Già nel 2018 le condanne a morte eseguite nei confronti dei curdi – appena il 10% della popolazione iraniana – costituivano il 28% di quelle complessivamente avvenute in Iran. Praticamente il triplo rispetto alle altre comunità. Un tristissimo record che però quest’anno potrebbe ancora peggiorare.
Solo nell’ultima settimana il cappio del boia si è stretto al collo di altri sei curdi iraniani. In base alle pur scarse informazioni, è stato confermato che uno dei prigionieri, Kamil Qadri Eqdem, rinchiuso nel carcere di Nexede, veniva impiccato il mattino del 22 luglio.
Secondo Hengaw l’esecuzione di Kamil sarebbe appunto la sesta in una sola settimana. L’organizzazione di difesa dei diritti umani del Rojhilat ha anche riferito come davanti al carcere di Nexede si sia svolta una manifestazione di protesta organizzata da militanti dei diritti civici di Piransar, la località da cui proveniva il condannato. Peraltro inutilmente.
Altri prigionieri politici curdi erano stati impiccati nella prigione di Oroumieh il 14 luglio. Si trattava di Diako Rasoulzadeh e di Saber Cheikh Abdollah. Arrestati nel 2013, erano stati accusati di “guerra contro Dio”, dopo essere stati sottoposti lungamente alla tortura nella sede dei servizi segreti di Mahabad.
Sempre secondo Hengaw, gli altri curdi sarebbero stati impiccati a Kirmashan.