La poesia demotica cretese non si esaurisce certamente nella secolare, incessante produzione delle mantinades, le popolari poesie in rima. Non per nulla, Creta è la custode di molte tra le più vecchie e belle canzoni demotiche greche le quali nell’isola hanno trovato non solo più sicura conservazione, ma anche la più efficace e poetica riproduzione nel dialetto cretese così fluido, armonioso, lessicalmente dovizioso ed espressivo.


In linea generale la poesia demotica cretese può (e deve) essere interpretata e capita in particolar modo attraverso, innanzi tutto, le vicissitudini storiche che hanno modellato la coscienza del popolo, e poi nella considerazione del carattere (particolare) dell’uomo cretese rapportato al modo di vivere nell’isola e alla relativa filosofia esistenziale, che connota le reazioni psicologiche dell’anima popolare, e non solo, nonché i comportamenti sociali, politici, civili e culturali comunque legati a irrinunciabili esemplarità tradizionali.
A Creta le più antiche tracce di canzone demotica si riscontrano nel X sec. d.C. 1) e appartengono al filone akrìtiko. 2) Le imprese degli akrites, i difensori degli estremi limiti dell’Impero, e le relative narrazioni si ritiene siano giunte a Creta dopo la liberazione di questa dagli arabi a opera dell’imperatore bizantino Nikifòros Fokàs nel 961. È successivamente a tale anno quindi che non pochi combattenti dell’esercito imperiale bizantino, congedati, si trasferiscono a Creta (e altri a Cipro) in qualità di coloni nell’intento di apportarvi e instaurarvi un equilibrio demografico in relazione all’elemento turco fino allora prevalente.
Sono loro quindi che portano con sé le poesie e le canzoni che, ai confini  di Bisanzio, inneggiavano alle gesta eroiche innanzi tutto del Dighenìs Akritas ma pure degli altri condottieri bizantini o memoravano personaggi degni di particolare attenzione.
A questo punto, ciò che è massimamente importante è notare l’immediata, o comunque molto rapida adozione di questi racconti da parte della popolazione locale che li fa propri, scorgendovi poi la natura del proprio temperamento e della propria opposizione all’occupante musulmano. 3)
Non solo: ne adattano l’esposizione alla lingua parlata dell’isola, alle qualità dell’uomo cretese, all’ambiente naturale nel quale egli vive e agisce. Così Vassilios Dighenìs è l’eroe cretese per eccellenza, la sua vita e la sua morte trovano a Creta l’ideale ambientazione scenica ed esaltazione. E la variante cretese della canzone che a lui si riferisce è l’unica che abbia deviato dal tradizionale corso della narrazione e quindi, prima ancora, dell’idea che realizza l’eroe. In tutte le varianti della canzone sulla morte del Dighenìs, questi muore vinto dal Charos (Χάρος) 4) dopo aver a lungo lottato con lui nelle “aie marmoree”. Nella variante cretese, un testo concepito ed elaborato secondo la mentalità cretese, Charos non vince nella lotta il Dighenìs, non può prevalere ad armi pari: solo con un atto di vigliaccheria, in un’imboscata, a tradimento, riesce a ucciderlo e quindi a vincerlo.
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Il Dighenìs assume carattere sovrumano, ben oltre le potenzialità di un uomo, sia pure guerriero, e come tale il confronto con Charos, con la Morte, non può che trovarsi nel più perfetto equilibrio, rotto solo da un’azione dolosa e sleale. Fondamentale diversità e diversificazione, questa, che pone la figura del Dighenìs in una prospettiva assolutamente nuova e singolare, quale riflesso dell’animo e della qualità dell’essere cretese applicata al condottiero akrìtiko.
Ma la canzone demotica cretese non si limita alla produzione akritika: durante il periodo della presenza veneziana nell’isola (1212-1669) una cospicua fioritura di canzoni avviene sopra tematiche di varia natura e nei più diversi generi – mirolòja, canzoni d’amore, infantili, religiose, ninne nanne, della tavola, della strada – sia nell’àmbito della tradizione bizantina che nel filone di contenuto veneto-cretese. 5) Una menzione del tutto speciale, dato anche il carattere parimenti speciale dell’oggetto, va certamente riservata alle canzoni cretesi trascritte in un manoscritto rinvenuto nel Monastero degli Ìviri al Monte Athos 6) la cui straordinaria particolarità sta nel fatto che le canzoni sono accompagnate da una linea musicale scritta in parasemantica bizantina. Nel predetto manoscritto quasi tutte le canzoni riportate appartengono alla letteratura cretese, ciò che avvalora ancor di più la tesi della specifica qualità della creazione poetica demotica a Creta nell’epoca dell’occupazione veneta, comunque qualificata da superiori livelli di cultura poetica altresì riflessi nella ragguardevole, unica per pregio, messe di opere letterarie cosiddette erudite;le quali, a loro volta, non pochi influssi hanno esercitato nelle invenzioni della musa popolare attraverso l’osmotico passaggio nel corpo di varianti demotiche. 7)


