La dichiarazione del 13 ottobre scorso, secondo la quale Hamas ha ricevuto dagli americani il permesso di condurre operazioni di sicurezza a Gaza, rappresenta un errore strategico catastrofico che mina l’obiettivo di estromettere l’organizzazione terroristica dal governo della Striscia. L’affermazione di Trump di aver fornito loro “l’approvazione per un periodo di tempo” per affrontare l’illegalità, contraddice il principio fondamentale del suo stesso piano di pace in 20 punti: Hamas non deve avere alcun ruolo – diretto, indiretto o in alcuna forma – nella futura governance di Gaza. Mentre i restanti 19 punti del quadro continuano a essere negoziati e attuati, la legittimazione prematura del ruolo di Hamas nella sicurezza ne garantisce virtualmente la completa ricostituzione.
L’imperativo strategico rimane invariato: dare potere alle strutture claniche di Gaza, che rappresentano il 72 per cento dei 2,3 milioni di residenti attraverso 608 mukhtar (organi di comando tribale) registrati e sei importanti confederazioni beduine, per colmare il vuoto di governo mentre Hamas viene sistematicamente rimosso.
Un grave errore di calcolo
La parziale distruzione dell’infrastruttura militare di Hamas ha creato quella che dovrebbe essere un’opportunità unica per una radicale ristrutturazione della governance. Eppure, come dimostra il cessate il fuoco mediato dagli Stati Uniti, Hamas è sopravvissuta come entità organizzativa nonostante il degrado militare, conservando circa il 10-15% del suo arsenale missilistico, mantenendo la sua leadership esterna a Doha e preservando la sua struttura di comando militare sotto la guida di Izz al-Din al-Haddad. Il reclutamento di 15.000 nuovi combattenti da parte dell’organizzazione durante la guerra, secondo le valutazioni dell’intelligence statunitense, significa che essa affronta questo periodo di transizione con risorse umane rinnovate, smaniose di dimostrare impegno per la causa.
L’offerta di amnistia del 13 ottobre da parte del ministero degli Interni di Hamas ai membri delle gang che si arruolino nelle sue forze di sicurezza, rivela la strategia finalizzata a una rapida ricostituzione. Ogni individuo che accetta l’amnistia diventa un agente di Hamas, espandendo la rete di intelligence e il controllo territoriale dell’organizzazione con la legittima copertura del mantenimento dell’ordine pubblico. Gli scontri in corso nei quartieri di Sabra e Shuja’iyya tra le forze di Hamas e gruppi indipendenti dimostrano che Hamas non sta prevenendo l’illegalità, ma eliminando sistematicamente le alternative alla sua autorità.
La giustificazione di Donald Trump, secondo cui “il ritorno di quasi due milioni di persone negli edifici distrutti” richiede misure di sicurezza immediate, è una diagnosi totalmente errata del problema. Il vuoto di sicurezza esiste proprio perché il controllo totalitario di Hamas ha impedito lo sviluppo di strutture di potere alternative in 18 anni di governo. Colmare questo vuoto con la stessa organizzazione che lo ha creato – anche temporaneamente mentre vengono negoziati altri punti dell’intesa – garantisce il perpetuarsi della patologia di fondo che ha portato al 7 ottobre.
Capacità comprovata dei clan
L’attacco di Hamas contro Israele nell’ottobre 2023 ha messo in luce una verità fondamentale sull’architettura sociale di Gaza: il controllo di Hamas ha mascherato, ma non eliminato, i più profondi sentimenti tribali. Quando le forze israeliane hanno offerto opportunità di collaborazione a 12 importanti clan all’inizio del 2024, 11 la hanno rifiutata non per un impegno ideologico nei confronti di Hamas, ma per un calcolo di sopravvivenza davanti a un futuro incerto. Ciò dimostra sia l’autonomia strategica dei clan sia il loro potenziale come attori razionali, capaci di prendere decisioni pragmatiche basate su incentivi mutevoli.
L’emergere di efficaci forze di sicurezza basate sui clan durante il conflitto fornisce una prova concreta della loro capacità. Le Forze Popolari di Yasser Abu Shabab, con 400 combattenti, hanno assicurato con successo corridoi umanitari per sei mesi consecutivi. La Forza d’Attacco Antiterrorismo di Hossam al-Astal ha dimostrato la capacità di sgomberare i quartieri dalle cellule di Hamas mantenendo nel contempo la protezione dei civili. Quando l’Unità Freccia di Hamas ha tentato di riaffermare il controllo nell’ottobre 2025, i combattenti del clan al-Mujaida, appoggiati dalle forze di al-Astal e dalla copertura aerea israeliana, hanno respinto con successo l’attacco. Questi risultati sono stati ottenuti nonostante le risorse minime e le continue intimidazioni di Hamas, dimostrando cosa si riesca a ottenere con un adeguato supporto.
