Conosciuta come “Bhoomi” (maoista), la prigioniera politica Kanchan Narvaware è morta in carcere il 24 gennaio. Forse, in questo momento di aspre lotte dei contadini contro le politiche di “liberalizzazione” (deregulation) dei mercati agricoli, non è solo una coincidenza.
Era stata tra i fondatori e poi dirigente di Deshbhakti Yuva Manch, un’organizzazione di Chandrapur contro cui il governo indiano ha operato sempre molto duramente. Considerandola, a torto o a ragione, come una “organizzazione del fronte”, ossia una vetrina politica del partito comunista maoista clandestino.
Non solo una coincidenza dicevo, visto e considerato che la militante morta all’età di 37 anni era nota soprattutto per avere, già dal 2004, analizzato e quantificato le ripetute ondate di suicidi, per disperazione, di contadini e agricoltori. Da allora, ancora giovane studentessa, era divenuta bersaglio privilegiato della repressione statale.
Una situazione, quella disagiata dei contadini indiani, nel frattempo ulteriormente peggiorata.
Anche la settimana scorsa si erano scontrati con le forze di polizia mettendole in fuga, dopo aver letteralmente invaso il “Forte Rosso” (risalente al XVII secolo) a New Delhi durante l’ennesimo “raduno di trattori”. Altri scontri (con lanci di granate lacrimogene e pesante uso dei manganelli da parte della polizia) erano avvenuti nel corso della giornata quando i manifestanti si stavano dirigendo verso il centro della città.
E non solo loro si rivoltano contro le politiche governative.
Alla fine di gennaio migliaia di insegnanti di Agartala rimasti disoccupati, accampati ormai da quasi due mesi davanti alla sede del governo dello Stato del Tripura, hanno reagito con forza al tentativo della polizia di devastarne le tende per allontanarli. Ne sono stati arrestati oltre 220 e un centinaio sono rimasti feriti. Così come una quindicina di poliziotti.