Ben altro, diametralmente opposto, regime culturale si instaura a Creta, 8) durante il periodo della turcocrazia, nel campo della poesia e canzone demotica.
L’ispirazione degli autori si accentra su temi storici intesi nel senso di “descrizione di eventi storici”. Compare la rima, che diventa obbligatoria. Il verso è in prevalenza il decapentasillabo, senza escludere tuttavia la presenza di endecasillabi giambici quando il discorso si fa più concitato e nervoso.
È stato detto che le rime (rimes, ρίμες, in greco) erano i giornali dell’epoca: il loro stile descrittivo, piano, discorsivo, senza alcuna pretesa poetica, aiutato anche dalla successione delle rime, come una specie di plusvalore espressivo, favorì in modo superlativo una capillare conoscenza ed esperienza di fatti storici spesso rappresentando l’unica ed esclusiva fonte di notizie in mancanza di altre testimonianze scritte. In realtà, questa creazione demotica storica era quanto di più vivo e immediato potesse esser detto su fatti, situazioni, avvenimenti, di breve o lunga durata, che certamente influivano non poco sulla vita, quotidiana o meno, dei cretesi, anche se non propriamente accaduti a Creta. 9) Non raramente, poi, oggetto delle rimes erano noti personaggi locali la cui attività aveva lasciato profonde tracce nel tessuto sociale cretese: Jànnaris, Daskalojànnis, Vergas ed altri.
Lo studioso Theocharis Detorakis riconosce due periodi di sciluppo nella qualità e contenuto delle rimes: 1) quello dalla caduta di Creta in mano turca (1669) all’inizio della rivoluzione greca (1821) e 2) quello dalla rivoluzione greca all’ultima rivolta cretese (1898). 10)
Anche le rimes, come la tipica canzone demotica, sono rigorosamente anonime, una produzione collettiva nel tempo, autoperfezionatasi per successive stratificazioni formali, letterali e tematiche. Non mancano però anche composizioni di autori noti (Anagnostis Chazìs Zachariàdis, Joannis Konstandinidis).
Mentre le rimes si sviluppano e s’impongono nella parte orientale di Creta, 11) in quella occidentale (regione di Chanià e Rèthimno fin quasi a Iràklio) è la canzone chiamata risìtika ad essere predominante, una canzone popolare intensamente caratterizzata da elementi arcaici sia nella composizione sintattico-letterale che nell’insito apparato musicale. E una canzone che non si riscontra in nessun’altra parte del territorio greco.
I due generi di canzone demotica, rimes e risìtika, più propriamente categorie vicendevolmente antitetiche, divise da uno spartiacque invisibile, ma sostanzialmente presentito, intuito e rispettato, definiscono due precise mentalità e predisposizioni psichiche oltre che comportamenti pratici e atteggiamenti mentali e di costume contrapposti.
Ma cos’è questa canzone risìtika, con il palese, esplicito riferimento al termine “radici”, ρίζες, in greco?
Nella definizione di Stamatis A. Apostolakis, 12) etnòlogo, studioso di laografia tra i più insigni, “si chiamano risìtike le canzoni demotiche che da secoli vivono e sono cantate fino a oggi dal popolo che vive alle Rises. Ora, Rises e villaggi della Risa 13) vengono chiamati i villaggi delle province della regione di Chanià i quali si trovano alla radici (appunto, in greco: ρίζες)  delle Montagne Bianche 14) e, naturalmente, anche gli altri villaggi attigui della provincia di Chanià”. 15)
