Risale agli inizi di novembre la nascita di una “Coalizione contro le armi chimiche nel Kurdistan iracheno”, un’ampia iniziativa contro le operazioni militari avviate in aprile da Ankara nel Kurdistan del Sud (cioè oltre le proprie frontiere) e su cui grava il fondato sospetto dell’utilizzo di armi chimiche. L’invasione terrestre e i bombardamenti, almeno ufficialmente, sarebbero volti esclusivamente a colpire le basi del PKK, ma non hanno risparmiato i civili. Alla coalizione, oltre a numerosi sindacalisti, giornalisti, avvocati, docenti universitari, esponenti della cultura, difensori dei diritti umani, hanno aderito alcune organizzazioni britanniche come Peace in Kurdistan, Campaign Against Criminalising Communities e Defend Kurdistan Initiative UK. Unitamente a una delegazione di medici, studiosi, giornalisti e politici nel nord dell’Iraq per visitare di persona i luoghi interessati dal conflitto e incontrare le persone sopravvissute ai gas asfissianti, nei programmi della coalizione sono previsti incontri con i responsabili del PDK (Partito Democratico del Kurdistan, al potere nella regione curda dell’Iraq), dell’UPK (Unione Patriottica del Kurdistan) e del consolato britannico. Un un rapporto finale sarà inoltrato alla sede di Ginevra delle Nazioni Unite.
La coalizione ha rivolto un appello alle istituzioni internazionali – in particolare all’ONU e all’OIAC, l’organizzazione per la proibizione delle armi chimiche – affinché intervengano per fermare tali crimini di guerra. Critiche anche al governo britannico in quanto avrebbe concesso – stando alle dichiarazioni della coalizione – una settantina di licenza per l’esportazione di armamenti che potrebbero aver contenuto fosforo bianco.
La questione era stata sbrigativamente accantonata dal ministro turco della Difesa, Hulusi Akak, negando l’uso di gas chimici e sostenendo che sarebbe stato utilizzato solo spray al peperoncino.
Da parte del PKK, attraverso il membro del comitato esecutivo Murat Karayilan, su SterkTV è arrivata sia una immediata smentita di tali affermazioni, sia la denuncia dell’uso di almeno cinque armi chimiche già individuate. Eccole:
- Un gas nervino conosciuto come sarin (talvolta odorerebbe di frutta: ricordate “l’odore delle mele” percepito dai bambini curdi prima di morire soffocati all’epoca di Saddam?) che congela le cellule nervose provocandone lo stordimento e successivamente la morte.
- Un’altra arma chimica soffocante avrebbe invece contenuto il gas cloropin. Conosciuto anche come “Croce Verde”, venne prodotto e utilizzato della Germania già nella prima Guerra mondiale. Non si esclude che attualmente la Turchia sia in grado di produrlo autonomamente.
- Un altro gas, pure di produzione tedesca e di colore giallo conosciuto come “Croce Bianca”, che brucia letteralmente le persone.
- Non si conosce invece la denominazione di un altro gas utilizzato nel Kurdistan del Sud i cui effetti sono quelli di un generale intorpidimento, la perdita della memoria e una temporanea paralisi.
- E infine l’unico di cui Ankara ha ammesso l’uso: lo spray al peperoncino. Impiegato in genere contro i manifestanti, all’interno dei tunnel il suo utilizzo può comunque risultare micidiale.