Non si sono visti i Druidi entrare nei boschi per onorare e santificare gl Dei; non c’erano le orde di rudi guerrieri con le chiome gessate che battevano le proprie spade sui lunghi scudi, né sui carri donne dalle chiome fluenti che incitavano alla battaglia con canti armoniosi accompagnati dal suono delle arpe; ed infine nessuno dei capi Clan o eroe di essi è giunto per santificare il patto d’alleanza fra tribù o per scontrarsi, come l’usanza vuole, per togliere dal bollente caldron comunitario il pezzo di cibo più ambito.
Niente di tutto questo è accaduto in questa estate del 1982 in Bretagna, al Festival Interceltico di Lorient, svoltosi dal 6 al 15 agosto. Festival che da circa un decennio ormai riunisce annualmente l’espressione culturale e musicale delle Nazioni Celtiche. Dieci giorni di festa, 150 manifestazioni di cultura, sport, musica, cinema, nonché la presenza di circa 1000 persone suddivise tra musicisti e danzatori che hanno dato vita a questo entusiasmante Festival, dove i discendenti delle popolazioni celtiche ritrovano quell’unità nazionale che è riuscita, nonostante tutto, a sopravvivere nei secoli di fronte all’oppressione psicologica e culturale di altri popoli invasori.
I nuovi Asterix ritrovano nel mantenimento delle loro tradizioni, ed in particolare della loro lingua (il gaelico di ceppo “q” parlato da Irlandesi, Scozzesi e dagli abitanti delle Isole di Man; e quello di radice “p” parlato da Gallesi, Bretoni, Cornici; e, non ultimo, il Galiziano), quel cemento necessario che sta alla base della loro unità nazionale.
Durante i dieci giorni del Festival si sono susseguiti in ogni angolo della città concerti, rappresentazioni teatrali in lingua madre, danze e, in particolare, proiezioni di film e competizioni sportive. Bisogna confessare, però, che tutto viaggiava spesso su binari paralleli, nel senso che tra la manifestazione particolare dell’espressione naturale della tradizione, esisteva anche lo spettacolo ad uso e consumo turistico. Questo comunque non ne ha sminuito il valore. Indubbiamente il senso dell’unità nazionale si è espresso maggiormente negli spettacoli musicali dove i testi, spesso cantati in lingua e le musiche delle decine di gruppi presenti l’hanno fatta da padrone. I gruppi che hanno partecipato – citiamo qualche nome tra i più famosi, quali Tri-Yann, Brenda Wotton, SonerenDu, Oisin, Dealan Dartha, Alan Stivell – hanno presentato le varie forme musicali della tradizione, ponendo sì, al primo posto la composizione autenticamente folk, ma senza negarsi alle nuove tendenze e proponendo vari esperimenti che si districavano tra il jazz, il rock e non ultima la musica classica (si pensi alla composizione di Shawn Davey “Brendan’s Voyage” con la partecipazione di un virtuoso di cornamusa irlandese quale è Liam O’Flynn).
Inoltre, al di fuori degli spazi ufficiali la musica si è ascoltata nei pub e per le strade, eseguita da ignoti ma mirabili musicisti che hanno creato quell’atmosfera da grande festa veramente popolare.
Abbiamo detto che, oltre alla musica, varie altre sono state le forme delle manifestazioni culturali: tra le più interessanti, forse, le gare di poesia che ricordano le famose “Competition di Bardi” dei secoli scorsi, e le varie conferenze sulla storia e la cultura dei paesi celti. Tali seminari si sono svolti grazie alla collaborazione di vari istituti di storia e cultura popolare, specialmente bretoni e scozzesi.
Degna di particolare attenzione la rassegna cinematografica dove, per la prima volta, sono stati proiettati lungometraggi che spaziavano tra il film documentaristico e quello storico-leggendario; oppure filmati sulla vita dei contadini nelle campagne irlandesi o sulla condizione degli ultimi nomadi delle Highland scozzesi. Non ultime, infine, le competizioni sportive che hanno evidenziato un tipo di attività agonistica legata alla vita quotidiana della società rurale.
