La Provenza e la Catalogna hanno avuto una lunga storia in comune perché la stessa nobile famiglia, i conti di Barcellona, ha governato i due Paesi per più d’un secolo nel medioevo, e in qualche modo sembra avere esportato – o, come vedremo, importato – la sua simbologia.
Senza prove inoppugnabili, ché studiare la storia delle casate e dei loro vessilli è materia (arcana) per gli studiosi d’araldica, ho provato, umilmente a illustrare l’origine del blasone “sangue e oro” (in linguaggio araldico Or à quatre pals de Gueules) disputato tra barcellonesi e provenzali.
In campo due, forse tre versioni di differente origine.
Origine catalana
La Senyera Reial, considerata uno dei più antichi blasoni d’Europa, è il nome della bandiera catalana e logo ufficiale della Generalitat di Catalogna: ha righe rosse e gialle orizzontali, secondo l’uso medievale. Essa riconduce alla storia della Corona d’Aragona, territorio che univa i regni dei sovrani d’Aragona e quelli della contea di Barcellona.
Da qui partono due letture differenti che portano subito a una prima versione sui generis, vale a dire l’obbedienza dei conti di Barcellona nei confronti della Santa Sede. Si tratterebbe della mutazione degli antichi colori dello Stato Pontificio, giallo e rosso (meglio ancora: amaranto e rosso), colori del Senato e del Popolo romano sostituiti nel 1808 da papa Pio VII durante l’occupazione napoleonica.
C’è soprattutto una versione che racconta come l’11 agosto 897 l’imperatore Carlo il Calvo sul campo di battaglia sarebbe entrato nella tenda del cavaliere Guilfred o Guifré el Pilos (italianizzato in Goffredo il Villoso), capostipite dei conti di Barcellona appena ferito a morte. Si tratta di una versione anacronistica (Carlo il Calvo, di fatto, morì vent’anni prima di Guilfred nel 877), ma che è divenuta leggenda. Tuttavia – prendendola per buona – si racconta che Guilfred avesse combattuto eroicamente contro i saraceni di Lubb ibn Muhammad a Lerida. (Si è anche detto a torto che lo scontro sia stato contro i normanni, ma il cavaliere si batté invece contro gli invasori moreschi, ricevendo un colpo fatale.) L’imperatore, alla vista del vassallo morente, pose la mano sulla ferita del cavaliere tracciando quattro linee con il suo sangue su uno scudo d’oro, e lo ricompensò offrendogli un blasone per la sua discendenza.
L’araldica è una scienza codificata basata su un corpus di significati. Così, nonostante l’apparente semplicità dello stemma, la Senyera Reial – definita dai catalani sang e or – ci porta a un insieme di concetti altamente simbolici. Il sangue (rosso) è giustificato dal nobile sacrificio de Guilfred; il flusso grondante della sua ferita conferirà alla sua stirpe lo scettro del coraggio, insieme all’oro (giallo), simbolo della regalità in quanto fin dai tempi antichi considerato il nobile metallo del sole.
Come sappiamo, il flusso sanguigno insieme alla luce solare sono parte integrante della tradizione iconografica cristiana, e non mancano le opere artistiche con l’apporto della luce e del sangue. Nel polittico monumentale dei fratelli Jan e Hubert van Eyck, dipinto tra il 1426 e il 1432 per la cattedrale di San Bavone a Gand in Belgio, la pala d’altare dell’Agnello Mistico, da cui sgorga il sangue, appartiene alla sfera del soprannaturale. Il tema iconografico rappresenta l’agnello donato da Dio, con una ferita al cuore, simbolo della lancia che lo ha trafitto sulla croce e da cui scaturisce il flusso rosso raccolto in un calice d’oro. L’agnello è incoronato da un’aureola splendente, mentre il riscatto del genere umano avviene sotto l’influenza del sangue di un essere di luce.
L’ ardita comparazione tra il sangue versato da Guilfred e quello di Cristo – incolmabile distanza tra il sangue umano e quello divino – e lo sfondo dorato, in araldica chiamato “campo”, invita all’allegoria vessillologica: la luce del sole e il metallo del calice soprannaturale, allusione cromatica al nobile sacrifico e icona del blasone catalano.
