Non si può parlare sempre di catastrofe e disgrazie. Per quanto flebile e se pur per il tempo di un attimo, qualche raggio luminoso riscalda le tenebre di questa valle di lacrime. Come “una goccia di luce nel mare opaco e spettrale”.
Questa la buona notizia: l’insegnante curda Zara Mohammadi, se pur tardivamente, è tornata in libertà. La sua colpa? Aver insegnato in curdo ai bambini. Tra le sue prime dichiarazioni fuori dal carcere, quella di aver tutte le intenzione di continuare a farlo.
Cofondatrice e direttrice dell’associazione culturale Nûjîn, da anni Zara era impegnata nel promuovere le attività sociali e solidali della cittadinanza, l’educazione e la cultura tradizionale nella città di Sine (Rojhilat, Kurdistan sotto amministrazione iraniana) e nei villaggi circostanti.
Arrestata nel 2019 dai Guardiani della Rivoluzione, veniva portata in una prigione sotto il controllo dei servizi segreti. Nel 2020 era stata condannata a una pena spropositata anche per i parametri di Teheran: ben dieci anni per aver “costituito un gruppo che tentava alla sicurezza nazionale”.
Successivamente si vedeva ridurre la pena a cinque anni e infine liberata su cauzione. Ma solo per essere nuovamente incarcerata l’anno scorso.
La sua imprevista liberazione anticipata rientra presumibilmente in una generale politica di ammorbidimento della repressione con cui il regime iraniano tenta di disinnescare le proteste e il rischio di una insurrezione. Proteste che comunque continuano sia nelle regioni curde sia nel Belucistan.