In marzo, il successo delle forze dei clan nel proteggere i convogli del World Food Programme diretti ai magazzini di Gaza City, ponendo fine a mesi di saccheggi sistematici, dimostra la loro capacità di fornire la sicurezza concreta di cui la popolazione di Gaza ha disperatamente bisogno. A differenza di Hamas, le cui misure di sicurezza sono sempre state funzionali a obiettivi militari, le forze tribali si concentrano sulla protezione delle attività economiche e delle operazioni umanitarie che avvantaggiano direttamente le loro comunità.
Fondamenti economici
Il controllo dei clan sull’attività economica di Gaza attraverso reti commerciali consolidate, aziende agricole e relazioni commerciali, li rende attori indispensabili nella ricostruzione. I membri della confederazione Tarabin a Gaza, in Egitto e in Giordania forniscono reti commerciali transfrontaliere essenziali per la ripresa economica. I clan della confederazione Tayaha, che controllano i territori orientali, offrono competenze agricole cruciali per la sicurezza alimentare. I membri del clan Barbakh, impegnati nel commercio, rappresentano una capacità imprenditoriale che nessun comitato tecnocratico potrebbe eguagliare.
Queste reti economiche si sono evolute attraverso sette secoli di dominio esterno – ottomani, britannici, egiziani, israeliani, Autorità Nazionale Palestinese e Hamas – adattandosi a ciascun regime pur preservando le funzioni commerciali fondamentali. A differenza dei movimenti ideologici che subordinano la razionalità economica agli obiettivi politici, i clan operano su calcoli pragmatici in cui la prosperità prevale sull’ideologia. Quando i fondi per la ricostruzione affluiscono, i leader dei clan danno priorità a progetti che creano lavoro per i loro membri e sviluppano i loro territori piuttosto che prepararsi al prossimo scontro militare.
La realtà precedente al 2023, in cui i tunnel controllati dal Dughmush fornivano beni distribuiti dalle reti Tarabin, dimostra che gli incentivi economici possono superare le rivalità tradizionali quando esiste un vantaggio reciproco. Questa cooperazione pragmatica, impossibile nel quadro ideologico di Hamas, diventa il fondamento per uno sviluppo economico sostenibile che serva alle esigenze della popolazione piuttosto che alle narrazioni della resistenza.
Capacità amministrativa
Il periodo 2007-2011 ha dimostrato l’efficacia dell’integrazione delle strutture claniche nella governance ufficiale. L’Amministrazione Generale per gli Affari dei Clan di Hamas ha incorporato con successo 608 mukhtar e istituito 41 comitati di riconciliazione, dirimendo oltre 19.000 controversie fino al 2010. Ciò dimostra come tali strutture possano funzionare all’interno di moderni quadri amministrativi, se opportunamente organizzate. La differenza fondamentale ora sta nell’orientare queste entità verso una governance costruttiva piuttosto che verso il supporto alle infrastrutture terroristiche.
I 320 mukhtar registrati nel 2011, organizzati in giurisdizioni familiari, tribali e territoriali, mantenevano una conoscenza approfondita delle affiliazioni politiche, delle attività economiche e delle dinamiche sociali delle loro comunità. Questa capacità di intelligence pervasiva, sviluppata nel corso delle generazioni, surclassa le possibilità di qualsivoglia comitato tecnocratico esterno. Il ruolo tradizionale dei mukhtar nella risoluzione delle controversie ha permesso loro di gestire il 70-90% delle vertenze al di fuori delle strutture dei tribunali ufficiali durante il periodo di transizione.

Un precedente storico testimonia la capacità amministrativa dei clan. La riuscita amministrazione del Comune di Gaza da parte di Sa’id al-Shawwa, dal 1906 al 1916, ha combinato l’autorità tradizionale con una governance moderna, costruendo ospedali, scuole e infrastrutture, mantenendo nel contempo l’ordine pubblico attraverso le reti dei clan. Le famiglie più in vista di Gaza, come gli Abd al-Shafi e i Rayyes, nonostante le perdite subite in guerra, hanno ancora reti di professionisti – medici, avvocati, ingegneri, educatori – che possono ricoprire posizioni tecniche, mantenendo allo stesso tempo una legittimità del clan che i tecnocrati stranieri non riuscirebbero mai a raggiungere.
