Mentre la cricca italica al governo scatena tutte le sue risorse contro i simboli della versione mussoliniana dello Stato Tricolore – estintasi ben 75 anni fa – la relazione annuale dell’intelligence enumera le violenze di anarchici, sedicenti marxisti, centri sociali, filoislamici e invasionisti. Tutta roba che si autodefinisce “di sinistra”, ma che per le finalità globaliste e plutocratiche, per la prossimità con religioni sanguinarie e intolleranti, per i metodi violenti, per il disprezzo nei confronti dei più deboli, può a buon diritto aspirare alla definizione di Fascismo 2.0.
Il testo che segue è tratto dalla relazione 2017, che come ogni anno viene compilata dalle agenzie per la sicurezza interna (AISI) ed esterna (AISE), e presentata entro il mese di febbraio al parlamento. È chiaramente opera di mani governative, quindi mantiene tutto l’armamentario linguistico (tipo “derive xenofobe e securitarie”) e propagandistico (come lasciar intendere che il governo attuale contrasti l’immigrazione clandestina, quando ne è l’ispiratore); ma, al di là delle terminologie, i fatti vengono riportati per quello che sono: numeri alla mano, la violenza ha i colori arcobaleno della pace, nel 2017 come da mezzo secolo a questa parte.
Nella sezione dedicata alle “derive della destra oltranzista” (la deriva, qualsiasi cosa voglia dire, ha sempre a che fare con la destra) si manifestano le consuete preoccupazioni care a politici e giornalisti mainstream; compresa una poco velata riproposizione del sillogismo “non cattocomunista” uguale “fascista” quando si dice: “Soprattutto, l’iniziativa legislativa sullo ius soli è stata oggetto di un’accesa campagna di protesta che è arrivata a evocare, quali esempi dei presunti rischi connessi all’approvazione del provvedimento, gli attentati jihadisti occorsi in Europa. A mobilitarsi contro il flusso immigratorio sono state anzitutto le realtà più strutturate presenti su scala nazionale. Realtà nel contempo impegnate sulle principali tematiche sociali con l’intento di acquisire così maggiore visibilità e consenso, anche in funzione di accresciute aspirazioni elettorali”.
Tradotte, le realtà più strutturate sono la Lega, Fratelli d’Italia e altre normali formazioni democratiche che si oppongono senza alcuna violenza all’invasionismo auspicato dalle Alte Cariche dello Stato. Ma anche quando affronta i veri esponenti della “destra oltranzista” – quei centralisti nazistoidi e antisemiti che stanno sull’anima a qualsiasi etno-autonomista – be’, nemmeno qui la relazione va oltre le accuse di oltranzismo, intolleranza, razzismo, poiché per il 2017 di episodi violenti contro la gente comune, le istituzioni, le forze dell’ordine e la proprietà privata non ne viene riportato nemmanco uno.
Sarebbe bello che un giorno i relatori annuali indicassero quali sono i reali rischi per la “sicurezza” di questo andamento: tolto il più ovvio – e cioè che prima o poi scoppierà una guerra civile – non ci vuole molto a capire che un congruo numero di giovanissimi, che non hanno la minima idea di cosa sia il fascismo mussoliniano, appartenente a un altro secolo, ma vedono all’opera l’antifascismo ogni santo giorno e con i propri occhi, finiranno inevitabilmente per convincersi che il primo sia una cosa positiva.     

 

 

Ecco un estratto del testo:

