Sarà presentato mercoledì 24 maggio, alle ore 17, presso lo Spazio Archeologico Sotterraneo del Sas a Trento, il saggio Celti e Reti. Interazioni tra popoli durante la seconda età del ferro in ambito alpino centro-orientale, di Rosa Roncador. All’incontro interverranno Franco Marzatico dirigente della Soprintendenza per i beni culturali della Provincia Autonoma di Trento, Franco Nicolis direttore dell’Ufficio beni archeologici e Simona Marchesini coordinatore scientifico di Alteritas – Interazione tra i popoli.

Informazioni:
Provincia autonoma di Trento
Soprintendenza per i beni culturali
Ufficio beni archeologici
tel. 0461/492161
uff.beniarcheologici@provincia.tn.it

 

rosa roncador celti e reti - museo-retico
Museo Retico. A sinistra, bronzetto in forma di pugile da Cles Campi Neri, V-IV secolo a.C. A destra, bronzetto di cavaliere da Sanzeno, V secolo a.C.

 

Il libro

Rosa Roncador, Celti e reti, BraDypUS, Roma 2017, 366 pagine.

Il volume presenta lo studio di alcune tipologie di oggetti tipo La Tène rinvenuti in ambito alpino centro-orientale ed è finalizzato a una migliore comprensione della complessa rete di rapporti instauratisi tra le popolazioni celtiche, stanziate non solo in territorio centro-europeo ma anche — a partire dal IV sec. a.C. — in ambito padano, e le popolazioni alpine, note dalle testimonianze degli autori greci e romani, con il nome di reti. Mentre gli storici antichi propongono anche per questo territorio lo stereotipo secondo il quale, il popolamento di una regione si formava conseguentemente a una migrazione oppure in seguito alla cacciata delle popolazioni preesistenti, l’archeologia e l’epigrafia rivelano un quadro più complesso e articolato. L’analisi crono-tipologica degli elementi dell’armamento (spade, foderi, elementi del sistema di sospensione, umboni di scudo, elmi e cuspidi/puntali di lancia), degli oggetti di ornamento (fibule, collari, braccialetti, cinture e anelli), di produzioni artistiche (dischi, bronzetti, placchette e raffigurazioni su armi e oggetti d’ornamento), di vasellame ceramico e metallico (vasi, situle e ciste), di instrumenta (falci) e di monete ha evidenziato le profonde interazioni tra celti e reti avvenute sin dalla fine VI – inizi V sec. a.C. fino al processo di romanizzazione (II sec. a.C.). Se nel VI/V sec. a.C. la presenza di alcuni oggetti di alto rango (ad esempio fibule, situle di bronzo, placchette e bronzetti votivi) sembrerebbe testimoniare contatti tra i livelli più alti della società, a partire dal IV sec. a.C., si assiste alla diffusione più generalizzata di numerosi elementi dell’armamento da mettere in relazione con gli spostamenti di popolazioni noti come “migrazioni celtiche”. Questi contatti sfociano, a livello materiale, nella produzione, soprattutto per quanto riguarda gli oggetti d’ornamento, di prototipi locali ispirati a modelli lateniani che vengono però fortemente rielaborati. Si creano così modelli ibridi particolarmente diffusi nel corso del III sec. a.C. Con la graduale romanizzazione dei territori della Padania, occupati in gran parte da tribù celtiche, si forma nel II sec. a.C., la cosiddetta “koiné gallo-romana” mentre a nord delle Alpi nasce la “civiltà degli oppida”: è con queste due entità che il mondo alpino centro-orientale interagisce fino alla sua completa assimilazione da parte dell’impero romano.