere percettivo.
Non può esserci infatti un mutamento antropologico e nominalistico dell’humus etno-linguistico, ma una costante e naturale ricapitolazione. Da questo punto di vista, almeno le popolazioni di Caraglio, Bernezzo e San Dalmazzo, fuori da decenni dalle antiche isoglosse, avrebbero rivendicato l’appartenenza alla lingua piemontese.
Mai come in questa “legge di tutela” la democrazia delegata fu utile allo strumentale diritto di una élite, rispetto al diritto naturale di un’etnia.
Resta il fatto che l’occasione legislativa avrebbe dovuto portare un doveroso coinvolgimento verso altri soggetti culturali del territorio, ma i “vincitori” pensarono di avere ottenuto un riconoscimento ideale ad usum delphini. Essi scelsero di esasperare le differenze ideali per non trovare mai dei punti d’incontro, tenendo di fatto in ostaggio una legge che si sbiadiva sempre più nel riconoscimento formale in quanto priva del contributo fattivo di tutti; forme di separazione croniche del pensiero che, seppur bisognose di dialogo, tenderanno a tenere una distanza costante dalla necessità comune di unità.
Il provenzalismo mancato
A suo tempo il provenzalismo – non esente da errori strategici ma senza l’aiuto di lobby politiche – cercò d’introdurre il termine “provenzale” a pieno diritto nel novero delle minoranze. Quel nobile tentativo dopo il passaggio legislativo non fu più sostenuto, quasi che la 482/99 fosse un totem. Da allora, soprattutto da parte dei media locali, sotto il profilo culturale non si sarebbe parlato altro che di Occitania, di occitanismo, e non più di tutela della minoranza linguistica d’Oc.
Ovviamente la legge coinvolse soltanto le associazioni gemellate nel franchising culturale all’Institut d’Estudis Occitans di Tolosa, prendendo le distanze dall’autenticità etnica delle valli. Per imporre l’egemonia culturale e l’esogena grafia classica fu fatto di tutto, cosa che neppure il loro teorico Francés Fontan negli anni ‘70 – poi abbandonato come “padre della patria” dai suoi adepti – si era sognato di fare.
La legge fu utilizzata per chiudere la “fastidiosa” lotta delle grafie e fu davvero tentato ogni artifizio per imporre la normalizzazione come segno di riconoscimento ufficiale nelle istituzioni, nelle amministrazioni pubbliche, nelle università: espedienti non riusciti, come la battaglia persa per l’ “occitano” lingua ufficiale alle Olimpiadi Invernali di Torino del 2006.
Per quanto riguarda la toponomastica furono dati nomi alle vie senza alcun legame con la storia dei paesi, in una deliberata volontà di colonizzazione. In Valle Maira a Roccabruna, per esempio, ne intitolarono una a René Nelli, storico del catarismo d’oltralpe: un personaggio avulso dal territorio (sono portato a credere che in quel paesino sappiano ben poco dell’eresia dualista comparsa nella Lengadoc tra il XII e il XIII secolo).
La contaminazione culturale che avrebbe dovuto scaturire dalla legge non è mai sbocciata e meno ancora quella economica, annunciata e mai decollata.
Tuttavia, la maggior responsabilità fu quella degli occitanisti nella amministrazioni locali, beninteso non per quanto riguarda la rettitudine delle persone, ma per l’inettitudine progettuale. Essi interpretarono in modo provinciale le opportunità fornite dalla legge; e, diminuiti i contributi, mollarono bandiere, militanti, normalizzazioni e autoctoni (dei quali peraltro non si erano mai davvero interessati) al loro destino. Tuttora si dichiarano paladini delle “valli”, ma da decenni ormai sono “in tutt’altre faccende affaccendati”, fuori dal contesto etno-linguistico.
Occorre sottolineare che le divisioni tra i soggetti culturali nelle valli provenzali furono sempre accolte con favore dalle istituzioni, per lasciare imputridire le rivendicazioni politiche squalificate nel marketing “etnico”. L’establishment scelse come referenti le associazioni paludate che si presentavano come un’ insieme monolitico, ma che non avevano né occhi, né orecchie, né militanti, circondate solamente da professionisti dell’editoria e della musica.
Colpevoli di aver abiurato all’opzione politica, senza essersi lasciate spazi di libertà rispetto alle istituzioni, subirono il loro abbraccio mortale e una volta chiusi i contributi declinarono al tramonto.
VERSIONE IN PROVENZALE
L’óucitanisme, qu’un tèms s’èro manifesta plen de grandour, vengudo mens la fàsi revendicativo di si istànci poulitico, vuei se trobo au minimum istouri pèr capacita d’enfluença culturalamen li valèio e sèmblo èstre au cant dóu ciéune d’un cicle en vio d’ abenage.
Sa dificulta, noun èro jamai estado ansin evidènto, mentre soun role insignificant se manifestavo entre divisioun estèrli, pèr clan qu’an gestito malo uno partido d’identita etno-lenguistico sacrificado pèr l’egouïsme.
Li valèio prouvençalo aupino, avans la lèi de tutelo linguistico n. 482/99, èron un labouratòri d’idèio qu’aurié douna encaro bòni fru, se noun fuguèsse esta unifourmisado pèr l’unilateralisme culturau óucitanisto. Lou proufessor Fiorenzo Toso, linguisto, en 2008, sus aquelo formo de sé- disènt lèi de tutelo. diguè:
Coum’èro lougico la chausido pèr lou legislatour dóu gloutounime “óucitan”, siegue nascudo elo pèr ignuorànci dis emplicacioun ideoulougico, vo d’uno mens clar besoun de -captatio benevolentia- e vers li seitouri mai atiéu e vesible dóu mouvimen pouliti-culturau di valèio cisaupino, a agu entre si counsequènci, la legitimacioun di moudèle linguisti e culturau, qu’an rèn à que faire emé la vidovidanto di valèio de Couni e Turin.
