Una rete di sigle legate agli islamisti, ma nascoste dietro l’intoccabile maschera antirazzista, umanitaria e dei diritti, riceve milioni di euro da Bruxelles. Stiamo finanziando la nostra stessa resa…
“Tutti sanno, almeno dal 2015 e dai sanguinosi attentati di Parigi, che Bruxelles è sede di quartieri dove vige una rigida pratica dell’islam. Qual è stata la reazione dell’Unione Europea? Ha creato un coordinatore contro ‘l’odio anti-islamico’, attualmente ricoperto da Tommaso Chiamparino (figlio dell’ex sindaco di Torino)”. Così si apre una lunga inchiesta di Charlie Hebdo di questa settimana. È la storia di una dolce e surreale capitolazione.
“Bruxelles ha distribuito migliaia di euro alle associazioni preposte alla ‘prevenzione della radicalizzazione’”, spiega Florence Bergeaud-Blackler, antropologa del Cnrs. I gruppi di Fratelli Musulmani hanno colto l’occasione per far valere le loro richieste, sostenendo che l’estremismo islamico è una reazione al razzismo “anti-musulmano” in Europa. “In altre parole, di fronte all’offensiva islamista, ci siamo affrettati a fare un’inversione di tendenza. Nella capitale belga, le diverse correnti dell’islam politico sanno coordinarsi tatticamente per destabilizzare il piccolo regno e, oltre, tutta l’Europa”.
“Dal 2015 la pressione della polizia ha spinto i salafiti a essere più discreti e a lasciare che i Fratelli Musulmani prendessero il sopravvento”, spiega il deputato centrista belga Georges Dallemagne. Le Confraternite del Qatar e della Turchia si sono alleate per attuare una strategia di “conquista più subdola”. È urgente, secondo Djemila Benhabib, project manager del Secular Action Center, fare luce sull’attivismo dei Fratelli musulmani. “Agiscono attraverso un tessuto associativo molto denso, sovvenzionato dalle autorità pubbliche europee oltre che da Stati esteri, che troviamo al centro di una strategia di ingresso nei partiti e nelle istituzioni. Un intreccio di associazioni e personalità influenti permette loro di fare rete sia sul suolo belga che sulla scena europea con la Turchia a fare da sfondo”.
Prendiamo la Federazione europea dei giornalisti. Questa organizzazione, riconosciuta come la voce rappresentativa dei giornalisti in Europa, è finanziata dai sindacati dei giornalisti di 45 Paesi del continente, fra cui l’Italia con la Federazione Nazionale della Stampa di Giuseppe Giulietti. Il suo segretario generale, Ricardo Gutiérrez, è orgoglioso di avere come interlocutori la Commissione europea, il Parlamento europeo, l’Ocse e il Consiglio d’Europa.
“Tuttavia, la scorsa primavera, la Federazione ha fornito la formazione in collaborazione con due organizzazioni, la Rete europea contro il razzismo (Enar) e il Collettivo contro l’islamofobia in Belgio (CCIB), un avatar del Collettivo contro l’islamofobia in Francia (CCIF), sciolto dalle autorità francesi in seguito all’assassinio di Samuel Paty e di cui condivide lo stesso logo. Il primo intervento è stato di un presunto fratello musulmano pentito, Michaël Privot, direttore di Enar, ONG che ha anche un ufficio presso la Commissione europea”. Privot, convertito ad Allah, milita per un “islam europeo”.
“Non ritiene la Commissione di essere sulla strada sbagliata promuovendo e finanziando organizzazioni che militano apertamente contro la nostra concezione europea della libertà di espressione e il cui obiettivo finale è imporre agli europei un modello basato sulla legge islamica?”, ha chiesto questa estate una deputata europea a Bruxelles. “Ritengo estremamente pericoloso consentire a una tale organizzazione di stabilirsi in Belgio, viste le azioni dei suoi membri in Francia”, ha affermato a “Le Monde” il deputato ed ex ministro Denis Ducarme, liberale.
Secondo una fonte di sicurezza consultata dalla rivista belga “Le Vif/L’Express”, “la CCIB è nota per i suoi stretti legami con i Fratelli Musulmani. Ideologicamente, i discorsi della CCIB riprendono i temi retorici dei Fratelli Musulmani così come i loro tradizionali cavalli di battaglia, ad esempio la criminalizzazione dell’‘islamofobia’ e la lotta contro il divieto del velo nelle scuole e sul lavoro”. L’associazione è guidata da Mustapha Chairi, che sostiene l’uso massivo del velo e che appare senza imbarazzo facendo la rabia (la mano con il pollice piegato che è il segno dei Fratelli Musulmani). “Ciò non impedisce allo Stato belga di continuare a sovvenzionare questa organizzazione e all’UE di affidarle una serie di missioni ‘antirazziste’”.
“A Bruxelles, infatti, sono molte le sigle e gli acronimi di associazioni dei Fratelli Musulmani, anche se non ammesse come tali, ognuna per una causa specifica per ottenere il consenso dell’Europa liberale: femminismo, disuguaglianze sociali, razzismo, eccetera. È un’intera nebulosa islamista che ha tessuto la sua tela nella capitale belga per espandersi nell’Unione Europea e beneficiare dei suoi generosi sussidi, sfruttando la sua complessità istituzionale e la sua debolezza ideologica”.
