talian veneto brasiliano

 

Nei giorni 9, 10 e 11 novembre si terrà nella cittadina brasiliana di Serafina Correa, Rio Grande do Sul, il ventiduesimo incontro nazionale dei diffusori del talian, cioè il veneto-brasiliano.
La tre giorni, che viene organizzata ancora una volta da Paolo Massolini, medico chirurgo di lontane origini vicentine, straordinario protagonista della lotta per la tutela e la valorizzazione del talian, prevede “Filò con brodo, storie, frotole e busie”; nella giornata di sabato inizieranno i lavori con diversi gruppi di studio sui rapporti con le istituzioni e con le università, e sullo “stato di salute” del talian con particolare riferimento alla presenza nei mass-media; mentre domenica 11 alle ore 8 si terrà la “Messa in talian del prete Alberto Tremea” alla quale seguirà l’assemblea generale con la nomina del nuovo direttivo.
L’iniziativa assume quest’anno un significato del tutto particolare vista la recente elezione a presidente del Brasile di Jair Bolsonaro, la cui famiglia partì dal Veneto alla fine dell’ottocento.
Sono passati quattro anni dal riconoscimento ufficiale da parte del governo federale brasiliano del talian come “Patrimonio Culturale Immateriale del Brasile”, prima lingua minoritaria brasiliana a ottenere tale riconoscimento. Il talian viene correntemente parlato da milioni di brasiliani soprattutto nei tre Stati del Brasile del sud, Rio Grande do Sul, Santa Catarina e Paranà, ma anche in quelli di San Paolo e di Spirito Santo .
Ma come si può definire “el talian”, ovvero il veneto-brasiliano? Secondo gli studiosi si tratta dell’ultima lingua neolatina conosciuta, singolare koinè su base veneto-centrale nella quale si innestano termini brasiliani; una lingua “viva”, usata quotidianamente sul lavoro o all’università, per scrivere canzoni e poesie, in teatro, alla radio o alla TV. Ecco come la descrive Darcy Loss Luzzatto autore di un vocabolario Brasiliano-Talian di oltre ottocento pagine:

I nostri vecii, co i ze rivadi, oriundi de i pi difarenti posti del Nord d’Italia, i se ga portadi adrio no solche la fameia e i pochi trapei che i gaveva de suo, ma anca la soa parlada, le soe abitudini, la soa fede, la so maniera de essar… Qua, metesti tuti insieme, par farse capir un co l’altro, par forsa ghe ga tocà mescolar su i soi dialeti d’origine e, cossita, pianpian ghe ze nassesto sta nova lengua, pi veneta che altro, parchè i veneti i zera la magioranza, eltaliano Veneto brasilian.

Nel vocabolario troviamo, per esempio, un termine praticamente intraducibile in italiano, ma che i veneti conoscono benissimo: freschin; in brasiliano diventa odor desagradavel, e per spiegarlo meglio l’amico Darcy aggiunge un Che bira zela questa? La sa de freschin! che non ha bisogno di ulteriori spiegazioni…
È straordinario come i discendenti di quei veneti che partirono nel lontanissimo 1875 (in seguito alle disastrose condizioni nelle quali il Veneto si era venuto a trovare dopo l’annessione all’Italia) abbiano conservato un simile patrimonio di lingua, cultura, civiltà; ed è ancora più incredibile se pensiamo che durante la seconda guerra mondiale il talian venne proibito dall’allora dittatore Getullio Vargas. Il Brasile entrò in guerra a fianco degli alleati e proibì sia l’uso del talian sia del tedesco. Diversi emigranti finirono in carcere, e la loro non fu una sfida politica ma l’impossibilità di parlare un’altra lingua che non fosse il talian; ma nonostante questo la lingua dei veneti del Brasile ne è uscita più forte e più viva che mai.
Un altro pericolo per la lingua dei veneti de là de l’oceano è costituito da quei docenti che partono dall’Italia con l’obiettivo di portare la lingua italiana “grammaticale”, come viene da loro chiamata.
Ecco quanto denunciava Padre Rovilio Costa, scomparso qualche anno fa, vero e proprio patriarca della cultura taliana in Brasile, in un messaggio chiaro e senza fronzoli, diretto a chi arriva dall’Italia e dal Veneto:

Prima de tuto, che i italiani, sia veneti o de altre region, i vegna in Brasil rispetando la nostra cultura taliana, la nostra lengua che la ze el talian, no par imporre el so modo de veder e de far.

Lascio la conclusione a Darcy Loss Luzzatto, a una sua poesia che dovrebbe essere diffusa nel nostro Veneto, dove scandalosamente c’è gente che si vergogna di parlare la lingua veneta, soprattutto nelle nostre scuole:

Com’e bela ‘a nostra lengua, com’è melodiosa. E poetica. Basta parlada con
orgolio e alegria, mai con paura o co la boca streta e vergognosa.
E si con onor, con tanto tanto amor e simpatia.