L’anarco-insurrezionalismo

Sempre alta è l’attenzione dell’intelligence per le possibili spinte anti-sistema, soprattutto per quelle provenienti dai circuiti anarco-insurrezionalisti. Il 2017 ha visto infatti gli ambienti più radicali impegnati nel tentativo di rilanciare l’area sul piano operativo, a seguito dell’operazione di polizia giudiziaria denominata Scripta Manent (settembre 2016) condotta contro i militanti vicini alla pubblicazione Croce Nera Anarchica, accusati di aderire alla Federazione Anarchica Informale/Fronte Rivoluzionario Internazionale (FAI/FRI).
Quasi a scandire la vicenda processuale dei compagni inquisiti, in vista dell’avvio del processo è stata lanciata sul web una campagna mirata di solidarietà, culminata, a giugno, nell’invio di due plichi esplosivi ai Sostituti Procuratori della Repubblica presso il Tribunale di Torino e nel recapito di un altro ordigno al Direttore Generale del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria. L’inizio, a novembre, della fase dibattimentale del procedimento ha poi fornito ulteriore spunto per una rinnovata mobilitazione a sostegno dei militanti indagati, accompagnata da un appello internazionale apparso sui siti d’area.
L’evento più significativo, tuttavia, è stato rappresentato dal “ritorno in scena”, a più di un anno di distanza dall’ultima attivazione, risalente al giugno 2016, della FAI/FRI, che ha rivendicato, con l’inedita sigla Cellula Santiago Maldonado (dal nome di un attivista argentino), l’esplosione di un ordigno rudimentale avvenuta il 7 dicembre davanti alla Stazione CC Roma San Giovanni. Nel comunicato si riafferma la necessità del ricorso all’azione diretta distruttiva, si stigmatizzano le politiche repressive e militari dello Stato italiano e, in particolare, gli accordi del Ministro dell’Interno con i sanguinari colonnelli libici in funzione di contrasto all’immigrazione illegale e si lancia, nel contempo, una campagna internazionale di attacco contro uomini, strutture e mezzi della repressione.
L’azione nella Capitale – anch’essa compiuta in concomitanza con udienze del processo Scripta Manent, laddove è stata ribadita con forza, da parte di un imputato già condannato per il ferimento, nel 2012, dell’Amministratore Delegato di Ansaldo Nucleare, la validità del metodo di lotta FAI/FRI – appare tesa a fornire un segnale di continuità del progetto eversivo informale, rilanciandone gli obiettivi, anche in un orizzonte internazionale.
Una dimensione, questa, testimoniata, proprio con riguardo all’attentato di Roma, dalla circostanza che, solo due giorni prima, era comparso sul web, anche in lingua italiana, un comunicato dal titolo Chiamata al Dicembre Nero, contenente un Appello internazionale alla galassia anarco-insurrezionalista – per un mese di azioni dirette contro il dominio, attaccando le sue strutture e i suoi rappresentanti – e confermata, più in generale, dai numerosi interventi di solidarietà rivoluzionaria registrati da tempo all’estero in sostegno dei compagni italiani.
L’attività informativa condotta in direzione della dimensione internazionale del fenomeno anarchico ha riguardato anche le sue proiezioni in teatri di crisi, confermando l’attenzione di alcuni ambienti dell’area per le vicende belliche che interessano la regione siriana – a maggioranza curda – nota come Rojava. Un’attenzione che si è tradotta in concreto attivismo propagandistico e mobilitativo dai connotati politico-ideologici piuttosto trasversali, tesi a combattere DAESH ma anche a contrastare l’avanzata del capitalismo, promuovendo la causa dell’anarchismo in tutto il mondo.
