Assediata, occupata, rastrellata, passata per le armi… Eppure Afrin resiste. Fin dai primi giorni dell’occupazione – marzo 2018 – resiste. Un comunicato del 28 giugno emesso dalle HRE (Hêzên Rizgariya Efrînê) aggiornava l’opinione pubblica sulle ultime azioni di resistenza contro l’invasione turca nel Nord della Siria. Sarebbero una quindicina (14 quelli accertati) i soldati turchi e mercenari islamici uccisi recentemente dai combattenti e dalle combattenti delle HRE nel distretto di Sherawa (Afrin). Molti altri sono stati feriti.
Due giorni prima, il 26 giugno, stando sempre al comunicato, le HRE avevano teso un’imboscata a un convoglio militare che transitava nei pressi del villaggio di Basute. Un soldato turco era rimasto ucciso e sette feriti. Invece il giorno 27 la guerriglia aveva attaccato un gruppo di mercenari al servizio della Turchia appostati su una collina presso il villaggio di Kebashin, sempre nel distretto di Sherawa. Quattro di loro avervano perso la vita e qualche altro era rimasto ferito. Successivamente le HRE avevano attaccato i militari turchi insediati all’interno del villaggio. Da parte dell’esercito turco si sono registrate cinque vittime e un numero imprecisato di feriti.
Sempre alla fine di giugno i guerriglieri curdi hanno colpito una base militare utilizzata dagli integralisti islamici nei pressi di Kebashin e almeno tre jihadisti sono rimasti sul terreno. Contemporaneamente le HRE attaccavano un posto di polizia nel quartiere di Tirinde, nel centro di Afrin, abbattendo un altro integralista filo-turco.
Risulta particolarmente dura e determinata la lotta della resistenza curda contro gli islamisti integrati – di fatto – come reparti dell’esercito turco. Ancora, il 23 febbraio le HRE avevano colpito con un’azione di sabotaggio alcuni veicoli militari che trasportavano miliziani islamici di Firqat al-Hamza mentre da Basufane si recavano a Birc Heyder (sempre nel distretto di Sherawa).
L’anno scorso, il 28 luglio 2018, erano state le YPG a eliminare un esponente di grosso calibro di Feylaq Sham, altro alleato strategico di Ankara nell’occupazione di Afrin. Questo gruppo in particolare sarebbe incaricato di operare una vera e propria pulizia etnica, terrorizzando gli abitanti, in vista della sostituzione con arabi sunniti organizzati dai salafiti.
Un altro esponente di spicco, Jamal al-Zakhlool (noto anche come collaboratore del MIT, i servizi turchi) era stato eliminato dalle YPG nel maggio 2018. Jamal al-Zakhlool si occupava della collocazione in Afrin delle milizie jihadiste che si erano ritirate dalla regione di Ghouta orientale. Con l’aiuto del MIT, aveva instaurato un clima di terrore a base di sequestri, torture, esecuzioni extragiudiziali ai danni degli autoctoni. Talvolta i parenti riuscivano – e riescono –
a riavere vivi i loro cari sequestrati, ma soltanto pagando migliaia di dollari per riscattarli. Nel frattempo oltre 150mila persone sono sfollate da Afrin e molto difficilmente potranno rientrarvi.