Pertanto, la tipica canzone demotica cretese è la canzone risìtika: e quello che è per la rimanente Grecia nel suo significato generale la “canzone demotica”, per Creta è la “canzone risìtika”, la pertanto fondamentale canzone popolare a sua volta suddivisa, anch’essa, in “sottospecie” individuate dall’oggetto o contenuto: akrìtike, storiche, paralojès, mirolòja, pastorali, gnomiche, satiriche, degli operai, dell’amore, della terra straniera, eccetera.
Per quanto riguarda, poi, l’età della canzone risitika, nulla è certo e preciso. In linea generale la sua ripartizione temporale va dallo scorcio dell’epoca bizantina alla cosiddetta Venetocrazia e di seguito occupazione turca fino ai tempi attuali, Comunque, la più antica canzone risitika della strada attiene al Saccheggio di Adrianòpoli nel 1361 da parte degli ottomani di Murat I.
Si dice che la canzone risitika sia la canzone demotica cretese nata dopo l’innesto delle canzoni akrìtike nel corpo della poesia popolare cretese. Ed è un’asserzione, questa, che crediamo trovi tutti d’accordo, in linea di principio. Non bisogna però tralasciare l’elemento qualificante di questa affermazione, il concetto di base, e cioè che la canzone akritika giunta ed installàtasi a Creta non trovò un vuoto o un deserto, ma bensì un terreno fertile, aperto e pronto a essere fecondato: in sostanza trovò il lievito che, trasformando la canzone akritika nella molteplicità della canzone risitika, produsse la nuova, originale, perfetta progenie della canzone popolare cretese, l’intero mondo risìtiko, 16) che vive della propria eccellenza e autonomia nella creazione di una tipologia, ormai divenuta classica, dove l’anima cretese ha modo di esprimersi prima nell’ampiezza culturale (retaggio della fioritura rinascimentale) della mentalità artistica veneziana, e poi con le più ampie aperture naturalistiche in epoca turca fino agli afflati vitali del XX secolo che rivisitano in chiave moderna, in parte, le trascorse elaborazioni o propongono nuove linee conduttrici nelle coordinate ideologiche delle nuove condizioni socio-politiche e storico-culturali. Rinnovata vitalità acquisisce, così, la canzone risitika.
Sì è accennato dianzi alla varietà tematica della canzone risitika. Tutte le varianti di contenuto rientrano in due generali categorie di composizioni: le canzoni della tavola 17) e le canzoni della strada. 18) Le prime vengono eseguite e interpretate secondo un rigoroso rituale di alternanza nel canto, minuziosamente osservata dai partecipi alla canzone, rituale che non viene invece seguito nelle canzoni della seconda categoria espresse in un motivo musicale unico e continuo. Le prime, come d’altronde rivela il nome, vengono cantate in occasione di festini e pranzi; le seconde invece sono eseguite durante manifestazioni all’aperto. Le canzoni della tavola non sono accompagnate da strumenti musicali; in quelle della strada, invece, è possibile che uno o più strumenti (lira cretese, liuto, violino) completino il canto vocale.

