In base a meccanismi storico-politici complessi da studiare, ma semplici e addirittura banali nel loro manifestarsi quotidiano, avviene da qualche anno che la sedicente sinistra straveda per il concetto di “censura” (opportunamente rinominata come è costume da quelle parti) laddove la cosiddetta destra (anzi centrodestra, poiché per i media le “destre” sono sempre “estreme”) si batte per la libertà di parola.
Sarà poi vero? Apparentemente, sì. Si potrebbe sottilizzare che siamo di fronte a due schieramenti ormai contrapposti a un livello tale di livore e violenza che difficilmente chiunque dei due rinuncerebbe a silenziare l’altro. Detto in altre parole, in occidente il 99% dei media, delle figure pubbliche, degli intellettuali, delle università, dei social, delle organizzazioni internazionali, sono saldamente in mano a questa cosa che per comodità chiamiamo sinistra, la quale non fa passare (censura) altre narrazioni. Quindi, allorché la controparte (la quale, per inciso, rappresenta almeno il 70% della popolazione) riesce a dire la sua, definisce ciò “libertà di parola”. Forse semplifichiamo troppo, ma se solo la cosiddetta destra avesse qualche potere in più – e a livello anche europeo abbiamo visto che vincere le elezioni non serve – dubito che non applicherebbe essa stessa qualche forma di censura.
Resta oggettivo che sotto Biden i principali social erano sottoposti a una ferrea censura di tipo sovietico/mussoliniano, mentre sotto Trump siamo finiti con Musk che non ammette controlli su Twitter/X e a quell’altro nerd che, con il cappello in mano, ha confessato di aver giocato al piccolo Goebbels per la cricca globalista.

I padroni del globo

Ecco, appunto, finiamola di chiamare la mafia con i nomi delle piccole cosche. La sedicente sinistra (non deve mancare il termine sedicente per una schiera che oggi disprezza i deboli, gli umili, i poveri e le vittime) è solo la rappresentanza nominale di quella parte di popolazione che è antropologicamente più utile alle mire del potere globalista. Tale potere ha un aspetto di tipo economico-filosofico il quale, non solo non c’entra nulla con le trame alla Dan Brown o con il ridicolo complottismo da canale Telegram, ma viene addirittura dettagliato apertamente in testi, libri, progetti, convegni (Bilderberg, Davos, eccetera) le cui linee guida portano di fatto alla sospensione della democrazia elettorale (“il popolo non sa votare”, e questo ogni tanto scappa di bocca anche ai tirapiedi delle sinistre estreme) e alla limitazione di libertà come l’uso del contante (che non può essere tracciato o bloccato) o gli spostamenti (da cui le auto elettriche, i sindaci che boicottano la circolazione dei veicoli privati, eccetera).

Parte fondamentale di questo nazismo 2.0, volto a trasformare donne e uomini in una massa amorfa di consumatori addomesticati (sul tema le descrizioni di Diego Fusaro sono inarrivabili) è la distruzione della civiltà occidentale nel suo senso profondo di cultura, tradizione, spiritualità; partendo dai suoi mattoni antropologici, che sono l’individualità, la specificità sessuale (maschio e femmina, senza sigle), la genitorialità (madri e padri, senza numeri), su su fino alla comunità etnica e – secondo i cosiddetti sovranisti, ma a noi piace meno – allo Stato nazionale.