Sul versante della comunicazione e della propaganda, la consapevolezza dei circuiti oltranzisti dell’importanza del web quale strumento per il rilancio delle loro progettualità ha dettato la decisione, a fronte del ridimensionamento delle attività on-line di Croce Nera Anarchica, di aprire nuovi siti per la pubblicazione delle rivendicazioni e la diffusione di approfondimenti, appuntamenti e notizie d’interesse, inclusi i recapiti dei detenuti anarchici.
L’attivismo propagandistico ha dato vita altresì a nuovi progetti editoriali, tra cui Vetriolo, per ora pubblicato solo in formato cartaceo.
È proseguito nel contempo l’impegno anarco-insurrezionalista antigovernativo sul tema, divenuto prioritario, della lotta alle politiche migratorie e al sistema di accoglienza/gestione dei migranti, spesso collegata anche alla solidarietà con i militanti detenuti. Si tratta di una campagna che va avanti dal 2015 (a seguito della divulgazione sul web dell’elenco delle imprese coinvolte nel funzionamento delle strutture di accoglienza) e che appare destinata a proseguire all’insegna della contestazione contro la nuova normativa in materia di contrasto all’immigrazione illegale (D.L. 13/2017 convertito, con modificazioni, nella L. 46/2017 che prevede, tra l’altro, la distribuzione a livello regionale dei Centri di Permanenza per il Rimpatrio, ex Centri di Identificazione ed Espulsione/CIE).
È in tale cornice che si inseriscono le sortite, qualcuna rivendicata in forma anonima, altre non rivendicate, in danno di aziende che forniscono servizi alle strutture di accoglienza e contro Poste Italiane, da tempo divenute bersaglio per il coinvolgimento nel meccanismo di espulsione degli stranieri irregolari, in quanto proprietarie di una compagnia aerea impegnata nei rimpatri. Si fa riferimento in particolare all’incendio, il 17 febbraio a Genova, di alcuni veicoli di una ditta di ristorazione che rifornisce la maggior parte dei CIE e ai diversi attentati incendiari ed esplosivi in danno di strutture delle Poste Italiane, come quelli del 1° aprile ai danni di un ufficio postale di Modena, del 12 maggio contro le Poste di via Marmorata a Roma, del 3 ottobre contro un postamat a Milano e del 26 successivo contro un autoveicolo delle Poste a Genova.
L’attività propagandistica d’area ha peraltro riguardato anche l’operato del Governo su alcuni dossier esteri di particolare sensibilità, come la questione libica, in ordine alla quale il movimento viene incitato a compiere azioni violente nei confronti dell’ENI. Appelli che non sono rimasti inascoltati, come provano l’incendio, a Roma, di alcuni veicoli car sharing Enjoy, società del gruppo ENI, e il sabotaggio di un distributore ENI a Cremona, tutti rivendicati in dicembre su siti anarchici.
Nel contesto del tradizionale impegno contro le nocività e la tecnologia, l’azione dei circuiti militanti si è orientata a dare risalto ai legami tra la ricerca e lo sviluppo di sistemi avanzati a fini di difesa e repressione, specie nel Centro-Nord, mediante una narrativa di forte critica nei confronti dell’asserita neutralità della scienza, ritenuta funzionale al mantenimento e all’ulteriore sviluppo del sistema di dominio.
Quanto al monitoraggio dell’opposizione alle grandi opere, se da un lato esso ha riscontrato una generale diminuzione dell’interesse verso la mobilitazione No TAV, dall’altro ha messo in luce un’intensificazione della protesta contro la realizzazione del gasdotto TAP (Trans Adriatic Pipeline), facendo registrare, come si dirà più avanti, convergenze con frange della sinistra antagonista.
Nel campo dell’anarco-ecologismo radicale, infine, sintomatica del perdurante impegno contro il bio-tech è stata l’azione incendiaria condotta, il 16 aprile, ai danni dello stabilimento della Monsanto di Olmeneta (CR), mentre in occasione del G7 Agricoltura tenutosi a Bergamo a metà ottobre sono state realizzate diverse iniziative di protesta.