Prevenire la frammentazione
I critici avvertono giustamente che dare potere ai clan rischia di creare signori della guerra in competizione tra loro, frammentando Gaza in feudi ostili. Questa preoccupazione impone un atteggiamento prudente, ma non dovrebbe portare a una paralisi quando l’alternativa è la ricostituzione di Hamas. La chiave sta nel creare meccanismi istituzionali che canalizzino costruttivamente la competizione tra clan, prevenendo tuttavia una frammentazione distruttiva.
Il quadro normativo dovrebbe imporre operazioni congiunte tra clan per tutte le principali iniziative di sicurezza e ricostruzione, impedendo a un singolo gruppo di raggiungere il predominio.
Le famiglie più importanti, tra cui Astal, Sikik e Abu Warda a Khan Yunis, devono collaborare nell’amministrazione del governatorato. I vari territori dei clan di Gaza City richiedono una gestione coordinata. Questa collaborazione forzata, inizialmente mantenuta attraverso la supervisione militare israeliana, dovrebbe incoraggiare abitudini di collaborazione che persisteranno con la diminuzione del controllo esterno.
L’integrazione economica costituisce il baluardo più solido contro la frammentazione. Ogni progetto di ricostruzione dovrebbe richiedere lavoratori provenienti da territori appartenenti a più clan. Le catene di approvvigionamento devono deliberatamente oltrepassare i confini tradizionali, mentre le licenze commerciali dovrebbero imporre partnership multi-clan. L’entità del bilancio per la ricostruzione – probabilmente superiore ai 50 miliardi di euro – fornisce risorse sufficienti a rendere la cooperazione più redditizia del conflitto. La Palestine Scholars’ League di Hamas ha dimostrato come i quadri istituzionali possano incanalare le energie competitive, passando da 20 membri che gestivano 1000 casi nel 2004 a 500 membri che gestivano 13.408 casi nel 2010.
L’esercito israeliano, in qualità di attuale garante della sicurezza, deve mantenere un chiaro controllo gerarchico durante il periodo di transizione. Le milizie dei clan operano sotto la supervisione israeliana, impedendo azioni autonome e rafforzando le capacità di coordinamento. Questa disposizione temporanea, sebbene imperfetta, fornisce la stabilità necessaria per lo sviluppo istituzionale, impedendo sia la ricostituzione di Hamas sia la guerra tra clan.
Il fallimento dei modelli alternativi
La totale inadeguatezza dell’Autorità Nazionale Palestinese la rende irrilevante per le esigenze immediate di Gaza. Le sue forze di sicurezza non sono riuscite a impedire il colpo di stato di Hamas del 2007, nonostante l’addestramento all’estero e le attrezzature. Il suo apparato amministrativo rimane profondamente corrotto, con gli aiuti internazionali sistematicamente dirottati verso l’arricchimento personale piuttosto che verso il servizio pubblico. Il presidente Abbas, a 89 anni e al suo ventesimo anno di mandato quadriennale, non gode di alcuna legittimità a Gaza.

Un’amministrazione internazionale senza partner locali richiederebbe un massiccio dispiegamento militare che nessun Paese sarebbe disposto a fornire. Il comitato tecnocratico previsto dal piano Trump, pur essendo teoricamente attraente, non ha la capacità di far rispettare le regole senza forze armate fedeli alla sua autorità. I tecnocrati possono consigliare e pianificare, ma non possono obbligare al rispetto delle regole una popolazione che le considera imposizioni straniere prive di legittima autorità.
L’esperienza israeliana con le Leghe di Villaggio negli anni ‘80 fallì poiché tentò di creare strutture di governo artificiali anziché lavorare con l’organizzazione sociale esistente. L’opportunità attuale è fondamentalmente diversa: ai clan non viene chiesto di collaborare contro un movimento di resistenza popolare, bensì di sostituire un’organizzazione terroristica che ha portato una distruzione senza precedenti a Gaza. Questa distinzione modifica sia i calcoli morali sia quelli pratici che i leader dei clan devono affrontare.