Tuttavia, non bisogna dimenticare lo spirito religioso del medioevo, quando l’uomo viveva, senza alcuna distinzione di ceto, in continua relazione con Dio. In effetti, prima di far parte della natio francese o catalana, si era cristiani. Con questa interpretazione del blasone sang e or, il sacrificio del martire defensor fidei di stirpe catalana assume una simbologia e un carattere cromatico etnico-spirituale.
Ultimamente nelle piazze catalane abbiamo notato anche la bandiera indipendentista della Catalogna, conosciuta come Estelada roja o blava, che differisce per alcuni particolari, tra cui l’aggiunta sulla parte sinistra di una stella bianca a cinque punte in un triangolo blu. Una prima versione dell’Estelada si è diffusa nel 1918 quando sono nati i primi movimenti catalanisti, e oggi è il simbolo della lotta per l’indipendenza. Il triangolo rappresenta il cielo blu dell’umanità; la stella bianca, il desiderio dei catalani di poter decidere del proprio futuro da popolo indipendente e libero. Questo segno distintivo è anche simbolo della repubblica in antitesi alla monarchia: a mio avviso, fa molto “Cuba” e il risultato ricorda un manifesto da circo americano.
Origine provenzale
Dopo la diffusione della leggenda che abbiamo raccontato, il simbolo fu introdotto anche negli antichi possedimenti catalani: in Aragona, nella comunità valenciana, e in Provenza, dove il casato di Barcellona regnò dal 1112 al 1245, anno della morte di Raimondo Berengario V, ultimo conte di Provenza. Fu dal matrimonio di Dolce di Provenza – figlia di Gilbert, ultimo re della casata dei Bosonidi e primo re di Provenza nel 869 – con Ramoun Berenguié III, conte di Barcellouna, che i Ramoun Berenguié (provenienti da Ripoll nei Pirenei) regnarono sulla Provenza dal 1112 fino al 1245. Qui sotto sono riportati i sovrani barcellonesi:
- Ramoun Berenguié III, conte di Barcellona, divenuto Ramoun Berenguié I conte di Provenza, morto nel 1131,
- Ramoun Berenguié II, morto nel 1145,
- Ramoun Berenguié III, ucciso nel 1166,
- Ramoun Berenguié IV, assassinato nel 1181, e Sancia per i quattro anni successivi,
- Anfos II, morto nel 1209,
- e infine suo figlio, l’ultimo dei Ramoun Berenguié, conosciuto sotto i numeri V, IV e più di una volta con III.
Come si vede c’è una grande confusione cronologica sui Berenguié a causa della doppia attribuzione come conti di Barcellona e di Provenza, vuoi per erronee numerazioni, vuoi per le omonimie.
Tuttavia gli specialisti d’araldica, tra i quali Michel Pastoureau, uno dei più grandi studiosi in materia, contestano la versione filocatalana. Il blasone in questione, usato dai conti di Barcellona, sarebbe stato preso a prestito dall’antico regno d’Arles, in opposizione ai conti di Tolosa, che minacciarono più volte manu militari l’annessione della Provenza all’altra riva del Rodano.
Essi affermano che l’antico sigillo non è catalano ma provenzale ed è conservato negli Archivi Dipartimentali Bouches-du-Rhône.
Questa querelle sull’origine del blasone, tuttavia, non toglie niente al sodalizio d’amicizia tra catalani e provenzali. Frédéric Mistral, nel suo poema La Coupo Santo, divenuto inno provenzale, scrive: “Fu ai tempi della Rinascita provenzale, dopo il 1850, che il ‘sang e or’ fu rimesso all’onore del mondo, dopo essere stato dimenticato sotto il centralismo borbonico” (e giacobino, aggiungeremo noi).
Sang e or nelle nostre vallate provenzali
In altre sedi ho sottolineato (in ottima compagnia) 1) che la simbologia della cosiddetta croce occitana, o di Fourcauquié o di Sant-Gilles o di Lengadoc o di Tolousa, evidemente non può rappresentare storicamente il territorio delle valli provenzali del Piemonte.
Al tempo della renaissènço d’Oc, l’occitanismo adottò quel simbolo che avrebbe dovuto rappresentare la cultura d’Oc distrutta nel midì di Francia durante la crociata contro gli Albigesi.
In verità quella simbologia è circoscritta alla Lengadoc ed è stata adottata nel logo della regione amministrativa francese, ma nelle valli provenzali d’Italia, come si è detto, è storicamente infondata.