L’estremismo marxista-leninista

Il quadro dell’estremismo di matrice marxista-leninista rivoluzionaria non ha subìto, nel corso dell’anno, variazioni sostanziali: è infatti proseguita l’attività di propaganda della stagione lottarmatista intesa a tramandare alle nuove generazioni la memoria brigatista, nella prospettiva
di contribuire alla formazione di futuri militanti. Il legame con l’esperienza delle organizzazioni combattenti si è sostanziato, altresì, in iniziative di solidarietà ai rivoluzionari prigionieri, vale a dire nei confronti di terroristi detenuti, sia in Italia sia all’estero.
Gli ambienti impegnati in tal senso risultano numericamente esigui e marginali rispetto alla composita area antagonista, con cui peraltro sussistono interazioni, specie in occasione di ampie mobilitazioni di piazza. L’intento delle componenti rivoluzionarie, interessate ad affermare la necessità di un radicale sovvertimento del sistema costituito, è di conferire alle istanze di protesta una connotazione politica, in modo da superarne la dimensione meramente rivendicativa.
Tra le tematiche all’attenzione figurano, in particolare, quelle relative all’anti-repressione, alcune vertenze del mondo del lavoro – ambito privilegiato di intervento per questi settori – e, più in generale, le situazioni di disagio sociale, tra cui l’emergenza abitativa.
Si tratta di temi che coinvolgono un proletariato sempre più eterogeneo, che include anche la componente migrante e che, nel contempo, è ritenuto esposto a crescenti derive xenofobe e securitarie.
Nell’ottica di un rilancio dell’internazionalismo proletario, l’area ha continuato a privilegiare quei temi e quei contesti dello scenario estero che più si prestano a una lettura ideologica in chiave di contrapposizione antimperialismo/imperialismo. Per tale motivo, l’attenzione riservata alla questione palestinese – in chiave marcatamente antisionista e contraria all’Autorità Nazionale Palestinese – alle repubbliche filo-russe in Ucraina, all’opposizione comunista in Turchia e alla rivoluzione curda nel Rojava si è accompagnata ad alcuni interventi propagandistici a favore della Siria del Presidente Assad e del Venezuela di Maduro, funzionali a riaffermare un orientamento irriducibilmente anti-USA. Per quanto riguarda invece il contesto europeo, si è manifestato interesse per la situazione in Grecia – teatro negli anni passati di una recrudescenza di episodi terroristici, anche di matrice marxista – e, in Francia, per i germi di rivolta sociale ravvisati fin dallo scorso anno nelle proteste contro la riforma del mercato del lavoro.
Lo sviluppo di un movimento antimilitarista contro la guerra continua a rappresentare poi un obiettivo ambìto, anche perché in grado di coniugare la mobilitazione relativa al cd. fronte esterno (nel quadro della solidarietà ai popoli aggrediti dall’imperialismo e in lotta per l’autodeterminazione) con tematiche di respiro nazionale, come le asserite ricadute della spesa militare in termini di tagli al welfare e l’inasprimento della repressione.
Restano astrattamente ipotizzabili, in linea di analisi, per l’intero settore di ispirazione brigatista, azioni dimostrative intese a riproporre, seppure a livelli organizzativi e operativi modesti, un rilancio della lotta, anche allo scopo di guadagnare adesioni e propiziare interventi emulativi.

relazione annuale sicurezza
Torino, 22 febbraio 2018. Dal corteo “antifascista” parte una bomba carta imbottita di frammenti, uno dei quali colpisce un poliziotto. È evidente che chi usa un congegno simile sa bene che può uccidere un essere umano.