Il periodo di transizione
Il periodo attuale, mentre i restanti 19 punti del quadro sono in fase di negoziazione, rappresenta un gravissimo rischio che Hamas si ricostituisca. L’organizzazione sfrutterà il suo ruolo temporaneo di “poliziotto” per rinvigorire le capacità che hanno richiesto due anni di guerra per essere indebolite. Il successo si otterrà soltanto riconoscendo che l’estirpazione di Hamas è un processo graduale che richiede una pressione continua, piuttosto che un accomodamento prematuro che consenta la sua ricostituzione.
Le operazioni militari israeliane devono continuare a colpire le infrastrutture e la leadership di Hamas, nonostante le restrizioni del cessate il fuoco. Sebbene le operazioni su larga scala siano terminate, devono persistere gli attacchi mirati contro i comandanti di Hamas che organizzano le forze di sicurezza, gli specialisti di armamenti che ripristinano gli arsenali e gli operatori politici che ricostituiscono le reti di comando. Il messaggio deve essere inequivocabile: i membri di Hamas che conducono operazioni di “sicurezza” rimangono obiettivi militari legittimi, indipendentemente dalle dichiarazioni americane sull’approvazione temporanea.
Le forze dei clan richiedono un immediato rafforzamento delle capacità, anche mentre Hamas conduce operazioni di sicurezza parallele. I consiglieri militari israeliani dovrebbero integrarsi nelle milizie dei clan, fornendo addestramento, intelligence e supporto alla pianificazione operativa. Attrezzature di comunicazione, veicoli e armi difensive devono essere forniti immediatamente. Ancora più importante, il pagamento regolare degli stipendi ai combattenti dei clan deve superare qualsiasi offerta di Hamas, creando incentivi economici alla lealtà verso i clan che permangano indipendentemente dagli sviluppi politici.
L’84% dei gazawi che si fidano del diritto consuetudinario rispetto ai tribunali ufficiali, mostrano una netta preferenza per le strutture di autorità familiare rispetto alle imposizioni straniere. Questa realtà sociale implica che la governance dei clan goda di una legittimità intrinseca che né l’estremismo di Hamas né la tecnocrazia internazionale possono eguagliare. La sulha, il tradizionale sistema arabo di risoluzione delle controversie, con le sue procedure consolidate per i negoziati di tregua, gli accordi di compensazione e la responsabilità pubblica, fornisce meccanismi di superamento dei conflitti che mantengono la coesione sociale e risolvono una quantità di problematiche civili.
La strada da seguire
L’obiettivo a lungo termine di estromettere completamente Hamas da Gaza rimane raggiungibile nonostante gli attuali ostacoli, ma richiede disciplina strategica e un’attuazione metodica nel corso di anni, non di mesi.
Come priorità immediata, bisogna impedire ai terroristi di tradurre il loro ruolo di sicurezza in un’autorità permanente. Per ogni giorno che Hamas gestisce posti di blocco e pattuglia le strade, sale di un gradino quella legittimità che due anni di guerra avrebbero dovuto distruggere. I negoziati quadro devono stabilire tempi chiari e applicabili per il trasferimento delle responsabilità di sicurezza da Hamas alle strutture dei clan, con parametri di riferimento specifici e conseguenze per il mancato rispetto. Un linguaggio vago sui “periodi di transizione” fornisce ad Hamas l’ambiguità necessaria per trasformare l’accomodamento tattico in vittoria strategica.
L’architettura clanica di Gaza rappresenta l’unica alternativa palestinese praticabile in grado di garantire sicurezza immediata, capacità amministrativa e gestione economica senza estremismi ideologici. Il loro profondo radicamento nel tessuto sociale di Gaza, la comprovata capacità operativa durante il conflitto e l’orientamento pragmatico alla prosperità piuttosto che alla resistenza perpetua li rendono partner indispensabili per prevenire la rinascita di Hamas. La comunità internazionale deve superare il proprio disagio nei confronti delle strutture di autorità tradizionali e riconoscere che, nell’attuale realtà di Gaza, la scelta non è tra soluzioni ideali e di compromesso, ma tra obiettivi gestibili con la governance dei clan e una catastrofe garantita con la ricostituzione di Hamas.
Il costo del fallimento si estende oltre i confini di Gaza. Se Hamas riuscirà a trasformare il suo ruolo temporaneo di sicurezza in un’autorità permanente, il precedente avallerà il terrorismo come strategia vincente a lungo termine per qualsiasi organizzazione in grado di sopravvivere alla pressione militare.