Nei primi decenni del recupero identitario d’Oc caddero in errore anche le associazioni culturali provenzali La Valaddo e Coumboscuro, che l’adottarono in una forma grafica differente. In seguito, chi scrive consigliò di rimuovere tale simbologia (incompatibile per ciò che esprime e per ciò che sopprime) dal giornale “Coumboscuro” e dal sagrato della chiesa di Santo Lucìo, che accoglieva (e accoglie) la gente per i roumiage.
Non nego che la necessità simbologica nasca soprattutto da un sentimento intellettuale e forse meno da un’esigenza autoctona, ma davvero non posso astenermi dallo scavare alla ricerca di una verità che si avvicini il più fedelmente possibile all’autentico. Nelle valli provenzali piemontesi, in epoche storiche differenti: preponderante fu il dominio politico dei Savoia; etnicamente più confacente fu il Marchesato di Saluzzo; significativo nella cessione di ampie autonomie fu il Delfinato; e temporaneo, come sbocco in Italia, fu quello angioino. Tutto ciò non ha avuto un riflesso vessillologico da parte dei dominatori, e la popolazione autoctona è rimasta orfana di un simbolo di rappresentanza. Così lou sang e or provençau, per affinità all’adstrato storico, linguistico, antropologico, etnologico, territoriale e culturale, potrebbe costituire il più fedele esempio d’osmosi identitaria di un popolo a cavallo delle Alpi.
N O T E
1) Consulta Provenzale, Piemonte d’Oc, una minoranza senza voce, Etnie, Milano 2018.
VERSIONE IN PROVENZALE
La Prouvènço e la Catalougno, an agudo uno longo istòri en coumun, perqué la memo e noblo famhio, li comte de Barcelouno, qu’an gouverna li dous “ païs “ pèr mai d’un siècle, dins l’Age-Mejan, en quàqui maniero sèmblon aguè espourta vo, coume veiren, empourta, soun simboulougìo.
Sènso provo incountestablo, perqué estudia l’istòri dis oustau medievau e di blasoun es mestié (arcan) pèr lis estudious d’eraudico, ai prouva, d’illustra umblamen l’ourìgino dóu blasoun sang e or, en lengage eraudi “Or à quatre pals de Gueules” disputa entre Barcelounés e Prouvençau. En camp vaqui, dous, vo tres versioun.
Versioun catalano
Un legendo counto que la Senyera, Reial, counsidera com’un di mai ancian drapèau d’Euroupo es lou noum de la bandiero catalano e blasoun óficiau de la Generalitat catalano; à ligno roujo e jauno ourizountalo, segound l’usage medievau.
Elo nous porto à l’istòri de la courouno d’Aragoun, territòri que ligavo li règne di soubeiran d’Aragoun à-n-aquéli de la comteo de Barcilouno.
D’aqui parton dous leituro diferènti em’uno proumiero versioun, sui generis; valènt à dire, l’óubediènci di comte de Barcilouno à la Santo-Siège. Uno mutacioun dis ancian coulour de l’Estat Pountifi, jaune e rouje (mièus encaro, amaranto e rouje) coulour dóu Senat e dóu Pople rouman remplaça en 1808, pèr papo Pie VII pendènt l’óucupacioun de Napoleon.
Ié pièi uno versioun ounte se counto que, l’11 avoust 897’ l’Emperaire Carle lou Chauve, sus lou liò d’un coumbat, sarié intra dins la tendo dóu cavalié, Guilfred o Guifré el Pilos, cap-oustau di comte de Barcilouno just blessa à mort. Versioun anacrounistico; Carle lou Chauve, moriguè d’efèt vint’an avans de Guilfred en 877, mai qu’es devengudo legendo.
Touto fes, en prenènt pèr bon la legendo, lou cavalié s’èro batu emé grand erouïsme dins lou siècle IX contro li Sarasin de Lubb ibn Muhammad à Lerida en Catalougno, tambèn se, à tort, s’es dich pèr quàqui istourian que fuguèsse toumba en bataio contro li Nourman. En realita, mentre èro en coumbat emé soun armado contro lis mouresc prenguè un cop fatau.
L’Emperaire en vesènt soun vassau desenant mourènt, boutè la man dins sa blessaduro en traçant emé si det quatre ligno de sang sus d’un bèu écu d’or ; l’aurié recoumpensa em’blasoun pèr sa descendènci.
