Rimarrà aperta fino a domenica 26 gennaio la mostra “Crema veneziana. Momenti di vita, di storia e di arte”, inaugurata ai primi di dicembre presso il Teatro San Domenico, iniziativa che celebra i 570 anni dalla dedizione di Crema alla Serenissima datata 16 settembre 1449.
Prima di entrare a far parte della Repubblica Veneta, Crema aveva già una sua autonomia, arrivando a battere moneta sotto la signoria dei Benzoni (1403-1424); con Venezia diventarà una piazzaforte strategica in grado di “controllare” Milano, e sarà la pace di Lodi (9 aprile 1454) a ratificare l’enclave serenissima.
Il territorio cremasco è infatti completamente circondato dallo Stato di Milano, con la cittadina collegata alla provincia di Bergamo e alla Repubblica Veneta tramite una stretta via chiamata “strada dello Steccato” (detta anche strada Cremasca o strada Regia), fonte di continue discussioni, nonché percorso attraverso il quale praticare il contrabbando, o via di fuga per qualche ricercato dalla giustizia dell’uno o dell’altro Stato. Il confine era segnalato da cippi (o termini) in granito: erano oltre quattrocento e ne sono rimasti ben pochi.
Ecco cosa scrive Andrea Bernardo, podestà e capitano generale di Crema, nella relazione inviata alla fine del suo mandato nel 1562:
Il territorio di Crema è longo miglia 13, largo 7, e seben è poco, fa però il viver di quelli popoli sì di dentro come di fuori per essere fertilissimo con il beneficio dell’adaquare; tutto è circondato dallo Stato di Milano, e Crema è posta nel mezo, distante da Bergamo miglia 24, da Lodi 10, da Milan 28, et da Piasenza 30. Né v’è altro che una strada dimandata la strada Cremasca, ch’è verso il territorio di Bergamo, per la quale si può entrare ed uscire di quel territorio senza toccar il Stato di Milano. Sono in detto territorio ville 52 e anime 19864.
La Repubblica Veneta potenziò notevolmente la cinta muraria con terrapieni e bastioni, ancor oggi in parte visibili. Crema fu eretta a diocesi nel 1580 superando la vecchia divisione che vedeva il territorio diviso nelle tre diocesi di Piacenza, Cremona e Lodi; il santo patrono è San Pantaleone, di chiara origine veneziana.
L’impronta della Serenissima è rilevante in tutto il centro storico, con il Leone di San Marco che domina l’arco del Torrazzo e la torre del Palazzo Pretorio; il Duomo, in stile gotico lombardo, fu risparmiato dal Barbarossa e conserva un’opera notevole di Guido Reni, San Marco in carcere visitato dal Redentore.
L’economia della Crema serenissima era prettamente agricola e primeggiava il lino, un’eccellenza cremasca di grande prestigio alla quale la mostra offre il giusto risalto. Comeì scriveva Nicolò Bon allo scadere del XVI secolo,
Il traffico con il quale si sostenta così numerosa plebe consiste per il più nell’arte del lino, fabricandosi quantità grandissime di certe telle vergate per marcancia, mantilli et filli bianchi, nel che s’impiegano persone di ogni condittione, essendovi cinquecento e più telleri che lavorano di continuo in queste merci.
Nella stessa sede si può ammirare una altrettanto interessante quadreria con opere di artisti cremaschi, tra i quali Vincenzo Civerchio, Giovanni Battista Lucini, Mauro Picenardi.
La mostra è aperta il sabato e la domenica dalle 10 alle 18, il venerdì dalle 14 alle 18 e da martedì a giovedì per i gruppi con prenotazione (telefono 0373 85418). Molto interessante il catalogo edito dalla Fondazione San Domenico.