L’anno scorso, il 13 aprile, oltre duemila persone – prima riunite davanti al palazzo di Giustizia di Bastia e poi in corteo lungo il boulevard Paoli – avevano risposto all’appello del collettivo I Patriotti formato da ex prigionieri politici. Protestavano contro ogni forma di ulteriore persecuzione nei confronti di chi era stato imprigionato per reati legati alla lotta di liberazione. In particolare, contro la pratica abietta di inserirli nel Fijait (Fichier judiciaire automatisé des auteurs d’infraction terroristes) qualificandoli automaticamente come “terroristi”, alla stregua di tagliagole jihadisti.
Chiedevano inoltre la liberazione di tutti i prigionieri politici corsi ancora reclusi e la realizzazione di un autentico dialogo, senza riserve o preclusioni, tra Corsica e Francia per una definitiva soluzione politica del conflitto. Due soltanto gli striscioni inalberati per l’occasione, ma comunque espliciti: “A ripressione Basta” e “Liberta”.
Della questione Fijait si è tornati a parlare nei giorni scorsi, mercoledì 29 gennaio, quando tre militanti indipendentisti (Felix Benedetti, Jean-Marc Dominici e Stéphane Tomasini) dovevano essere processati per essersi rifiutati di sottostare all’obbligo di schedatura nel Fijait. Il processo è stato tuttavia rinviato a settembre davanti alla Cour d’appel de Haute-Corse in seguito allo sciopero della fame degli avvocati del foro di Bastia contro il progetto di riforma delle pensioni. Alcune decine di persone – circondate da un numero superiore di agenti – erano venute a portare il loro sostegno ai tre militanti, che dal canto loro si sono dichiarati solidali con lo sciopero degli avvocati e più in generale con il movimento contro la riforma pensionistica.