Il destino di Henri Hiro è unico. In quindici anni ha scosso il panorama politico, culturale e religioso polinesiano, è stato onnipresente in ogni attività culturale: fondatore di letteratura, cinema, teatro contemporaneo e canto tradizionale, ha lasciato la sua impronta in tutte queste espressioni artistiche.
Poeta e attivista, ha partecipato al movimento per la difesa delle radici ma’ohi, di tutto quanto è originario delle isole polinesiane, sviluppatosi a Tahiti dalla fine degli anni ‘70. Nella sua battaglia volta alla salvaguardia e alla riabilitazione della cultura ma’ohi ha dato al fenua (la terra) e al reo (la lingua) una posizione di cardine fondamentale per l’appartenenza etnica. Il suo impegno totale lo ha reso il leader indiscutibile della causa nel XX secolo.
Tornato dagli studi in Francia, ha protestato per denunciare il danno arrecato ai polinesiani durante l’opera di evangelizzazione, ha sfilato ogni mercoledì per mesi con il pū, lo strumento a fiato realizzato con un cono di legno o una conchiglia, per dire no ai test nucleari. Inizialmente pressoché isolato, fu poi affiancato da altri tra cui Oscar Temaru e sostenuto da Green Peace. Molti diffidavano di lui in quanto sovversivo. Il suo obiettivo non era né il potere né il denaro. Non si limitava ad avere idee, ma le metteva in pratica. Disse: “Nessuno mi ascolta, sarà il mio lavoro a parlare per me”.
Egli si è impegnato a far rivivere le tradizioni soffocate per oltre un secolo e mezzo: “Quando qualcosa viene abbandonata, è perché c’è stato un pregiudizio e si è verificata una svalutazione”.
Celebre la sua frase rivolta ai francesi: “Si tu étais venu chez nous, nous t’aurions accueilli à bras ouverts. Mais tu es venu ici chez toi, et on ne sait comment t’accueillir chez toi”, “Se fossi venuto a casa nostra, ti avremmo accolto a braccia aperte. Ma sei venuto qui a casa tua, e non sappiamo come darti il benvenuto a casa tua”.
Henri Hiro ha sedotto gli animi tanto quanto li ha messi in crisi. Nel 1985 si dimette simultaneamente da tutte le sue cariche “in città” (era anche direttore della Casa della Cultura) e si ritira, con moglie e figli, nella valle di Arei sull’isola di Huahine. Come polinesiano, la città lo rende prigioniero.
Nato il 1 gennaio 1944 sull’isola di Mo’orea, cresciuto a Puna’avia sull’isola di Tahiti da genitori che non parlano che reo Ma’ohi, è “un giovane come un altro”, né privilegiato né ricco; cacciato dalla scuola media, si dedica a mille piccoli lavori per sopravvivere. Henri Hiro muore il 10 marzo 1990 a Huahine a soli 46 anni a causa di un tumore.
Una curiosità: anche Coco Hotahota è nato il 1 gennaio ed è volato nel Rōhutu Noanoa, il paradiso profumato, l’8 marzo; non appena terminata la sua cerimonia funebre, ci siamo ritrovati al Te Fare Upa Rau, il Conservatorio, sul pae pae dedicato a Maco Tevane, il padre dell’attuale ministro della Cultura, per ricordare la figura di Henri Hiro in una serata organizzata dalla figlia Hitihiti, che non avevo mai visto ballare con così tanta passione. Il testo della canzone, interpretata da Teiva LC, è una poesia di suo padre.