In Europa, i governi stanno diventando il nemico numero uno della cittadinanza. È sempre più evidente che esprimere anche una blanda opinione che sia in contrasto con la politica ufficiale di governo può mandare in prigione o almeno assicurare una visita amichevole da parte della kafkiana polizia locale. L’Europa è diventata davvero uno Stato di polizia?
Diversi governi europei fanno capire chiaramente ai loro cittadini che è vietato criticare i migranti o le politiche europee in materia di immigrazione. Le persone che “oltrepassano i limiti“, secondo le autorità, vengono arrestate, processate e a volte condannate.
In Olanda, la polizia si è presentata al domicilio di persone che ingenuamente avevano espresso commenti sui centri di accoglienza per migranti, pubblicandoli su Twitter nell’ottobre 2015. Nella città di Sliedrech, la polizia si è recata nell’ufficio di Mark Jongeneel e gli ha detto che aveva twittato “troppo” e che avrebbe dovuto “moderare i toni” perché i suoi tweet “potrebbero sembrare sediziosi”. Ma che reato ha commesso? Era stata organizzata un’assemblea cittadina sull’apertura di un centro profughi nella regione e Jongeneel aveva postato alcuni tweet. Uno dei suoi messaggi diceva: “Il college di #Sliedrecht ha proposto di accogliere 250 profughi nei prossimi due anni. Che cattiva idea”. In precedenza, aveva twittato: “Dovremmo lasciare che questo accada?!”
E non è stato l’unico a farlo. A Leeuwarden, secondo il quotidiano “New Europe”, “una ventina di persone che osteggiavano i progetti [per creare centri di accoglienza per immigrati] nella regione hanno ricevuto la visita della polizia. È successo anche a Enschede e in alcuni luoghi del Brabante, dove, secondo i media olandesi, chi aveva criticato l’arrivo dei profughi e aveva aperto una pagina sui social media sull’argomento è stato invitato a desistere”.
Un portavoce della polizia nazionale ha spiegato che dieci unità d’intelligence formate da “detective digitali” monitorano in tempo reale le pagine di Facebook e gli account Twitter, alla ricerca di messaggi che “oltrepassano i limiti”, in modo da potersi recare dagli autori per dire loro “che effetto può avere un post o un tweet su internet”. In altre parole, l’Olanda pratica la censura governativa, per cui ci si chiede se sia diventata uno Stato di polizia.
Nel Regno Unito, Scott Clark è stato arrestato nel febbraio 2016 per aver scritto sulla pagine Facebook della Scottish Defense League che i profughi siriani “conosceranno il nostro lato cattivo”. Secondo un articolo, Clark si riferiva alle aggressioni sessuali ai danni delle donne di Colonia, in Germania, perpetrate la notte di Capodanno da uomini dall’aspetto arabo o nordafricano, come giustificazione per i suoi commenti in rete, del tipo: “Se succede qualcosa a una qualsiasi ragazza, io sputerò in faccia ai consiglieri che hanno fatto pressioni per accoglierli qui…”. E in un altro suo messaggio si legge: “È proprio un’invasione islamica. Sicuramente succederà qualcosa. Ho appena visto 15 siriani nel pub all’angolo. (…) Fin dall’inizio sono stato contrario al loro arrivo”.
L’ispettore Ewan Wilson della polizia di Dunoon ha raccontato al “Guardian”: “Spero che l’arresto di questo individuo invii il chiaro messaggio che la polizia della Scozia non tollererà alcuna forma di attività che potrebbe istigare all’odio e provocare commenti offensivi sui social media”.
In Germania, due coniugi, Peter e Melanie M., sono stati processati per aver creato un gruppo Facebook che criticava la politica migratoria del governo. Secondo un articolo, la pagina diceva: “I migranti economici e i profughi di guerra si stanno riversando nel nostro Paese. Portano terrore, paura, dolore. Stuprano le nostre donne e mettono a rischio i nostri figli. Poniamo fine a tutto questo!”
Durante il processo, Peter M. ha difeso i suoi commenti online e ha dichiarato: “Non si può nemmeno esprimere un’opinione critica sui rifugiati…”. L’uomo ha asserito che come amministratore del gruppo aveva rimosso le dichiarazioni nazisteggianti o radicali ma, dal momento che Facebook aveva cancellato la pagina, non poteva presentare le prove in aula.