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I bizantini riconquistano Creta dai saraceni.

Generi di canzone demotica cretese

Non sembrerà ozioso qui un breve commento sui generi della canzone demotica cretese anche per la possibilità di effettuare un confronto, sicuramente proficuo, con la canzone demotica ellàdica (Grecia continentale).
L’articolazione di queste canzoni demotiche è davvero estremamente ricca e non poco complessa. Vi si trovano:

a) Canzoni akrìtike

Sono gli akrites (dal termine akra, estremità) i protettori dei confini liminari dell’impero bizantino e le relative canzoni akrìtike le canzoni che ne narrano la vita e ne celebrano le avventure di guerra negli scontri con gli eserciti saraceni. 19)
Numerose sono le variazioni cretesi di canzoni akritike inserite nella “famiglia” delle canzoni risìtike e attinenti non solo all’eroe supremo, il Dighenìs Akritas, ma anche ad altre canzoni di eroismi che glorificano le gesta di capitani la cui forza fisica ha del sovrumano e la fama ne attesta l’invincibilità.

b) Canzoni storiche

Sono canzoni storiche nel senso che la loro tematica concerne eventi militari (battaglie, assedi, conquiste di città, distruzioni di città, di castelli, di località varie) e imprese memorabili che hanno un posto di rilievo nella storia ellenica soprattutto dei secoli XV-XIX. Non sono però poche le canzoni che si riferiscono ad avvenimenti molto più recenti, verificatisi nel Novecento in Grecia e persino a Cipro, in ciò rivelando l’essenziale continuità della tradizione demotica a Creta che segue a passo a passo gli sviluppi storici e le conseguenze che ne derivano, versandone la carica emotiva nei testi delle canzoni.
I fatti sono narrati in modo enfaticamente drammatico, con ogni particolare possibile che possa accentuare l’impressione della rovina, del dolore, della disgrazia. Ovviamente non vi si riscontrano elementi di analisi storica, ma semplicemente racconti di vicende che hanno lasciato vive tracce di memoria non solo nei posteri, ma anche nei contemporanei.
A Creta il tenore e le modalità espositive della canzone storica sono – né avrebbe potuto essere diversamente – conformi alla tradizione poetica dell’isola. Sono pertanto componimenti che possono appartenere al genere rimes, come visto più sopra, o al genere risìtiko: il primo, in numerose strofe di decapentasillabi, a guisa di ordinaria “relazione” di fatti; il secondo, metricamente più vario, molto meno prolisso, aperto a momenti di genuina e intensa liricità e commozione.
La presa di Adrianopoli, la caduta di Costantinopoli, il canto di Costantino Paleologos (ultimo imperatore bizantino), la distruzione di Trapezunda, città pontìaca sul Mar Nero, la Caduta del Castello (nome originario della città di Iraklio) e, un secolo dopo, la battaglia di Creta e la resistenza dei cretesi ai tedeschi (1941-1945), il colpo di stato a Cipro (1974), la rivolta del Politecnico ad Atene (1973), la lotta dei ciprioti contro i colonialisti inglesi (1955-1959): sono alcuni oggetti di canzoni storiche che svariano nel tempo.
Non va dimenticato che la più vecchia canzone demotica storica conosciuta, la citata Presa di Adrianopoli, 20) è inserita nel corpus delle canzoni risìtike cretesi, come pure, ugualmente in primizia, le canzoni risitike sulla fondazione e caduta di Costantinopoli.
Quanto ai generi formali ai quali appartengono le diverse canzoni storiche a Creta, essi sono le rimes, le canzoni della tavola (της τάβλας) e alcune canzoni della strada (της στράτας).
Infine, una speciale menzione merita il fatto che a Creta la produzione di canzoni storiche ha proseguito almeno fino agli anni ’80 adeguandosi perfettamente alle vigenti situazioni storico-politiche, per esprimerne le manifestazioni più salienti e di maggior impressione popolare. Gli è che la musa demotica cretese prospetta – in un itinerario vigile a eventi che si incidono nella memoria collettiva e propongono opportuni motivi di meditazione – la sua tradizionale partecipazione alla realtà delle vicissitudini non solo nazionali ed extra-nazionali, ma anche umane/individuali afferenti quelli che la sorte ha prescelto per memorande condotte. 21)