L’eraudico es uno sciènci coudificado pausado sus d’un corpus de segnifica. Au delai de l’apparènto simpleta dóu dessin, la Senyera Reial, en Catalan “ sang e or ”, nous porto à-n-un ensèn de significa forço simbouli. Lou sang (rouje) es justifica dins lou sacrifice de Guilfred, pèr sa blessaduro, lou flus de sang dounara à-n-aquéli de sa casado lou scètre dóu courage, ensèn a l’or (jaune) de la regalita; d’efèt, fin di tèms ancian l’or fuguè counsidera lou noble metau dóu soulèu.
Lou flus dóu sang, ensèn à la lus soulàri, fan part de l’icounougrafìo tradiciounalo crestiano e dins lis image d’art, lus e sang mancan pas.
Dins la mounumentalo obro di fraire, Jan e Hubert van Eyck, pintado entre lou 1426 e lou 1432 pèr la catedralo de Sant Bavone (mounge crestian dóu siècle VIII) à Gand en Belge, l’autar nouma Agnèu Misti appartèn à l’esfèro dóu subre-naturau.
Lis artisto flamando an representa l’Agnèu douna pèr Diéu, em’uno blessaduro au cousta, simbèu de la lanço que l’a trepasa sus la crous e d’ounte sort lou flus rouje bouta dins un calice d’or. Metaforo de Crist, l’Agnèu Misti es encourouna d’un ciéucle sacre trelusènt e lou rescat e lou rescat de l’umaneta es representa pèr l’influènci dóu sang d’un èstre de lus.
L’ardito coumparesoun, entre sang versa de Guilfred es aquéu de Crist, à part la diferènci, entre sang de l’umaneta e aquéu de Diéu, s’acoumpagno à l’or, en eraudico dicho “camp”; valènt à dire lus dóu soulèu e calice subre-naturau, referimen croumati au sacrifice dóu blasoun catalan.
Fau pas óublida l’esperit religious de l’Age-Mejan, ounte l’ome vivié sènso aucuno distincioun de classo, en relacioun countinuo emé Diéu. Au l’epoco, lis ome, avans d’èstre de Natio italico, franceso, vo catalano èron crestian.
Dounc dins aquesto interpretacioun dóu blasoun “sang e or”, lou sacrifice dóu martir de l’oustau catalano defensor fidei, se cargo d’uno simboulougìo e d’un caratère croumati etno-espirituau.
Darrieramen dins li plaço catalano avèn vist tambèn lou drapèau independentisto de la Catalougno, couneigudo coume Estelada roja o blava, diferènto pèr quàqui particulié. Prevèi l’usage d’uno
estelo blanco à cinq pouncho dins un triangle blu sus la part senestro.
Uno promiero versioun de l’Estelada se debanè en 1918 quouro soun nascu li proumié mouvimen catalan e vuei es lou simbèu de la lucho pèr l’independenço catalano. Lou triangle blu represènto lou cèu blu de l’umaneta, mentre l’estelo blanco es lou desidèri de pousquè decidè sus soun aveni, coume pople independen e libre.
Lou un signe particulié es tambèn un simbèu de la republico que fai forço” Cuba”, e à moun avis e n’es vengu foro un aficho de cirque american.
Versioun prouvençalo
Lou simbèu catalan fugu’entrodu, après la creacioun de la legendo, tambèn dins lis ancian doumaine catalan: en Aragoun, dins la coumunauta valenciano e en Prouvènço, ounte l’oustau de Barcilouno, regnè dau 1112 au 1245, an de la despartido de Ramoun Berenguié V lou darrié di comte de Prouvènço.
Es pèr lou maridage de Douço de Prouvènço, fiho de Gilbert, darrié soubeiran de la ligno di Boson (proumié rèi de Prouvènço en 869) emé Ramoun Berenguié III comte de Barcilouno que li Ramoun Berenguié règnon sus la Prouvènço de 1112 à 1245.
Vaqui la tiero d’aquéli soubeiran, comte de Prouvènço barcilounès.
Ramoun Berenguié III comte de Barcilouno devenguè Ramoun Berenguié 1ié comte de Prouvènço, mouriguè en 1131. Ramoun Berenguié II, mort en 1145, Ramoun Berenguié III tua en1166, Ramoun Berenguié IV assassina en 1181, Sancho pèr li quatre annado seguènto, Anfos II mort en 1209 e enfin soun fiéu lou darrié de Ramoun Berenguié couneigu souto lou numerò V, IV e, meme de cop que i’a III.