Il punto centrale del Meeting Nazionale Celtico si è sviluppato con la grande parata dei paesi partecipanti: i vessilli di Scozia, Irlanda, Galizia, Cornovaglia, Bretagna, Galles e delle Isole di Man sono sventolati tutti insieme, seguiti da una moltitudine di gente con i costumi tradizionali dei propri villaggi e accompagnati dal suono delle cornamuse e delle ghironde: a conferma, ancora una volta, di un’unità culturale che sopravvive al tempo.
La città di Lorient ha vissuto un fenomeno culturale inusuale rispetto ai soliti eventi di massa presenti nei paesi europei. Il divertimento, la musica, l’idromele e la birra hanno completato questo enorme meeting che, tra l’altro, non ha mai tralasciato di menzionare e di ripuntualizzare il “chi siamo noi?” dell’autonomia culturale e sociale di un popolo il quale, se pur diviso dai confini degli stati ufficiali, non ha voluto dimenticare la sua matrice storica e la sua realtà nazionale.
A questo punto possiamo solo concludere invitandovi con il bicchiere levato al prossimo Folk Festival di Lorient, fosse solo per testimoniare che, pure per noi Padani, esistono le stesse radici di quei popoli. Kenavò, arrivederci!
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Giancarlo Nostrini ha rivolto qualche domanda al signor Muski, presidente degli “sport celtici” presenti al Festival di Lorient.
Che cosa sono gli sport celtici e qual è la loro origine?
Gli sport vengono praticati prevalentemente da contadini e operai; sono fondamentalmente giochi di forza legati alla vita e al lavoro dei contadini nella campagna: pensate al popolarissimo tiro con la fune che è diffuso in tutta l’Europa, oppure al lancio del tronco che, se pur simile a quello scozzese, differisce sostanzialmente perché, se per gli scozzesi ciò che conta è la lunghezza del lancio, da noi in Bretagna si considera la quantità di peso alzata e lanciata. Tra l’altro questa usanza del lancio del tronco, almeno per noi, si rifà ad una tradizione religiosa del XIX e dei XVIII secolo la quale, allorché due comunità si incontravano durante le processioni, richiedeva che i portavessilli religiosi e di villaggio si mettessero in competizione fra loro per assegnare a chi per primo si dovesse lasciare il passo. Un altro tipo di competizione è la corsa dei sacchi: non si pensi all’usuale corsa famosa in qualsiasi paese, bensì ad una gara dove gli uomini, “rievocando il tempo in cui i contadini portavano il grano a macinare nei mulini’’ corrono con sacchi da 60 kg. di frumento sulle spalle percorrendo degl’itinerari ad ostacoli; altri ancora sono il lancio della balla di paglia fatto con il forcone, oppure — nel tempo di tre minuti — sollevare più volte l’asse di un carro da traino senza ruote. Insomma, tutti sport che dimostrano il legame con lo sforzo del lavoro nella vita quotidiana.
Esiste anche la lotta bretone: che cosa è e che diffusione hanno questi sport tra la gente?
La storia della lotta bretone si perde nella notte delle vicende del nostro popolo; sappiamo solo di preciso che essa è uguale a quella praticata in Cornovaglia, e voi saprete bene che i Bretoni giunsero nella penisola Armorica con la seconda emigrazione dall’isola di Albione, l’attuale Inghilterra, in particolare dalla Cornovaglia. Inoltre, per noi Celti il mito della forza fisica nel senso di competizione sportiva fra i migliori di noi non è solo cosa da leggenda, ma è ancora oggi una piacevole — anche se non diffusa — realtà. La lotta bretone, comunque, oggigiorno ha subito varianti sul piano tecnico e dell’arbitraggio, evidentemente al passo con la civiltà odierna e con gli altri sport. La sua diffusione, come per gli altri sport citati, dopo una crisi profonda occorsa nel secolo scorso va via via aumentando, e ci fa piacere che molti giovani inizino questo tipo di attività; considerando tra l’altro che esse non sono sicuramente mezzi per lauti guadagni, visto lo spirito dilettantistico che caratterizza questi sport.
Un’ultima domanda, Mr Muski: possiamo considerare l’annuale ritrovo sportivo di Lorient una vera olimpiade celtica?
Non ci sono dubbi!