I circuiti antagonisti

Nel 2017 il composito fronte antagonista ha continuato a contraddistinguersi per una certa fluidità e per l’assenza di un percorso politico e strategico comune. L’impegno delle formazioni di settore si è focalizzato sulla contestazione delle politiche europee e sulle molteplici emergenze sociali, specie le questioni migratoria, occupazionale,
ambientalista e abitativa. Segnali di effervescenza sono in particolare stati registrati nel movimento per l’abitare, che ha cercato di fungere da segmento trainante e da fattore di aggregazione, tentando di allargare la base della protesta.
Nel contesto della campagna a sostegno di immigrati e richiedenti asilo si è registrata una presenza ridotta sui luoghi interessati, tanto in Italia quanto all’estero, con un conseguente  ridimensionamento dei collegamenti tra militanti di diversi Paesi. La mobilitazione ha inoltre aperto spazi di critica sul recente potenziamento della rete dei CIE e, più in generale, sulle sostanziali modifiche della disciplina sul diritto d’asilo.
È proseguito intanto l’impegno degli ambienti più marcatamente antieuropeisti che perseguono un progetto politico di rottura con Unione Europea, Eurozona e NATO, puntando ad aggregare i  gruppi che si riconoscono nell’anticapitalismo, nell’antifascismo e nell’antirazzismo.
Il dissenso antagonista si è coagulato anche attorno ai temi dell’antirepressione, ed in particolare sulle citate misure in materia di immigrazione e sicurezza urbana (D.L. 14/2017 convertito, con modificazioni, nella L. 48/2017), stigmatizzate come una ulteriore “stretta” ai danni dei settori sociali più in difficoltà, e sul rafforzamento dei poteri di intervento dei sindaci che, nella visione d’area, denoterebbe una volontà politica di criminalizzare i proletari, disarmandone alla radice le istanze rivendicative.
Sul versante delle lotte ambientaliste, accanto alla campagna No TAV – nel cui ambito si è registrata una frammentazione tra gruppi marxisti e anarchici, con la conferma del ruolo trainante della componente autonoma torinese – un crescente attivismo ha riguardato le opere connesse alla realizzazione del gasdotto TAP. Il fronte di opposizione, composto anche da formazioni del locale antagonismo di sinistra, ha fatto registrare un’intensificazione delle mobilitazioni contestative e, parallelamente, un’accentuazione delle distinzioni tra la componente più “istituzionale”, confluita nel Comitato di Melendugno (LE), e quella più “movimentista”. Quest’ultima, a partire da marzo, ha dato vita a un presidio permanente sempre a Melendugno, ostacolando con azioni incisive l’espianto degli ulivi. Nella parte finale dell’anno, alla ripresa dei lavori, si è assistito ad un’ulteriore acutizzazione della protesta, dovuta anche al sostegno di attivisti No TAV e di esponenti dell’area anarchica accorsi in loco per contestare la militarizzazione della zona circostante il cantiere.
Proprio la tematica antimilitarista ha continuato ad agire da elemento catalizzatore per diversificati ambiti dell’antagonismo di sinistra e per settori anarchici nazionali, impegnati nella promozione di iniziative di mobilitazione e contro-informazione, sia pure nel contesto generale di una campagna dal profilo di rischio moderato. Nella propaganda d’area uno spazio di rilievo ha continuato ad essere riservato alle tradizionali tematiche di contrapposizione sia alla presenza delle basi militari NATO e statunitensi sul suolo italiano, sia all’invio di Contingenti nazionali nei teatri di crisi, con appelli al taglio alle spese militari, percepite come ostacoli agli stanziamenti di fondi per lo stato sociale.
In tale cornice, fra le realtà più attive ha continuato ad evidenziarsi la componente sarda, impegnata contro l’occupazione militare collegata alla presenza sull’isola di basi e servitù. Fermenti si sono registrati anche in Sicilia, dove è proseguito, seppure con scarsa incisività, l’impegno del movimento che si oppone alla presenza del sistema di telecomunicazione satellitare statunitense MUOS.
In materia di occupazione, l’ambito del sindacalismo conflittuale, in linea generale, ha faticato a porsi come un’alternativa efficace ai sindacati tradizionali, in quanto non in grado di fornire risposte adeguate alle richieste di tutela provenienti da quelle maestranze che hanno riscontrato difficoltà nell’adattarsi ai cambiamenti intervenuti nel mondo del lavoro. Ha continuato a fare eccezione il comparto della logistica, caratterizzato da una presenza cospicua di lavoratori stranieri e da un tasso elevato di conflittualità a causa della precarietà degli impieghi, sovente legati a singole commesse.
Non sono mancati, infine, episodi di contrapposizione anche violenta con frange dell’opposto segno, fenomeno ormai connaturato alle dinamiche dell’oltranzismo politico di entrambi gli schieramenti e passibile di aumentare, a causa dell’innalzamento dell’allarme sull’ “avanzata dell’estrema destra” e delle posizioni antitetiche in materia di immigrazione.