c) Canzoni della migrazione o del paese straniero

La regione di Creta ha da sempre costituito in Grecia uno dei più attivi punti di movimento migratorio. 22) Dall’epoca dell’occupazione turca e della fine dell’impero bizantino fino al XVIII secolo gli abitanti dell’isola manifestano una non indifferente tendenza a emigrare, in altre regioni del territorio metropolitano o in altri Paesi, specie oltre oceano.
Dopo la caduta di Costantinopoli (1453) si verificò il primo grande esodo migratorio, in particolare verso l’Europa occidentale. Molti altri ebbero luogo successivamente, così da provocare e giustificare una cospicua creazione di canzoni risitike su tale argomento.
Guy Saunier 23) nella sua opera specifica perviene a rappresentazioni molto efficaci del fenomeno migratorio specie presso la società  rurale greca. Prima di lui, Jorgos K. Spiridakis 24) in àmbito cretese analizza con acume e chiarezza il percorso di questo tipo di canzone in Grecia. E poi un altro studioso pure di origine cretese, il citato Stamatis A. Apostolakis 25) svolge interessanti e realistiche considerazioni di ordine pratico e psicologico nel quadro del diffuso sconvolgimento sociale causato dalla “rivoluzione migratoria” in àmbito popolare, proletaria e contadina.
Ridursi emigrante in terra straniera (ξενητιά, un unico termine greco di polivalente significazione) “equivale a morte”, secondo la definizione che prima di tutti ne dà Stilpon Kiriakidis, 26) uno dei maggiori studiosi della canzone demotica greca. Il tormento della canzoni della strada, la solitudine per chi, lasciata la propria patria, si trasferisce nell’ignoto Paese estero, il dolore e l’angoscia per coloro che rimangono nel Paese natìo e aspettano, spesso invano, il ritorno del proprio caro e la tristezza di morire in un luogo straniero, lontano dall’affetto e dall’amore della propria famiglia: sono i leit-motiv di queste canzoni che, per molti lati, si avvicinano ai mirolòja, giacché lasciare la propria casa e il proprio paese per andare a vivere in terra straniera può essere e spesso è addirittura più duro della morte stessa. E come nei mirolòja, anche nelle canzoni della migrazione prevale la malinconia, l’amarezza e l’afflizione nell’incontrollabile pathos di una situazione il più delle volte irreversibile.
Quelli che rimangono indietro, nei paesi, in patria, sono gli autori di queste canzoni. 27) Genitori e parenti, mogli e figli diventano i portavoce dei tormenti, dei dubbi, dei rimpianti e delle speranze di quelli che hanno lasciato il tepore della casa e dell’amore della famiglia per una avventura di incerto esito in terra lontana. In questo ordine di idee l’espressione di ciascuno diviene espressione della collettività rimasta in patria e tutto il paese ne interpreta i sentimenti, li vive e se ne fa carico, quasi a consolazione dei familiari rimasti in casa a lacrimare, ricordare e sperare, molte volte inutilmente.
Il canto di queste canzoni della migrazione (o della terra straniera) è puramente vocale: nessuno strumento musicale interviene poiché nessuno deve stornare l’attenzione dal sentimento che la voce manifesta e significa, quale più naturale e immediato tramite dei moti dell’animo umano.
Ne consegue che la maggioranza delle canzoni della migrazione rientra nella categoria delle canzoni della tavola. Rare sono quelle che appartengono alla specie delle canzoni della strada.

