Il concorso ha avuto luogo dal 22 novembre al 1° dicembre nel Gran Teatro della Casa della Cultura, spazio più intimo e raccolto rispetto alla grande arena di To’ata dove ogni luglio ci si scatena nella Heiva.
Facce note in giuria, presieduta dal direttore del Te Fare Upa Rau, il Conservatorio di Tahiti, composta da Vanina Ehu, brava insegnante di hura, la danza polinesiana, il coreografo Moana’ura Tehei’ura ideatore della Pīna’na’i, il capogruppo Matani Kainku, la ballerina Poemoana Teriinohorai e Teaurii Piritua, vincitore della scorsa Heiva.
28 gruppi hanno danzato in categoria Mehura, durata di circa sei minuti sulla melodia di una o due canzoni, 7 in Hura Tapairu, un vero e proprio spettacolo che si svolge in una mezz’ora; miniconcorso per pahu nui, i grandi tamburi, e ’āpipiti, i duo, che possono essere interpretati come ’aparima, danza accompagnata da musica melodica, o ’ōte’a, danza guerriera.
Per la prima volta 3 troupe non polinesiane provenienti dalla California e da Londra sono salite sul palco nella nuova categoria Mehura Manihini appositamente creata per loro, simile alla Mehura ma riservata ai gruppi stranieri.
Categoria Hura Tapairu
Vittoria più che meritata per Manohiva, il secondo gruppo a vincere per la terza volta il concorso in precedenza, nel 2014 e nel 2016.
Al secondo posto spicca il gruppo Hitireva ’Aito: in questa competizione dove le tapairu (fanciulle) volteggiano leggiadre, vedere un intero gruppo composto da guerrieri tatuati che ritmano danze guerriere è incredibile! Nel loro coro l’inconfondibile voce melodiosa di Teiva L.C.
Al terzo posto Hitireva Tapairu, le cui entrate in scena sono inframmezzate dal ’ōrero (oratore) Minos che spiega, con poche efficaci parole in reo ma’ohi, la lingua polinesiana, come si suona il vivo: è il flauto nasale, uno strumento tradizionale ricavato da un internodo del bambù, sul quale si basa lo spettacolo. Questo flauto non viene suonato con la bocca, dalla quale possono uscire “cattive parole”, bensì dal soffio profondo dell’animo, che parte dal diaframma.
Manahau, la troupe di Jean-Marie Biret, racconta la saga epica che si sviluppa attraverso quattro ’aparima e quattro ’ōte’a, facendoci incontrare la valorosa tribù dei Vao, respinti all’interno delle valli di Hiti e di Hiva, guerrieri scelti, sempre vestiti di bianco, destinati a proteggere il re Manatahi.
Modernità e tradizione si fondono, mettendo in guardia contro l’orgoglio e la lussuria, sullo sfondo di Matari’i ni’a, le Pleiadi, che sorgendo segnano il periodo d’abbondanza. Autrice del tema Vaihere Cadousteau, di padre canadese, che riceve il premio speciale per la scrittura.
Categoria Mehura
Il gruppo Vaheana, alla seconda partecipazione, riceve il primo premio per gli aggraziati volteggi in elegante abito vermiglio. Giovani, belle, magre e ottime ballerine, non potevano che vincere la competizione! Hanno interpretato una delle mie canzoni preferite: Haere mai Koe, vieni qui.
Secondo posto in questa categoria per il gruppo Manohiva, che incanta il pubblico con le acconciature blu.
Terzo posto per Hia’ai, di Turia Temorere, alla seconda partecipazione alla Hura Tapairu. “A ti’aturi…”, la speranza, ritornello del canto melodioso scritto e composto da Douglas Huahine, è rimasto nelle orecchie degli spettatori che l’hanno canticchiato piacevolmente.
Prima partecipazione per Tahiti Ia Ruru-Tu Noa, di Olivier Lenoir, con una coreografia che passa dalla romantica canzone di corteggiamento ai passi veloci e acrobatici del rock and roll, con testo integralmente in reo ma’ohi. Orchestra abilmente diretta da At Chun, già premiato come miglior musicista la scorsa Heiva.
Te Natira’a balla la melodia ritmata sul bel testo di Simone Grand, la cui prosa stabilisce il legame aereo tra le varie isole.
Ahura’i, gruppo di insegnanti ed ex alunni del comune di Faa’a, sottolinea con la danza il rispetto per l’ambiente.
Prima partecipazione per Natihei, gruppo composto da impiegati della CPS, la locale mutua.
Due gruppi non dell’isola di Tahiti: oltre a quelle della vicina Mo’orea, per la prima volta ballano le tapairu dell’atollo di Fakarava.