Il 22 agosto 2016 veniva assassinata Macarena Valdès (“la Negra”) della comunità mapuche cilena Newen de Tranguil (Panguipulli). Già oggetto di svariate intimidazioni e minacce, la giovane militante, madre di famiglia, si era esposta nel contrastare i progetti idroelettrici della transnazionale austriaca RP-Arroyo (conosciuta anche come RP Global Energias renovables).
Le autorità, in particolare la Procura di Panguipulli, avevano cercato di mascherare questo assassinio come “suicidio”. Tuttavia, grazie all’impegno dei familiari e alla mobilitazione delle comunità mapuche, era stato possibile riesumarne il corpo e procedere a una seconda autopsia – stavolta indipendente – confermando senza ombra di dubbio che la giovane era stata assassinata.
Ogni anno l’anniversario della morte di Macarena Valdés, “activista mapuche y defensora de la tierra” viene ricordato con manifestazioni e commemorazioni. Quest’anno tutto era cominciato pacificamente con un raduno al Museo della Memoria di Santiago. Ma ben presto si assisteva ai primi scontri tra decine di giovani incappucciati e le forze dell’ordine (i carabineros), soprattutto nel quartiere di Barrio Yungay. Almeno una quindicina le persone arrestate.
Al primo assembramento, sostanzialmente pacifico, avevano partecipato soprattutto esponenti della Coordinadore Feminista 8M e della ACES (Asamblea Coordinadora de Estudiantes Secundarios y Secundarias). 1) Si erano portati davanti al palazzo della Procura nazionale – poi occupato – chiedendo che sul tragico evento venisse fatta luce e resa giustizia.
Ben sapendo che questo non è un singolo episodio. Molti altri difensori della Terra mapuche sono stati assassinati negli ultimi anni sia in Cile sia in Argentina. Tra i casi più noti, Camilo Catrillanca, Raphael Nahuel e Santiago Maldonado (rispettivamente di 28, 22 e 24 anni). Tutti assassinati tra l’agosto 2017 e il novembre 2018 durante operazioni di polizia (e di “pulizia territoriale”) in Patagonia e Araucania, territori mapuche, ma amministrati (e sfruttati e saccheggiati) da Cile e Argentina.
Del resto la situazione è similare in gran parte dell’America Latina. Dall’Honduras (dove è stata uccisa l’attivista Berta Caceres) al Brasile (Rosane Santiago Silveira). Per non parlare delle centinaia di vittime, tra gli indigeni e gli ambientalisti, solo negli ultimi due-tre anni in Colombia.
E sempre, ovunque, si assiste alla complicità degli Stati con gli interessi di multinazionali, allevatori, industria del legname, imprese minerarie…
La Coordinadora Feminista, collegando le attuali lotte a quelle contro la dittatura di Pinochet, ha ribadito di voler commemorare “tutte quelle donne che hanno lottato contro un sistema di dominio patriarcale, razzista, coloniale e capitalista”. Denunciando nel contempo le politiche di “precarizzazione e violenza dello Stato cileno dall’epoca della dittatura in poi, una politica che colpisce duramente sia la vita delle donne, sia delle comunità”.
Nel periodo designato come “Memorias de Rebeldias Feministas” (22 agosto-13 ottobre: data questa di certo non casuale) la Coordinadora intende mettere in campo eventi, azioni e commemorazioni contro le attuali politiche governative (“precarizacion, extractivismo, criminalizacion y racismo”).
Tra l’altro nel giorno della commemorazione (22 agosto) il marito di Macarena, Ruben Collio, risultava ancora detenuto da parte dei carabineros.
1) Altre organizzazioni partecipanti: Colectivo de Mujeres Sobrevivientes Siempre Resistentes, Colectivo Manos Libres, Casa de Memoria José Domingo Cañas, Articulación Feminista Zona Oriente, Coordinadora por Justicia para Macarena Valdés.