Una questione intrigante e sconosciuta ai più ha visto assegnare a Renzano, borgo di Salò, l’onore di aver dato i natali ad Adriano VI, l’ultimo papa “straniero” prima del polacco Giovanni Paolo II. La novità, che come vedremo non è tale, contrasta evidentemente con la tesi ufficiale dell’Adriaan Florensz nato a Utrecht in Olanda il 2 marzo 1459 e morto nel 1523, che prese il nome di Adriano VI.
Storici come Konstantin von Hofer (1811-1897) e il cardinale Joseph Hergenröther (1824-1890), per esempio, non hanno mai menzionato un’eventuale origine bresciana di Adriano, e non c’è testo di storia della Chiesa nel quale non si affermi che sia nato a Utrecht. Non per questo l’ipotesi eterodossa va censurata o rinchiusa negli spazi della cronaca locale, senza meritare una platea più ampia di conoscitori.
Sessant’anni dopo la morte di Papa Adriano VI la sua origine bresciana fu sostenuta dal letterato Bongianni Grattarolo (1530-1599) di Gazzane di Salò e dal frate Mattia da Salò, al secolo Paolo Bellintani (1534-1611).
Il primo a sostenere l’origine salodiana fu Grattarolo che nel 1584 scrisse una Informazione su papa Adriano VI, manoscritto andato perduto, del quale si riporteranno alcuni brevi passaggi nell’opera dello stesso autore Historia della Riviera di Salò, scritta verso il 1587.
Il cappuccino Mattia Bellintani si servì del materiale dell’Informazione, lo studiò, lo integrò di notizie dei coevi e scrisse un buon libretto, Scrittura della vera origine di Adriano VI, nel quale tramite prove, per alcuni, o congetture, per altri, tese a dimostrare la nascita del papa nel borgo di Salò.
Un’antica iscrizione, posta sul portale della chiesa del borgo dei Santi Nazaro e Celso, ne rivendica la nascita in loco, indicando la successione a papa Leone X, un anno dopo la sua morte: “Adriani VI Po(ntifici) M(aximi) Rentiani Pat(rii) An(no) Post Leone X MDXXII”.
A tal proposito riporto la tesi del sito “Parrocchie di Salò”, senza sposarla e senza bocciarla in modo pregiudiziale, nella consapevolezza però che tali bollettini fanno parte del non plus ultra dell’ecclesiasticamente corretto. In esso si afferma che l’iscrizione fu eseguita nel 1625, durante il restauro della chiesa, e nella stessa chiesa di Renzano c’è una lastra lapidea recante lo stemma pontificio di papa Adriano VI. Si sostiene – forse per eccessivo zelo, o per noncuranza per i retaggi di un territorio che dal 1426 fino al 1797 fece parte della Serenissima Repubblica di Venezia – che Adriano in realtà “era originario di Utrecht”. Aggiungendo che l’iscrizione sul portale sarebbe un falso storico, diffuso dalla famiglia Rampini di Renzano che attribuì alla propria stirpe la paternità del pontefice.
A favore della “vanteria” della famiglia, che si sarebbe gloriata con qualche fondamento del suo papa, viene in soccorso Giacomo Danesi, specializzato in araldica ecclesiastica e civica. Dalle colonne del giornale “Garda Notizie”, lo scorso 22 maggio ha anticipato i contenuti di un suo studio che porterebbero a identificare Adriano VI in Luigi o Lodovico, figlio di Zambono (Giovanni Buono) dè Rampini (o Rampinis), nato a Renzano, borgo del comune di Salò, sul Garda. A supporto della sua ipotesi, Danesi afferma di aver reperito alcuni documenti e si pone una legittima domanda che potrebbe essere anche un indizio: “Non è curioso che [nello stemma di Adriano] ci siano tre rampini e lui si chiamasse dè Rampinis? Il Leone rampante non compare, forse, nello stemma comunale di Salò?”. In araldica si usa il termine inquartato per indicare uno scudo diviso in quarti: nel primo e nel quarto si vedono tre rampini; nel secondo e nel terzo un leone coronato. Due semplici coincidenze? Alla biblioteca dell’Ateneo di Salò (già Accademia degli Unanimi, nata nel 1564) “l’ardua sentenza”… ammonisce in modo pilatesco il sito parrocchiale. In quella sede sarebbe custodita la documentazione a favore o a sfavore dell’ipotesi alternativa.
Comunque sia, “l’ipotesi bresciana” sostiene che il 218esimo papa della Chiesa Cattolica sarebbe stato mandato dal padre a studiare nel convento di fra Francesco Lichetto, nell’Isola di Garda, e poi all’Università di Pavia. Non ci è dato sapere perché, a un certo punto, il genitore fece interrompere al giovane la scuola che frequentava con talento, affinché sposasse una certa Stefana con la quale metterà al mondo una figlia di nome Cornelia.
Successivamente Luigi riprenderà gli studi a Pavia e, contro la volontà paterna, andrà a Parigi, trasferendosi e radicandosi infine in Olanda e cambiando il nome in Adriaan. Studierà a Lovanio, nel Brabante Fiammingo, divenendo in seguito cancelliere e rettore di quell’università. Con la variazione onomastica proseguirà, secondo i suoi iniziali disegni, la carriera ecclesiastica, coltivando quella vocazione che lo farà diventare, anche se per soli 21 mesi, dal 1522 al 1523, Vicario di Cristo in terra e mantenendo di fatto lo stesso nome.
Quando diventò Romano Pontefice, si sparse nella Riviera Salodiana la voce sulla sua origine: un nipote, figlio di un suo fratello, andò a Roma in pellegrinaggio e riconosciuto dal neo eletto ricevette denaro e la preghiera (quasi l’imposizione) di non proferire verbo sulla delicatissima questione. Fra Bellintani a tal proposito annota nel suo manoscritto: “Adriano scriveva di Fiandra a detto Francescho suo nipote, nelle quali l’avisava dell’esser et stato suo, ma con maniera che non potesse da altri esser inteso […] dal che si vede ch’egli, anchora che scrivesse, non voleva però essere conosciuto. Non permetteva che alchuno de’ suoi l’andasse a ritrovare”.
Vissuto lontano dalla curia romana, fu eletto da un conclave al quale non aveva partecipato poiché le scelte opposte dei cardinali, come molte volte è accaduto nella storia, non erano riuscite a imporre il proprio candidato. (A proposito, in una Storia della Chiesa Universale del 1840 per seminari e clero, opera del Barone Henrion, nella trattazione sul conclave che eleggerà Adriaan ho trovato un passaggio in cui si parla di lui come di un uomo “senza natali”.)
La scelta dei porporati cadde a favore di questo stimato teologo, che era stato vicino al trono spagnolo e tutore del futuro Carlo V, da questi in seguito nominato vescovo di Tortosa e inquisitore (di formazione umanista) di Aragona e Navarra, e nel 1518 di Castiglia.
Con Adriano VI la Chiesa visse un’esperienza diversa rispetto al predecessore Leone X (Giovanni di Lorenzo de’ Medici), figura rinascimentale amante come la sua stirpe dell’arte e di una curia dispendiosa e sfarzosa. Egli combatté contro il luteranesimo, e dopo la caduta di Rodi (25 dicembre 1522), insieme a Carlo V, si schierò contro Francesco I, re di Francia, alleatosi con i turchi. Adriano interpretò la “ribellione” di Lutero e il rischio musulmano come eventi di dimensione non solo storica ma anche spirituale, ritenendoli punizioni divine provocate in parte dagli abusi della Chiesa negli anni precedenti.