d) Canzoni dell’Oltretomba e del Charos

Sono canzoni incluse nel tipo dei mirolòja, ovvero canti di pianto per qualcuno che è morto.
La loro origine risale all’antichità: sin da allora vigeva la consuetudine del lutto e del lamentto collettivo, 28) entro il quale la pena personale poteva trovare, quasi diluendosi nel comune compianto, una qualche fonte di sollievo e di comprensione.
Il miroloi, il lamento funebre per la sparizione della persona amata, offre la sua prima testimonianza in Omero. 29) Si tratta di una tradizione popolare che, in ambito greco, giunge senza soluzione di continuità fino al XX secolo d.C., ricca di implicazioni umane, filosofiche e teleologiche, interpretando una profondissima necessità dell’anima di uomini e donne sensibili all’eterno gioco vita-morte e al destino dell’umana esistenza visto con assoluto realismo, e perciò stesso vissuto con tragica passione e fatalistica concezione.
Nella grande famiglia della canzone demotica greca i miroloja costituiscono forse le creazioni più poetiche, più liriche, nelle quali il sentimento ha modo di traboccare nella più grande libertà, bensì, ma sempre nel massimo decoro e nella più dignitosa pudicizia.
E sono vive le esclamazioni di tenerezza per l’inevitabile dipartita, la sorte avversa, la destinazione dell’anima: e sono semplici le parole, epperciò terribilmente pregnanti, si direbbe figurate, dense di palpito lirico e nobile ispirazione. 30)
Il miroloi non è una poesia “meditata”, riflessiva: nel momento stesso della sua declamazione viene improvvisata, 31) si rivolge ad personam, alla presenza ancora viva e alla memoria di chi è morto lasciando sconsolati i superstiti. L’oggetto ne è il più diverso: per il giovane, per il vecchio, il padrone o la padrona di casa, il contadino, l’insegnante, per la madre, e così via.
Una delle particolarità dei mirolòja sta nel fatto di essere cantatì da donne in prevalenza, mentre sono in maggioranza uomini quelli che si occupano e s’interessano delle canzoni del Charos. 32) In quest’ultime la figura di Charos – più che Caronte, è la Morte personificata – non ha certamente nulla in comune con la concezione cristiana della morte: prosegue invece la linea tracciata nella mitologia greca antica, adottando, di quell’antico Charos, in pratica la maggior parte dei tratti salienti, ponendosi quindi nei termini di un realismo crudo e immediato, esattamente come la realtà della morte appare nella vita e nell’esperienza del popolo nel cui fatalismo (“era scritto così”) trova il suo più perfetto riconoscimento.
L’allontanamento dalla… ma forse è più corretto dire: il disconoscimento della lezione cristiana e dei precetti della Chiesa costituisce il costante indirizzo della canzone demotica greca e della specifica categoria dei mirolòja tradotti nelle canzoni dell’Oltretomba, nelle quali non manca mai di preciso rilievo la contrapposizione – anche questa riferita a una matrice antica – con le gioie e la luminosità del Mondo di Sopra, cioè del mondo terreno: triste, tenebroso, doloroso è l’Ade; ameno, splendente, rallegrante è il mondo della vita terrena.
Verso la fine del XIV secolo e negli anni conclusivi dell’impero bizantino, in ogni caso durante la Turcocrazia, si situa il sorgere e il diffondersi delle canzoni dell’Oltretomba, una parte delle quali, perso il carattere lamentoso, viene addirittura cantata, in forma di indicazione parenetica per la brevità e l’inconsistenza della vita, in occasione di banchetti e simposi come necessaria antitesi antagonistica (e comunque rammemorativa) a ogni idea di carpe diem.

e) Canzoni dell’amore e del matrimonio

Tra le più vecchie canzoni risìtike vanno annoverate le canzoni dell’amore e, nello stesso ordine di idee, le canzoni nuziali o del matrimonio.
Si potrebbe perfino asserire che le canzoni nuziali risalgono all’antico imeneo degli antichi poeti lirici e fors’anche, prima ancora, all’epos omerico: comunque sia, di questo riproducono i contenuti e lo spirito, e in ogni caso costituiscono una cospicua variante del genere canzoni dell’amore, nelle quali vengono tessute le lodi della persona amata e si esprimono i sentimenti amorosi, le pene, i capricci e le aspettative dell’amore.
Nel quadro generale della poesia demotica greca, la poesia risìtika a Creta presenta i più begli esempi di poesia d’amore, soprattutto quella che viene creata nella parte più occidentale dell’isola. Vi è un’icastica stilizzazione dell’espressione poetica che si svolge nella più eloquente sobrietà di mezzi testuali, nondimeno capaci di eccezionali costruzioni figurative e rappresentazioni poetiche. Così, la passione d’amore trova l’ideale cornice descrittiva con effetti narrativi di ammirevole efficacia e potenza inventiva. 33)
Caratterizzano le canzoni dell’amore e nuziali due attributi o proprietà:

  • non sono cantate dagli stessi innamorati, dagli sposi, cioè in prima persona, ma ben da persone della cerchia familiare o da amici;
  • utilizzano molto spesso comparazioni o riflessioni allegoriche attinenti ad animali (in particolare, uccelli) e ad azioni umane direttamente su di essi influenti (come la caccia), nonché al mondo della natura, specialmente alle piante. 34)