Credere, obbedire, consumare

Ora, per venire alla notizia che ci preme, consideriamo anche un paio di cose.
Primo, questo “governo” globalista manovra di preferenza gli schieramenti ideologici a cui si rivolgono gli individui più manipolabili, quelli che preferiscono eseguire ordini di scuderia, che abbisognano di un libretto delle istruzioni per decidere cosa dire e cosa fare, che si sentono più sereni in un ambiente preorganizzato dove venire accettati senza polemiche, dove apparire alla moda e potersi autoconvincere di essere belli, colti, intelligenti e superiori alle masse: in una parola, nel “giusto”. Il tutto condito dal brivido di giocare ai rivoluzionari senza correre alcun rischio e soprattutto senza avere alcun potere da combattere e da cui aspettarsi ritorsioni.
Il tour operator offre, nel pacchetto completo, anche il comfort delle statistiche sociologiche: come si legge a ogni piè sospinto, alla congrega aderiscono in percentuale maggiore gli abitanti dei “grandi centri del nord”, di censo superiore e con titoli di studio più elevati. Abbiamo già affrontato l’argomento e confermiamo che queste analisi sono vere, verissime, anzi estremamente logiche: per il semplice motivo che le “grandi città del nord”, dove gli autoctoni sono in via di estinzione, sono ormai popolate da orde di gente problematica, spesso con gravi turbe psicologiche, sradicata dalle culture originarie, con un tasso impressionante di giovani analfabeti funzionali ma dotati di diplomi o lauree. Qualcuno potrebbe affermare brutalmente che le famose ztl sono intasate di babbei arricchiti, un bel campione umano di cui vantarsi…
Tuttavia la dirigenza globalista – immaginiamo – si starà pur accorgendo che i partiti politici incaricati di adescare questa umanità non vincono più le elezioni; e anzi fanno un enorme casino con le superiori direttive ideologiche, in misura tale da disgustare il resto della popolazione e addirittura una fetta dei loro seguaci. Per dire, i loro nonni ideologici li indurrebbero a difendere le donne, mentre il padrone attuale vuole una massa informe e asessuata per la quale il femminismo (quello vero, non le mentecatte con lo striscione “Immigrati difendeteci dai fascisti”) è un rischio.
Ecco quindi la coraggiosissima schermitrice Stephanie Turner rifiutarsi di affrontare un atleta maschio, e due o tre patetici rappresentanti della grande stampa di regime scrivere di “transfobia” dell’americana, laddove la gente normale la ritiene ovviamente nel giusto. E comunque tutte le urla e gli strappamenti di capelli per il patriarcato nostrano devono quietarsi di colpo appena entra in scena il diuturno islamico che stupra/accoltella/strangola una donna, giacché il Grande Reset conta tanto sui maomettani per fare a pezzi il nostro piccolo mondo antico, e donne e trans devono inchinarsi davanti al simbolo più fulgido e intoccabile del progressismo: lo straniero invasore. Che però è anche quello più odiato dalla popolazione.
E, come ripete instancabilmente Luca Ricolfi, tu punta pure sull’immigrazione ma perderai sempre le elezioni.

Secondo la suprema corte di giustizia della Gran Bretagna, esistono solo due sessi: maschile e femminile. Una vittoria soprattutto delle donne, grazie anche alla battaglia in prima persona dalla coraggiosa J. K. Rowling.

Senza contare che alcune cose stanno cambiando (vedi la Supreme Court britannica sui sessi con l’immancabile lutto di Amnesty International) e il globalismo, pur puntando ancora sulla versione sculettante del comunismo, ha bisogno di altri apporti. Qui ce n’è per tutti i gusti: dagli schieramenti europeisti che non si fingono di sinistra ma prendono direttamente i soldi di Soros senza vergognarsi, ai gruppi paleoradicali che si battono come leoni per l’eutanasia (liberarsi dei vecchi e dei malati è un punto fondamentale del programma), alle associazioni di atei organizzati che credono con fede incrollabile nell’inesistenza di Dio, vogliono abolire crocifissi e ore di religione, ma guarda caso non dicono mai mezza parola sulle scuole lombarde chiuse per il ramadan. A proposito, costoro emettono gioiose statistiche per dimostrare che sempre meno persone destinano l’uno per mille alla Chiesa cattolica, ma non passa loro per l’anticamera del cervello che ciò accade proprio perché la Chiesa stessa è diventata un circo equestre in mano ai comuni padroni massonici.

Si chiudono i rubinetti?

In definitiva, se davvero la grande finanza mondiale comincia a pensare di aver puntato su un cavallo cionco, vien da chiedersi quanto a lungo gli ambienti liberali sfuggiranno al reclutamento. Abbiamo più volte fatto notare come compiacere il globalismo – ossia, nella vita reale, fare cose “di sinistra” – sia fondamentalmente un investimento economico. Padri di figlie, traghettatori di risorse, cantanti, organizzatori, registi, climatopatici, sardine, idioti che urlano fascista in un teatro, sindaci maneggioni, autori del duemillesimo libro su Mussolini, tutti, dall’uomo famoso all’ultimo tordo che passa per strada, possono avere il loro momento di gloria e talvolta di introito pecuniario se stanno dalla parte giusta; e tolti Soros e colleghi, adesso sappiamo finalmente che gran copia di questo ben di Dio proveniva da UsAid.
Ma ora che il poderoso rubinetto americano è stato chiuso, converrà ancora trasformarsi in clown per rimediare un finanziamento?

