Il 29 dicembre 2015 moriva a Padova il prestigioso sociologo Sabino Acquaviva, docente universitario, già preside di Scienze politiche all’ateneo patavino; dopo tre anni continuo a rilevare l’assordante silenzio delle istituzioni – dal Comune all’Università – sulla sua straordinaria figura: troppo schivo, troppo mite, troppo rivoluzionario, troppo avanti? Chissà…
Così, in tutta modestia, vorrei riproporre alcune sue riflessioni contenute nella presentazione di Le radici del futuro. L’Europa dei popoli, il rifiuto degli Stati nazionali e dei partiti, il suo ultimo libro pubblicato nel 2014, quasi un testamento spirituale:
La tesi di fondo di questo libro? Molto semplice: gli Stati nazionali che fanno parte dell’Unione Europa vanno cancellati dalla carta geografica e politica del continente insieme ai cosiddetti partiti nazionali e alle caste di potere di cui sono espressione, che nei fatti ci dominano e governano.
Anche l’Italia, ovviamente, deve sparire, Perché? Perché gli Stati nazionali non faranno mai l’Europa, anzi sono i becchini di un’Europa che, se continuerà a essere divisa, vedrà i nani da cui è composta demoliti dai colossi economici e demografici emergenti sulla scena del pianeta.
Il meschino nazionalismo e l’egoistica difesa dei cosiddetti “interessi nazionali” è espressione di un sistema fondato su una democrazia, di cui i partiti vogliono essere considerati l’anima, che impedisce la nascita di una nuova grande Europa. Il potere dei partiti si traduce, anche se forse soltanto in parte, in quello della supercasta che ci domina, che ha poco a che fare con una realtà che amiamo definire democratica, ma che nei fatti governa le società moderne quasi senza una reale delega popolare.
Come dunque osserva Galli della Loggia, la supercasta “è composta da poche migliaia di persone; anzitutto dai direttori generali dei Ministeri, da presidenti e consiglieri di amministrazione degli enti parastatali, della Cassa Depositi e Prestiti, delle società economiche a partecipazione pubblica, dai capi degli uffici legislativi e dai capi di gabinetti dei Ministeri”.
Sono questi i veri e propri factotum della concreta attività di governo.
Galli della Loggia conclude osservando che costoro “sfuggono a qualunque scrutinio pubblico, ma in realtà sono i veri padroni della politica. In più di un caso ne sono i veri e propri burattinai”.
E ancora:
Scrivendo, cerco di restituire il loro vero significato a singole parole e aggettivi. Un esempio? La parola “razzista”. Si sostiene che coloro che difendono le culture regionali sono dei “razzisti”, ma è vero esattamente il contrario. Purtroppo sono poche le forze politiche che cercano di tutelare le culture dei popoli e delle lingue europee contro la stretta soffocante degli Stati (e delle lingue) nazionali, e quindi dei partiti che con tali organismi di controllo si identificano.
Dobbiamo combattere il loro razzismo nazionalista che, anche con uso di parte della scuola, tende a cancellare l’identità dei singoli popoli, come lo è il cacciatore che non difende gli altri mammiferi dai massacri per opera di essere umani psicologicamente e culturalmente primitivi. In poche parole, non è razzista chi cerca di tutelare l’antica lingua e la cultura della regione in cui abita, ma chi vuole imporre la lingua di un’altra regione eletta a lingua nazionale, cancellando ogni altro strumento di espressione linguistica e culturale.
La difesa delle lingue regionali, troppo spesso considerate e chiamate dialetti, era anche un desiderio di Pasolini, il quale sosteneva che la decadenza e fine delle lingue regionali, con il trionfo dell’italiano, “è avvenuta al prezzo della distruzione di una cultura originaria”.
E terminava alla sua maniera:
Concluderò citando, appunto in maniera anticonformisticamente anticonformista, il pensiero di Michail Bakunin, l’anarchico che sosteneva: “È ricercando l’impossibile che l’uomo ha sempre realizzato il possibile. Coloro che si sono saggiamente limitati, arresi a ciò che loro appariva come possibile, non sono mai avanzati di un solo passo”.
Consentitemi dunque di sognare l’altra Europa, quella impossibile: dei popoli liberi. E non degli Stati e dei partiti.
Ed è quella Europa, professor Acquaviva, che milioni di europei stanno sognando: in Catalogna, in Scozia, nei Paesi Baschi, in Corsica, nel Galles, in Bretagna, in Galizia, in Tirolo, in Sardegna… E anche nel suo Veneto.