Pièi, à prepaus de l’art. 3 de la lèi, pèr la delimitacioun territourialo, […] escouta li coumuno interessa, sus requisto d’au mens lou quinge pèr cènt di ciéutadin […], vo d’un tresen di counseié coumunau di coumuno […] Fau souligna que soun jamai esta óurganisa debat public sus la presentaciou de la lèi de tutelo avans li deliberacioun.
Li prouvencau aupin fuguèron nouma “poupulacioun parlant l’óucitan”, mentre li counseié coumunau que de-segur sabien gaire de lenguistico, meteguèron aquèu gloutounime “óucitan” i terradouren fin de causa counsequènci de caratère percetiéu.
D’efèt, pòu pas arriba un cambiamen antroupoulougi de l’humus culturau etno-linguisti, mai uno coustanto e naturalo recapitulacioun.
Au mens li poupulacioun de Carài, Bernés e Sant Dalmas, foro dis anciano isoglosse lenguistico, aurien crida l’apartenènci lenguistico piemounteso.
Jamai, coum’en aquesto “lèi de tutelo”, la demoucracìo delegado, fuguè adoutado pèr un elèi inteleituau, respèt au dre naturau d’uno etnio.
L’óucasioun legislativo aurié degu representa tamben lis àutri soujèt culturau dóu territóri, mai li sé-disènt vincèire creseguèron d’aguè óutengu uno recouneissènço “Ad usum delphini”.
Chausiran d’acrèisse li diferènci pèr noun trouba poun de rescountre tenènt en oustage uno lèi que toumbavo sèmpre de mai dins la simplo recouneissènço formalo perqué sènso la countribuciouin de tòuti. Li prouvençalisto counsciènt , noun sènso errour de manobro, mai sènso l’ajudo di lobby poulitico, ni prouteicioun di catau lenguisti pensaren de faire acedi lou mot “prouvençau” à plen dre dins la listo di minouranço linguistico. Lou noble tentatiéu, après lou passage legislatiéu noun fuguè plus soustengu, quàsi coume se la lèi 482/99 se fuguèsse trasfourmado dins un totem.
D’aquéu moumen, soubre-tout pèr li media locau, culturalamen, noun se sarié parla que d’Óucitanìo, vo d’óucitanisme e noun plus de tutelo d’uno minouranço lenguistico.
La lèi fuguè à favour dis assouciacioun que se liguèron au franchising culturau de l’Institut d’Estudis Occitans, de Toulouso prenènt ansin li distànci pèr ço qu éro nascudo l’autenticita lenguistico di valèio. Pèr empausa l’egemounìo culturalo e aquelo estrangiero grafìo (qu’avèn besoun d’interprète pèr la lègi) fuguè prouva de tout; causo que ni mens soun teouri, Francés Fontan dins lis an ‘70, (abandouna pièi, coume paire noble de la ”patrio”, à obro di si adepti), s’ero sougna de faire.
La lèi fuguè utilisado pèr sarra la lucho di grafìo. Pèr acò fuguè prouva de tout pèr empausa la nourmalisacioun coume signe de recouneissènço óuficialo dins lis istitucioun, dins lis amenistracioun, dins lis Universita; manobro pas reüssido, coume la bataio pèr l’óucitan, lengo óuficialo i Jo Oulimpi d’ivèr à Turin en 2006.
Pèr ço que regardo la toupounomastico fuguèron douna de noum i carriero, sénso aucun liame emé l’istòri di païs, dins la deliberado volounta de signa lou territòri.
En Vau Mairo à La Roco, pèr eisèmple, noumaron uno pichoto carriero en óussèqui à Reinié Nelli, estudious dóu catarisme: un persounage, de respèt, mai forço foro dau territóri. Crese que, en aquéu pichot païs, sabon gaire de l’eresio dualisto de la Lengadò di siècle XII e XIII.
L’espansioun culturalo qu’aurié degu naisse pèr la lèi es jamai nascudo e mens encaro aquelo ecounomico. La mai grando respounsableta, fuguè aquelo dis óucitanisto dins lis amenistracioun loucalo, bèn entendu non pèr ço que regarde la retitudo, di persouno, mai pèr l’inetitudo prougetualo. Aprouficharan pas de l’óucasioun de la lèi e cala li countribucioun ecounoumico leissarèn bandiero, militant, nourmalisacioun e li pàuri terradouren, tamben se s’èron jamai interessa seriousamen à soun aveni.
Encaro vuei se disèn pirin di “valèio óucitano”, mai desenant soun forço emplega en autro causo, au delai dau counteste etno-linguisti Faue souligna, que li divisioun entre soujèt culturau fuguèron sèmpre aculido emé favour dis istitucioun, pèr laissa toumba li revendicacioun poulitico desqualificado à marketing etni.
Venguèron chausido coume referènt lis assouciacioun que disien d’èstre un’ ensèn monouliti, mai que noun avien nì iue, nì auriho, nì militant, pèr s’entourna soucamen pèr proufessiounisto de l’editourìo e de la musico.
Coupable d’agué refusa coumpletamen la poulitico de defènso de l’etnìo, sènso se leissa espàci de liberta respèt is istitucioun, aguèron plan planet l’embrassado mourtalo di poulitician, mai saben pas se preguèron cousciènci dóu soun tremount desenant evident avans à tòuti.