Altre brutte notizie per la libertà di stampa. Per le Nazioni Unite il caso del primo giornalista condannato per “sedizione” (in base a una vecchia legge coloniale) nell’ex colonia britannica di Hong Kong rappresenta un fatto gravissimo, un attacco alla libertà di espressione.
Il 26 settembre Chung Pui-kuen (55 anni), ex caporedattore del sito internet in lingua cinese Stand News (molto attivo durante gli eventi del 2019 e definitivamente chiuso nel 2021), è stato condannato dal giudice Kwok Wai-kin a 21 mesi di carcere per “sedizione”. Una norma risalente all’epoca del colonialismo britannico mai abrogata, forse ritenendo che prima o poi potesse tornare utile. Non solo. Mentre originariamente comportava una pena della durata massima di due anni, in marzo veniva potenziata portandola a ben sette anni.
Con ogni evidenza il primo caso del genere da quando nel 1997 l’ex colonia britannica di Hong Kong è ritornata a far parte della Cina (ovviamente ben più numerosi i casi di persone arrestate o costrette all’esilio per le manifestazioni pro-democrazia del 2019).
Tale condanna, una misura repressiva apertamente diretta contro la libertà di espressione, è stata fortemente deplorata dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti dell’uomo. In un comunicato l’Unione Europea ha condannato la sentenza in quanto rischierebbe di “ostacolare lo scambio pluralista delle idee e la libera circolazione delle informazioni”.
Durissima Amnesty International Chine che parla di un autentico “regno della paura”. Lo scopo sarebbe quello di “scoraggiare, dissuadere gli altri abitanti della città da ogni proposito di critica nei confronti delle autorità”.
Critiche prontamente respinte dalle autorità locali e qualificate come dei “tentativi di diffamare Hong Kong”…
Invece un altro giornalista di Stand News, Patrick Lam di 36 anni, ha potuto beneficiare di uno sconto di pena. Secondo il giudice, riportarlo in cella potrebbe “metterne in pericolo la vita” a causa dei suoi problemi di salute. Entrambi i cronisti avevano trascorso un anno in carcere prima di essere liberati su cauzione.
Già nell’udienza di agosto erano stati riconosciuti colpevoli di “complotto finalizzato a diffondere e riprodurre pubblicazioni sediziose”. In aggiunta, il 26 settembre sono stati riconosciuti ulteriormente colpevoli poiché “non svolgevano un vero lavoro giornalistico, ma partecipavano alla cosiddetta resistenza. Schierandosi con i manifestanti per opporsi al governo”.
Come ha specificato nel verdetto il giudice Kwok Wai-kin, “la linea adottata da Stand News era quella di sostenere e promuovere l’autonomia locale di Hong Kong”, diventando quindi “uno strumento per diffamare e denigrare le autorità centrali [di Pechino] e quelle del governo della Regione amministrativa speciale”.
Dato poi che Stand News “contava 1,6 milioni di abbonati [un’aggravante?] i suoi articoli sediziosi devono aver causato danni assai gravi”. Anche se, ha ammesso il giudice “non ho potuto quantificarli”.