Pronunciando il verdetto, il giudice ha detto: “Il gruppo ha espresso una serie di generalizzazioni chiaramente orientate a destra”. Peter M. è stato condannato a nove mesi di reclusione con il beneficio della sospensione condizionale della pena e sua moglie è stata condannata a pagare una multa di 1200 euro. Il giudice ha aggiunto: “Spero che voi capiate la gravità della situazione. Se vi vedrò nuovamente qui davanti a me, finirete in carcere”.
In Germania, criticare i migranti e le politiche migratorie del governo può avere altre conseguenze drastiche. Nel settembre 2015, “Die Welt” riportò la notizia che chi diffonde idee “xenofobe” sui social media rischia di perdere la custodia dei propri figli. Non occorre che un genitore debba commettere necessariamente un reato penale per indurre un giudice a stabilire che il benessere dei figli viene messo in pericolo, a limitare il diritto dei genitori di vedere il proprio figlio, a ordinare a “un educatore” di presenziare agli incontri tra il genitore e il figlio, con la possibilità di “intervenire come richiesto”. È anche possibile impedire certe azioni, espressioni o incontri in presenza del bambino. In ultima istanza, il giudice può pronunciare la decadenza della responsabilità genitoriale.
Secondo Eva Becker, presidente del gruppo di lavoro sul diritto di famiglia dell’Associazione degli avvocati tedeschi (DAV), “il fattore decisivo è il buon senso”. Secondo la Becker, il fatto che un genitore abbia espresso il proprio malcontento per la presenza di migranti siriani che vivono nel suo quartiere, non sarebbe un motivo sufficiente per ritenere che il benessere del bambino sia in pericolo. Invece, un padre o una madre che in presenza del proprio figlio si lascia andare a minacce verbali contro i rifugiati “supererebbe chiaramente il limite critico”.
Secondo la legge tedesca, non è nemmeno rilevante se questi commenti sono “criminali”. In Germania, un genitore può essere accusato di aver superato il “limite critico” anche se ha espresso un commento che non è punibile dalla legge. Non è importante se l’azione sia perseguibile penalmente, ma ciò che conta è se essa “influenza” il bambino in modo da mettere in pericolo il suo benessere. Se un tribunale stabilisce che il benessere del minore è a rischio, il genitore può vedersi limitare inizialmente il diritto ad avere contatti con il bambino.
Le azioni sono ancor più incriminanti delle parole. Secondo la Becker, parlare in maniera dispregiativa con i conoscenti dei richiedenti asilo in presenza di un bambino è una cosa, ma portare un bambino a manifestazioni “xenofobe” è molto peggio.
La Becker si guarda bene dal precisare cosa s’intende per “xenofobo”. Sembra implicito che si parli di xenofobia a senso unico e non di xenofobia islamica contro i non musulmani, ad esempio; ma non si è cercato di definirlo, anche se si tratta chiaramente del nocciolo della questione.
Mentre i normali cittadini europei rischiano di essere arrestati e processati per osservazioni “xenofobe”, non è così per gli alti funzionari dell’Unione Europea.
In un discorso pronunciato ad Amburgo nell’ottobre scorso, Günther Oettinger, commissario UE tedesco per l’economia digitale, ha definito una delegazione di ministri cinesi in visita a Bruxelles “quelli con gli occhi a mandorla” (Schlitzaugen), espressione che in genere è considerata razzista. Oettinger non si è nemmeno preso la briga di scusarsi, ma ha detto a “Die Welt” che quelle non erano altro che frasi estratte da “un contesto più ampio”.
La Commissione europea si è inoltre rifiutata di scusarsi per le affermazioni di Oettinger (che a quanto pare sono state omofobe e sessiste) o di vagliarle. Il portavoce della Commissione UE Margaritis Schinas ha detto incredulo ai giornalisti: “Noi non abbiamo nulla da aggiungere”; e alla domanda se ci fosse un’inchiesta in corso sulle frasi incriminate di Oettinger, ha risposto: “Non abbiamo una sorta di FBI nella Commissione”.
Il 28 ottobre, il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker ha promosso Oettinger all’ambita e potente posizione di vicepresidente con responsabilità sul bilancio UE.
Ovviamente, la legge non è uguale per tutti. I commissari UE possono fare commenti “xenofobi” e avere una promozione, mentre i cittadini europei vengono arrestati e processati per aver esercitato il loro diritto alla libertà di espressione.
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