Maggiore varietà tematica presentano le canzoni nuziali. Non solo le fasi del matrimonio possono costituire oggetto di canto, ma tutto quanto precede e segue: “Il fidanzamento, il trasporto della dote alla dimora dello sposo, la camera nuziale con tutto il suo simbolismo, la cerimonia del matrimonio, il recarsi della sposa in casa dello sposo: 35) sono alcuni degli eventi che il poeta popolare “celebra” cantando la commozione, dolce e diffusa, che provoca il matrimonio.
Sono comportamenti e atteggiamenti del tutto naturali, da sempre compresi nella pratica tradizionale, che nella procedura teleturgica acquisiscono importanza sacramentale ed emblematico valore. In tal modo tutti i momenti del percorso che conduce i futuri sposi alla cerimonia nuziale risultano suscettibili di esaltazione poetica e musicale: la preparazione degli sposi, la processione matrimoniale, l’uscita della sposa dalla casa paterna, la bellezza della sposa, la virilità dello sposo, la giovinezza di entrambi, l’accoglienza della sposa da parte dello sposo, la preparazione dei pani speciali del matrimonio, la gioia dell’avvenimento nuziale, ma anche la tristezza per la partenza della sposa dalla dimora paterna 36) motivano sempre singolari ispirazioni di canto coinvolgente tutti gli astanti in una collettiva festevolezza trapunta di liete speranze, rallegramenti augurali e tènere commozioni.
Alla fine l’esultanza del banchetto si esprime in nuove canzoni, in un interminabile concorso di abilità poetica, 37) soprattutto negli estemporanei distici delle mantinades, nel quale ognuno cerca di esprimere il meglio della propria sensibilità e del proprio affetto verso i festeggiati.
Nel banchetto si riuniscono infine i gruppi di cantanti della strada e della tavola in un unico complesso così da formare insieme agli invitati la più ampia corale melodica della festività.

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f) Paralojès

Le paralojès rappresentano certamente uno dei più importanti capitoli della canzone demotica greca. Con una struttura tematica ed espositiva che appare, ed è realmente, come una miniatura di tragedia, riflettono e raccontano aspetti drammatici della vita umana mediante l’utilizzazione, in un sapiente climax di intensità ed emozione, di componenti favolistici, mitici e leggendari in ariosi versi decapentasillabici, i moderni tetrametri giambici catalettici.
Entro tale orizzonte l’elemento narrativo – come è stato rilevato 38) – si concentra nell’idea centrale e nell’oggetto di base sviluppati con prevalente attenzione. Le implicazioni complementari. invece, e i particolari accenni che l’autore sottende, costituiscono fattori secondari la cui identificazione viene lasciata all’intuito, alla fantasia e alla comprensione del lettore.
Si conosce per certo la provenienza del termine e del significato della paralojì derivati dal termine parakatalojì, 39) espressione complessiva riferita a un genere di recitazione drammatica, con accompagnamento di strumento musicale, svolta in sede teatrale, connessa con la forma della tragedia orchestica in auge in epoca imperiale e proveniente dalla scomposizione della tragedia greca classica e l’inclusione di ampie tessiture coreografiche.
In tal senso quindi le paralojès, insieme alle canzoni akrìtike, sono le più vecchie fattispecie di canzone demotica (popolare) greca. E tanto tematicamente si avvicinano a quelle, da risultarne spesso facilmente confondibili, avendo altresì in comune i tempi della nascita e dello sviluppo.
Le paralojès sono così variegate negli argomenti o materie, 40) da risultare assai problematica una loro precisa classificazione o elencazione. A questo proposito, e puramente a titolo orientativo, vale la pena, crediamo, ricordare che, secondo Jorgos Ioànnu, 41) prosatore e laografo tra i più noti in Grecia, è plausibile, tutto sommato, suddividere le paralojès in due grandi filoni: 1) quelle relative ai racconti della tradizione popolare, e 2) quelle che  riproducono esemplari momenti soprattutto sociali e familiari. 42)
Tuttora a Creta il complesso delle paralojès gode di vasta diffusione in special modo negli strati popolari presso cui assume funzioni e fini di mirolòi. In forma invece di evento romanzato, a mo’ di fiaba narrativa multistrofica, avviene che siano cantate addirittura a conclusione di banchetti, 43) sempre a Creta, sempre con immutato successo di ascoltatori ed estimatori, attratti dal fascino della immaginifica ricchezza narrativa dei testi e dalla viva sensazione che provoca la costante forza emotiva degli eventi raccontati.