Torniamo alla censura

Le domande di cui sopra mi ronzavano nel cervello da giorni, mentre mi chiedevo perché una testata antiautoritaria come “Libero” e un direttore fissato con la libertà di parola e di pensiero come Daniele Capezzone si fossero imbarcati in una delle più sgradevoli opere di censura nella storia del giornalismo. Mi riferisco a un fatto tanto clamoroso quanto completamente taciuto da tutte le altre testate anche avversarie (il che la dice lunga): la cancellazione dal portale online di tutti gli articoli di Andrea Cionci, qualcosa come un migliaio (un migliaio!) di interventi su un argomento di fondamentale portata, cioè la finta rinuncia al papato di Benedetto XVI e il conseguente stato di “antipapa” di Bergoglio.

Adesso non voglio né descrivere né discutere i contenuti di questa sterminata inchiesta, per i quali – non esistendo più su “www.liberoquotidiano.it” – rimando al libro di Cionci Codice Ratzinger e al suo canale YouTube. Dell’inchiesta stessa, più del suo indubbio valore mi interessa qui il contorno censorio di cui si parlava dall’inizio. Perché ben prima di arrivare al misfatto di “Libero”, l’indagine monumentale sul papato è stata completamente ignorata da tutte le testate ufficiali, nonché da tutti i vaticanisti, compresi quelli che detestano Bergoglio e lo ritengono chi un eretico, chi un massone, chi un semplice buffone.
Ignorare non significa censurare, è vero. Ma quando un giornalista investigativo di alto livello ti porta negli anni decine di indizi (in alcuni casi a me personalmente sembrano prove a tutti gli effetti) a indicare che Ratzinger, costretto da indovina-quali-poteri a farsi da parte, ha “truccato” le dimissioni in modo da rendere formalmente Bergoglio un usurpatore; quando all’inchiesta partecipa un’illustre schiera di latinisti, storici, avvocati e canonisti; quando stimati sacerdoti si alzano e dichiarano dal pulpito di non riconoscere Francesco come il vero pontefice, pronti a patirne le conseguenze e le astiose vendette; quando Cionci raccoglie decine di migliaia di firme per petizioni da inviare alle massime autorità della Chiesa, e addirittura viene convocato dal promotore di giustizia della Città del Vaticano; quando avviene tutto ciò e tu, giornale, rivista o sito dei miei stivali, riesci a scrivere dieci articoli su Fedez e non mezza parola su questi fatti, allora stai matematicamente censurando la notizia. O meglio, visto che ti autodanneggi cestinando un argomento succoso, è altrettanto matematico che hai ricevuto l’ordine di non parlarne.
Perché non una delle testate italiane ha mai lasciato trapelare nulla su questa inchiesta, nulla, e l’unica da cui in qualche modo è nata l’ha fatta sparire.

Post scriptum

La nostra filippica avrebbe potuto terminare qui, ma nelle ultime ore è saltato fuori un bel filmato in cui si vede il direttore Capezzone arringare un teatro pieno come un uovo al grido di “viva la libertà di parola, viva il libero pensiero, no alla censura”. Siamo nel 2018, l’uditorio è formato da massoni e lui è lì per ricevere dal Grande Oriente d’Italia l’onorificenza Galileo Galilei, “la massima onorificenza massonica destinata a personalità che non appartengono alla Comunione”.
L’inchiesta denominata Codice Ratzinger rivela che il Vaticano dal 2013 è in mano a un manipolo di massoni, di gnostici determinati a distruggere la Chiesa (e come possiamo vedere, ci stanno riuscendo). 
L’inchiesta denominata Codice Ratzinger viene fatta sparire dagli archivi di una testata diretta da un giornalista premiato dai massoni.
I due fatti, ovviamente, non hanno alcuna relazione.