Come ha spiegato Alexandre Del Valle nel suo libro Le Projet, “non si tratta di una semplice libertà religiosa ma di un vero piano di conquista e distruzione. Mirano a sostenere la legge della sharia e costruire un califfato globale. La strategia dei Fratelli Musulmani non è dire di appartenere all’organizzazione. Hanno il diritto di mentire. In Europa, si basano sull’entrismo, l’infiltrazione e il doppio gioco. Sono in grado di negare verbalmente parte del loro programma per non spaventare gli europei”. L’Austria questa estate è stato il primo Paese europeo a bandire la Fratellanza Musulmana.
Bernard Rougier su “Le Point” ha denunciato un altro aspetto. “Con i bandi di gara e l’evidenziazione di alcuni temi, Bruxelles, attraverso il suo Consiglio europeo della ricerca, è in grado di promuovere la diffusione di programmi di ricerca vicini al movimento decoloniale”. Un esempio, “EuroPublicIslam: Islam in the Making of a European Public Sphere” con 1,4 milioni di euro di fondi. O RELIGARE, finanziato dalla Direzione generale della Ricerca della Commissione europea (3,4 milioni di euro di budget, di cui 2,7 milioni dall’UE). Il suo titolo completo: “Programma sulla diversità religiosa”. Sono attività di “ricerca” dove i Fratelli Musulmani penetrano facilmente, racconta “Le Figaro”.
Al Senato di Francia, il deputato dei Repubblicani Pierre Charon ha appena tenuto un’audizione. Un intero capitolo è dedicato ai “finanziamenti dell’UE per l’islam radicale”. Così, la Commissione Europea ha finanziato le ONG legate all’islam radicale per 1.869.141 euro nel 2019. Si tratta in particolare dei Fratelli Musulmani che, secondo questo documento, stanno sostenendo un programma di islamizzazione in Europa. Il finanziamento di questi 1,8 milioni di euro dall’UE includeva: 550.000 euro per “Islamic Relief Germany”, che si presenta come una sorta di “Mezzaluna Rossa” islamica, ma accusata di legami con Hamas, Hezbollah e la Fratellanza Musulmana. La Commissione Europea ha certificato questa organizzazione come “partner umanitario per il periodo dal 2021 al 2027”. L’Islamic Relief è appena stata al centro di una inchiesta del giornale tedesco “Die Welt”.
14.398 euro sono stati stanziati nel 2019 al “Forum of European Muslim Youth and Student Organizations” (FEMYSO), organizzazione di facciata dei Fratelli Musulmani che quest’estate è stata al centro di una interpellanza al Parlamento europeo. 1.156.162 di euro sono stati donati invece alla “Rete europea contro il razzismo” (ENAR), di cui FEMYSO è membro. Alla guida dell’ENAR c’è la figlia del fondatore del braccio tunisino dei Fratelli Musulmani, il partito Ennahdha. Il capo dell’ENAR è stato membro dei Fratelli Musulmani fino al 2008. 90.368 euro sono stati stanziati da Bruxelles per l’“Unione musulmana europea”, che gli specialisti considerano “parte della rete dei Fratelli musulmani”.
In una intervista a “l’Express”, Florence Bergeaud-Blackler, ricercatrice del CNRS e celebre antropologa belga autrice del libro Cachez cet islamisme, ha spiegato che Bruxelles è diventata “una specie di santuario dell’islamismo in Europa”. “L’islamismo, come l’islam, si è insediato da quarant’anni in Belgio sulla scia dell’immigrazione dal nord del Marocco e dalla Turchia”, ha detto Florence Bergeaud-Blackler all’“Express”. “I Fratelli Musulmani agiscono pacificamente penetrando nel tessuto sociale, nelle ONG e nelle associazioni, nei luoghi dell’istruzione e delle imprese”.
L’iris e la mezzaluna è il titolo di un libro che Felice Dassetto, sociologo dell’Università cattolica di Lovanio, in Belgio, ha scelto per raccontare quanto accade nel suo Paese. Il riferimento è al giaggiolo, il simbolo della regione di Bruxelles, mentre la mezzaluna ovviamente allude all’islam. Per dirla con “The Economist”, “le antiche città del Belgio sono culle dell’arte e della cultura cristiana, e il cattolicesimo è per molti versi la ragion d’essere del Paese. Ma così come il ruolo del cristianesimo è scemato, un nuovo credo, l’islam, sta guadagnando importanza”.
Fadila Maaroufi, assistente sociale e fondatrice dell’Osservatorio dei fondamentalismi di Bruxelles, alla rivista “Marianne” ha detto questa estate: “Le élite belghe si sono arrese di fronte alla diffusione del fondamentalismo islamico”. Il grande progetto dei Fratelli Musulmani, che il loro guru Yusuf al Qaradawi ha detto si concluderà con la “conquista di Roma”, sta procedendo secondo programma dal Paese che ci ha dato la Madonna di Bruges di Michelangelo e che si è trasformato nel pied à terre dell’islamizzazione dell’Europa.