La Consulta ha ammainato il Leone di San Marco. I giudici, con la sentenza 183/2018, hanno dichiarato incostituzionali alcuni articoli della legge che, nel 2017, aveva introdotto l’obbligo di esporre il vessillo fuori dalle sedi di organi pubblici e statali come prefetture, tribunali, municipi e caserme, nonché sulle imbarcazioni. La norma, approvata in consiglio regionale, era stata varata dalla lista che fa riferimento al governatore del Veneto, Luca Zaia, in quota Lega. E proprio al Carroccio, in seguito al pronunciamento della Corte costituzionale, si è rivolto il Pd, secondo il quale la Consulta ha dato “un altro schiaffo alla propaganda leghista”.
Nell’agosto di un anno fa, l’assemblea legislativa del Veneto, con 31 voti favorevoli, 6 contrari e un astenuto, aveva dato il via libera al provvedimento emanato dal consigliere della Lista Zaia, Silvia Rizzotto. L’obiettivo, con l’esposizione della bandiera di San Marco, era “rafforzare il senso di appartenenza dei cittadini veneti attraverso il riconoscimento e l’esposizione dei simboli che identificano non solo un territorio, ma anche la storia, le tradizioni e le radici del popolo”. Un gonfalone, quello del Veneto, “del cui valore storico si trova traccia sin dal XIV secolo nella Repubblica della Serenissima”.
Per la Consulta, la legge regionale 28 del 2017, all’epoca contestata dall’opposizione e già impugnata dalla presidenza del Consiglio, “invade la competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di ordinamento e organizzazione amministrativa”. Di conseguenza è in contrasto con l’articolo 117 della Costituzione, secondo il quale “la potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali”. I giudici hanno bocciato la norma anche per la violazione dell’articolo 5. Che, disciplinando il principio di unità della Repubblica, “esclude che lo Stato soggetto possa essere costretto dal legislatore regionale a fare uso pubblico di simboli, quali le bandiere regionali, che la Costituzione non consente di considerare come riferibili all’intera collettività nazionale”.
“Avevamo ragione a dire che era pura propaganda, con cui si voleva alzare il livello della tensione con Roma”, commenta il consigliere regionale del Pd, Andrea Zanone. “Personalmente non ho niente contro la bandiera con il leone di San Marco. È un simbolo e va rispettato. Ma i primi a non farlo sono leghisti e indipendentisti, che la utilizzano in maniera strumentale per fare propaganda, spendendo poi soldi pubblici per gli inevitabili contenziosi e ricorsi”.
“Dover commentare una vicenda simile è imbarazzante”, si infuria il governatore Luca Zaia. “Ripresenteremo senz’altro questa legge e chiederemo che l’obbligo di esporre la bandiera del Veneto in tutti gli uffici pubblici nazionali sul territorio venga introdotto nell’Intesa con l’attuale Governo sull’Autonomia, perché è un interesse della collettività regionale che la propria bandiera sia affiancata a quella dello Stato.
A impugnare il nostro provvedimento fu il passato Governo e non credo che, con quello attuale, si sarebbe arrivati a tanto. Se la son presa con una bandiera che ha oltre 1100 anni di storia e rappresenta un’intera identità, dicendo, di fatto, che vale meno di altre. Non lo si può accettare”.
Aggiunge il governatore: “Esponendo la bandiera del Veneto si realizza per di più un’istanza di sintesi della ‘pluralità in unità’ non dissimile da quella che giustifica l’accostamento – voluto dallo stesso legislatore statale – della bandiera nazionale alla bandiera dell’Unione Europea nelle sedi dei massimi organi dello Stato”.