Le derive della destra oltranzista

La destra radicale ha dimostrato un dinamismo crescente – con la nascita di nuove sigle cui aderiscono soprattutto fasce giovanili – che appare alimentato dal tentativo di gruppi d’area di intercettare le istanze nazionaliste e i sentimenti di insofferenza verso la presenza extracomunitaria, istanze e sentimenti che trovano numerose parallele espressioni in ambito europeo.
Queste formazioni, per accrescere il proprio seguito, cavalcano inoltre situazioni di disagio sociale legate soprattutto alle problematiche abitative e occupazionali, promuovendo iniziative propagandistiche, provocatorie (anche all’insegna del nostalgismo fascista) e di contestazione.
Nonostante la frammentazione cronica dell’area, derivante da personalismi e competizioni interne, si sono tuttavia verificati momenti di convergenza tra componenti diverse: in particolare in occasione delle tradizionali celebrazioni in onore di militanti deceduti e, in alcuni contesti territoriali, nelle prese di posizione comuni per contrastare le politiche governative in tema di immigrazione, ritenute responsabili di una progressiva “sostituzione etnica” e causa di un aumento della delinquenza, specie nelle periferie metropolitane. Alcune iniziative mobilitative sono state condotte anche in sinergia con locali comitati cittadini che si oppongono alla presenza di stranieri.
Soprattutto, l’iniziativa legislativa sullo ius soli è stata oggetto di un’accesa campagna di protesta che è arrivata a evocare, quali esempi dei presunti rischi connessi all’approvazione del provvedimento, gli attentati jihadisti occorsi in Europa.
A mobilitarsi contro il flusso immigratorio sono state anzitutto le realtà più strutturate presenti su scala nazionale. Realtà nel contempo impegnate sulle principali tematiche sociali con l’intento di acquisire così maggiore visibilità e consenso, anche in funzione di accresciute aspirazioni elettorali.
Un seguito hanno avuto, altresì, i contatti internazionali con omologhi gruppi con l’obiettivo di supportare l’affermazione di un fronte identitario paneuropeo. Non sono
inoltre mancate iniziative volte a rimarcare una presenza attiva della destra oltranzista in altri contesti e teatri esteri, come testimoniato dalla promozione, in Siria e in Kosovo, di missioni umanitarie a sostegno di quelle popolazioni.
Nell’ambito delle mobilitazioni internazionali anti-immigrazione, ha assunto rilievo la campagna Defend Europe che, promossa da un circuito identitario europeo di recente costituzione, si è concretizzata in azioni di disturbo contro imbarcazioni delle ONG attive nel soccorso ai migranti nel Mediterraneo.
Manifestazioni contro l’immigrazione incontrollata e il degrado delle periferie urbane sono state realizzate anche dall’area skinhead, collegata ai network internazionali neonazisti Blood & Honour e Hammerskin. La loro principale attività continua ad essere rappresentata dall’organizzazione di concerti: eventi che, attirando militanti e simpatizzanti dall’Italia e dall’estero, risultano funzionali ad accrescere coesione e senso di appartenenza nonché in termini di autofinanziamento e rappresentano inoltre un veicolo di diffusione di retoriche nazifasciste e xenofobe. In proposito, permangono contatti tra realtà skin altoatesine e analoghe formazioni tedesche attestate su posizioni oltranziste, dichiaratamente neonaziste e razziste.
Quelle sopra descritte sono dinamiche il cui potenziale impatto sulla coesione sociale non deve essere sottovalutato. Le tensioni legate alla gestione dei flussi migratori e ai processi di integrazione rappresentano una piattaforma che la destra oltranzista può strumentalizzare anche per propagare messaggi che, rivolti specialmente agli attivisti di nuova generazione, tendono ad accentuare la diffidenza e l’intolleranza nei confronti del “diverso”, con il rischio di derive xenofobe.
Sebbene l’ambiente italiano risulti a tutt’oggi distante da quello di altri Paesi europei – dove è più alta e più organizzata la presenza di militanti neonazisti e maggiore, di conseguenza, il rischio di radicalizzazione delle posizioni anti-immigrazione, specie in chiave anti-Islam – aumenta il pericolo di contaminazioni e di forme emulative rispetto a circuiti esteri a più marcata connotazione oltranzista così come quello di azioni xenofobe di forte impatto legate a pur sempre possibili incidenti di percorso nella convivenza con le realtà immigrate, specie in aree e contesti dove sia già presente un diffuso disagio sociale.