Il Biellese è terra di streghe, e il loro luogo di convegno privilegiato sarebbe stato il “Pian delle Masche” nella suggestiva e selvaggia val d’Irogna (o Con-a), dove queste donne ribelli e irrequiete si sarebbero date convegno per la loro balutèra, lo sfrenato ballo diabolico nella notte stellata.
Questo “piano delle streghe” é il toponimo intrigante e fascinoso che segna un territorio alpino di sicuro incanto e attrazione, un pianoro posto sotto una grande roccia che pare un castello.
In un non lontano passato era luogo di “pasture”, sufficientemente abitato d’estate da giustificare la costruzione d’una rudimentale teleferica, ora abbandonata, per trasportare le vivande ai numerosi margari che vi passavano la stagione.
Forse vi abitava davvero un gruppo di persone estranee e ostili alla normalità morale e religiosa; ma a ispirare quel nome singolare può aver contribuito la difficoltà nel salire al piano da Piedicavallo, poiché, mentre il sentiero è agevole fino ai 1333 metri dell’Alp dl’Olm, esso s’impenna improvvisamente inducendo a credere che al piano sovrastante si possa accedere soltanto a cavallo della scopa nel diabolico volo notturno.
Il realtà è l’intero mondo – oggi perduto – della civiltà pastorale e montanara a essere considerato a priori un luogo satanico, in quanto popolato da marginali estranei alla civilizzazione urbana e pianurizzante. Davvero, come scriveva il fotografo e scrittore Gianfranco Bini, c’erano “lassù gli ultimi”, ormai spazzati via ma da sempre emarginati ed esclusi.
Anche la presunta inaccessibilità degli alpeggi é un pregiudizio cittadino, perché l’intera montagna era solcata da mulattiere, vie d’alpeggio, sentieri fittissimi e ben battuti d’un percorso autonomo e parallelo della sua gente.
Dal Pian delle Masche si raggiunge il lago della Vecchia, si supera il col Tourrison, o “colle del lupo”, e si scende in val di Gressoney. Rimasta immune da un’antropizzazione irrispettosa, la piccola e angusta val d’Irogna è d’una straordinaria bellezza e suggestione per le numerose cascate, la discesa impetuosa del rio Irogna e del rio Pieio, l’imponente mole del monte Cresto, detto anche Picass (grande cima) o Rèja dij Uiton.
La fertile fantasia del popolino indica come luoghi di convegno delle streghe altre località, tutte montane e isolate, come una baita appartata al colle dei Carisei sotto il Mars, la così detta “piazza delle armi” sotto il Bo, o un alpeggio sul monte Camino.
La collocazione al Carisei parrebbe avere una certa logica come luogo d’incontro di congreghe devianti di diverse località, trovandosi sulla mulattiera che scende dalla val dl’Elf verso Fontainemore e la valle del Lys.
Secondo una tradizione popolare rievocata nel 1932 sul “Popolo Biellese” da Giacomo Ottello, un altro luogo di convegno diabolico sarebbe stato quel che restava della dimora nobiliare degli Avogadro di Quaregna: qui “gli spettri notturni vagano ai ruderi del castello per custodire un pozzo antico dentro il quale verso la fine del 1500, in seguito ad un grande assedio, i castellani, prima di arrendersi, avrebbero nascosto immensi tesori”.
Sullo stesso giornale, ancora Ottello non mancava di notare che nel folklore biellese il mondo delle masche non veniva considerato popolato da esseri viventi ma da
spettri che vagolano nottetempo nei luoghi abbandonati e deserti per far accapponare la pelle ai bambini, e anche per intimorire gli uomini con tanto di baffi alla quarantotto. Che cosa diavolo vogliano dal mondo vivente codesti spettri nessuno lo sa di sicuro. Che le loro apparizioni abbiano lo scopo esclusivo di impaurire non si direbbe. Perché in questo caso bisognerebbe credere che abbiano una testina ben rigonfia di frivolezze. A quale mondo arcano esse appartengano nessuno lo sa. Ad ogni modo la fantasia popolare vuole le “Masche”, evoca le “Masche”, forse per quel bisogno strano che è in noi di trarre dal nulla un nulla, di dar forma umana e veste vaporosa ai sentimenti paurosi dell’ignoto.
La tenace sopravvivenza di queste credenze è un’eredità inestirpabile del “poetico panteismo primitivo”. Anche per questo i racconti fantastici mantengono la loro suggestione perché “sembra che ci richiamino il sentimento d’un mondo vergine e affascinante, dove il reale e l’irreale si mescolano in una sfumata evanescenza di rimpianto o di incerta speranza”.
E soprattutto nella valle del Sarv (Cervo in italiano) resistono e si rinnovano i racconti suggestivi delle donne ribelli e devianti, considerate però pericolose e ostili alla vita serena e pacifica del montanaro. Nella bassa valle il torrentello oggi detto Dunasco era in passato chiamato “rivo delle masche”, e una radura sovrastante la grotta piangente del santuario di San Giovanni viene detta “piano delle streghe” forse perché culmine di antiche processioni devozionali d’epoca pagana.
Non manca chi favoleggia d’una donna di Valmosca che avrebbe lanciato un maleficio contro un vitello: venne riconosciuta come strega quando gettarono nell’acqua bollente la catena che teneva legata la povera bestia e la donna ebbe una reazione di terrore e dolore.
La più sicura difesa contro i sortilegi delle streghe consisteva nell’indossare il ref d’ampùre, una pezzuola di canapa appositamente filata per più giorni solo nel mese di febbraio.
La fama di terra stregonesca per queste valli non è immeritata. Nel 1470 venne processata dalle autorità ecclesiastiche come masca una donna di Miagliano, la quale però era una forestiera, originaria d’una località d’alta montagna detta “greppo del Monduro”. Anche sotto il monte Rovella, dove sorge il santuario di Banchette di Mosso Santa Maria, esiste un Pian delle Masche, e un’altro si trova al cantone Cà ‘d Marchet sopra Mosso.
Queste localizzazioni sono comunque da prendere con le molle. C’è da pensare che siano indicazioni date un po’ a caso da scontrosi e burberi montanari alle legioni di improvvisati folkloristi che hanno imperversato per decenni sulle Alpi, estorcendo succose rivelazioni su improbabili siti esoterici a gente che, per toglierseli di torno, indicava a caso il primo posto che gli veniva in mente.
È verosimile che luoghi di raduno delle streghe ve ne fossero un po’ dappertutto, se con questa definizione s’intendono luoghi di convegni sessuali o orgiastici clandestini di povera gente che non aveva nessun altro modo di sfuggire a un’esistenza grigia, piatta e vuota.