Dopo l’assalto del 3 aprile scorso al Centro curdo di Lione, il Conseil de Coordination des Organisations Arméniennes de France (CCAF) ha espresso profonda indignazione e solidarietà verso i curdi aggrediti. Inoltre, ricordando le analoghe aggressioni subite in Francia dagli Armeni (a Décines, a Vienne, a Dijon e lo scorso autunno anche a Lione), ha richiamato lo Stato francese alle doverose misure da intraprendere per fermare l’attività dei Lupi Grigi (organizzazione paramilitare turca) che da tempo “seminano il terrore sul suolo francese”.
Ovvero una “ferma risposta sul piano penale e misure concrete di protezione a difesa degli oppositori di Erdogan e della sua politica di panturchismo”. In particolare, si chiede al ministero della Giustizia e a quello degli Interni di essere “meno compiacenti nei confronti delle operazioni condotte da Ankara che rappresentano potenziali minacce sia per l’ordine pubblico in Francia, sia per i fuorusciti”.
Sono ormai anni che talune organizzazioni islamo-fasciste sul libro paga di Ankara operano in Europa, colpendo sia i democratici turchi, sia i fuoriusciti di origine armena e curda. Per il CCAF le recenti aggressioni avvengono “nel quadro del montante espansionismo turco nel Caucaso, in Medioriente, nel Mediterraneo e in Europa”.
A conclusione del comunicato, il CCAF esprime la propria “totale solidarietà al Conseil Démocratique Kurde en France, al movimento progressista curdo e a tutte le forze politiche che si oppongono alla politica criminale dello Stato turco sia dentro che fuori dalle sue frontiere”.
Purtroppo, contemporaneamente al comunicato del CCAF, dalla Francia è arrivato anche un altro segnale poco incoraggiante. Una manifestazione curda che si stava svolgendo davanti al palazzo del CPT (il comitato europeo per la prevenzione della tortura) a Strasburgo, veniva pesantemente repressa a manganellate dalla polizia francese. Con ampio uso di gas lacrimogeni e almeno due manifestanti arrestati.
L’iniziativa – una disobbedienza civile nel corso della quale sono stati esposti ritratti del leader curdo e scanditi slogan per la sua liberazione – era nata come protesta per il duraturo silenzio delle istituzioni europee in merito all’isolamento imposto da lunghissimo tempo al “Mandela curdo”, il prigioniero politico Abdullah Ocalan.