Leggende delle Alpi Lepontine

Aurelio Garobbio, Leggende delle Alpi Lepontine, De Piante Editore, Milano 2025, 18 euro.

Gli dèi, di cui con scaramantica commozione abbiamo cantato la fine, non sono mai morti. Le ombre alludono a un convegno di ninfe; tra le crepe di un muro s’immerge e copula un dio lucertola; gli sciacalli della luce rincorrono ancora i draghi. Tutto è rivelazione; a patto di saperne riconoscere i segni, le unghiate. Nell’Ossola abitano i folletti; presso la Cima di Cugn vaga l’enigmatica Bianca Signora; nella valle dell’Isorno sguazzano orde di driadi che “attirano i giovani cantando”…
Aurelio Garobbio fa ciò che hanno fatto poeti e studiosi del secolo scorso, da Thomas S. Eliot a Cesare Pavese, da Aby Warburg a Robert Graves, da Borges a Hilman: rintraccia le vestigia del fato. I luoghi esistono in virtù del mito che li determina, del dio che è lì interrato. D’altronde, quando perdiamo il potere dei nomi, delle storie – rispetto alla Storia, futile dramma – siamo davvero perduti, inerti vagabondi su un pianeta anonimo.
Studioso delle tradizioni delle regioni alpine lombarde, l’autore presenta le affascinanti leggende delle Alpi Lepontine, che spaziano in un’area che va dal Lago Maggiore al Lago di Lugano, dal Lago d’Orta alle vallate del Toce e dell’alto Ticino, per arrivare al Lago di Como e di Lecco. In questi racconti di streghe, fate, giganti ed esseri misteriosi, la realtà e l’immaginazione si fondono per dare luogo a preziosi insegnamenti e morali da tramandare.