Uno grando coumplicacioun crounoulougico bouto uno counfusioun sus la numeroutacioun di comte Berenguié, raport de cop à sa doublo apartenènço coume comte de Barcilouno e de Prouvènço, vo que i’es atribuï à tort, vo enca is oumounimìo.
En tournant i blasoun, lis especialisto francés d’eraudico, en partènt de Michel Pastoureau, refuson la versioun filo-catalano. Segoun d’èli lou blasoun, en usage au tèms di comte de Barcilouno, fuguè pres pèr l’ancian règne d’Arle, en óupousicioun à la Casado de Toulouso que d’abitudo menaçavo l’aneissioun de la Prouvènço à soun territòri de l’autro man dóu Rose. Eli an afierma, mai d’uno fes, que l’ancian blasoun, counserva is Archivi Departimentau de Bouco de Rose sarié pas catalan mai prouvençau.
La querèlo sus l’ourigino dóu blasoun, touto-fes, levo pas rèn à la bono amista entre Catalan e Provençau. Frederi Mistral, dins lou pouemo la Coupo Santo, devengu imne prouvençau, escriguè:
Fuguè i tèms de la Reinassènço prouvençalo, après lou 1850 que lou ‘sang e or’ fuguè bouta à l’ounour dóu mounde, après èstre esta óublida sous lou centralisme bourbòni (e pieje encaro jacoubin).
Ai déjà souligna, (en bono amista), que la se-disènt crous óucitano, vo crous di Fourcauquié, vo crous de Sant-Gile, vo crous de Lengadò, vo crous de Toulouso, represento pas lou territòri di valèio prouvençalo d’Itàli. Es incoumpatibilo pèr ço qu’espremi, que pèr ço qu’escafo.
Au tèms de la renaissènço d’Oc, li militant óucitanisto prenguèron coume referimen aquéu simbèu, que aurié degu representa la culturo d’Oc matrassado dins lou Miejour de Franço pendènt crousado albigeso.
Mai, en aquesto matèri fau èstre lou mai poussible rigourous , perqué aquéu simbèu, es limita soucamen à la Lengadò, (liò de la crousado) en usage justamen dins la regioun aménistrativo franceso, mai dins li valèio prouvènçalo d’Itàli es, coum’avèn afierma istouricamen enfoundado.
Fau dire que dins li proumiero annado de la renaissènço identitàri d’Oc toumbaran lèu en errour tambèn lis assouciacioun culturalo prouvençalo: la Valaddo e tambèn Coumboscuro, prenguèron aquéu simbèu dins uno formo grafico diferènto.
Quau escrièu, diguè (emé sucès) d’escafa, tau simbèu dau journau Coumboscuro e tambèn pèr l’intrado de la glèiso de Santo Lucìo en Vau Grano, qu’aculiguè li gènt i Roumiage de l’Adolourdado e de Setèmbre.
Fau pas nega que la voulounta simboulogico es pulèu sentimen inteleituau e belèu mens uno eisigènci terradourenco, mai poudèn pas se refusa de descava dins la cerco d’uno verita procho, lou mai seriousamen poussible à l’autenti e fugi, pèr sèmpre dau fausse istouri.
Dins li valèio prouvençalo d’Itàli, en diferènti epoco, prepouonderan fuguè lou doumènie pouliti di Savoio, aquel etnicamen mai proche lou Marquesat de Saluces, lou Delfina significatiéu pèr la councessioun de largo formo d’autounoumìo, e coume vìo pèr Itàli aquel angiovin.
Tout acò, gramaci à Diéu, a pas agu un rebat simbouli pèr l’encauso di douminaire, mai li terradouren, en quàqui maniero soun resta ourfan d’un signe de visibleta.
Lou sang e or provençau, sarié dounca pèr similitudo à l’adstra istouri linguisti, antroupoulougi, eitnoulougi territoriau e culturau, lou mai fidèu esèmpi d’osmòsi identitàri d’un pople à chivau dis Aup.
D’efèt, de touto aquesto istòri, is óucitanisto d’encò nostre, uno causo an gaire vuèio de suporta; aquéli coulour sang e or, forço prouvençau de la bandiero catalano, perqué, au delai di legendo, soun lou “nous au penche” de la fausso verita de la Lengadò empausado e vuei bouta en discussioun.