g) Canzoni satiriche e lepide

La poesia greca sin dalla prima antichità ha coltivato con esito particolarmente felice la satira e l’elemento lepido-burlesco e mordace. A partire dall’VIII secolo a.C. con Archiloco e i successivi autori di produzione giambica (Ipponatte, Simonide di Amorgòs, Ananio, Sussarione, Timocreonte, eccetera), e di seguito alquanto più tardi attraverso le invenzioni prodromiche in epoca bizantina (XII d.C.) fino alla commedia della Scuola Cretese dei secoli XV-XVI, questo genere di creazione poetica ha mantenuto una ammirevole continuità e comunque novità e rinnovata originalità nella inventiva delle sue espressioni satiriche.
Anche nell’odierna canzone risìtika cretese lo sberleffo, la canzonatura, l’arguzia, il motteggio, l’ironia continuano a manifestare la sorgiva vena satirica popolare, la quale non disdegna spesso e volentieri persino il ricorso a un vocabolario decisamente grossolano e scurrile, specie nell’animazione del Carnevale, nondimeno in una fraseologia che molto ma molto difficilmente estrinseca un carattere offensivo, tanto la sua dizione è capace di “ammorbidire” al massimo anche i termini più volgari e rozzi.
E come nei tempi antichi, pure adesso una precisa gestualità e mimica accompagna le canzoni satiriche, in una tradizione mai venuta meno in quanto collegata a naturali spinte e propensioni spirituali della gente rimaste razzialmente invariate nel corso dei secoli, ma meglio si direbbe millenni… Rimane quindi sempre il fatto esterno della tendenza e del gusto, pur però diversi nei loro contenuti rispetto all’analogo nei tempi antichi, come insopprimibile esigenza della natura umana tesa al raggiungimento di uno stato di letizia e di soddisfazione psichica.

h) Canzoni a sfondo cultuale-religioso

Non è possibile, infine, non passare brevemente in rassegna la categoria delle canzoni risìtike dedicate alle feste religiose e alle manifestazioni del culto.
È noto che in Grecia il sentimento religioso, sin dai tempi più remoti, si è sempre mantenuto su livelli assolutamente elevati. E non poche volte nelle più avverse vicende storiche ha costituito l’insostituibile cemento di coesione per la sopravvivenza e il superamento delle più ostiche condizioni di vita.
Non sorprende quindi constatare che numerosissime canzoni popolari sono state scritte in ogni regione greca e in ogni tempo per celebrare le feste, soprattutto quelle maggiori, del calendario ortodosso: Natale, San Basilio (1o gennaio), Epifania (in greco si preferisce l’espressione Τα Φώτα, Le Luci e anche Θεοφάνεια, letteralmente Apparizione di Dio), la Pasqua, Le Palme e il sabato che precede dedicato a Lazzaro resuscitato da Gesù Cristo, e i giorni della Settimana Santa, specie il Venerdì Santo con le Lamentazioni della Madonna. Non sono escluse, tuttavia, anche le festività profane, in particolare quelle carnascialesche, la festa di San Giovanni Battista (24 giugno) con i giochi di divinazione alla luce dei fuochi accesi e ancora altre ricorrenze minori durante le quali il sentimento religioso si confonde con il suo più antico sostrato pagano in un amalgama di sincero fascino e gentilezza.
In linea generale si tratta di canzoni cosiddette αγύρτικα, ossia, con una certa approssimazione,  ciarlatanesche, 44) nel senso di canzoni con le quali colui che canta cerca di “prender con le buone” l’ascoltatore, di solito un padrone di casa o/e padre di famiglia, ma non solo, 45) rallegrandolo con le parole garbate della canzone e, alla fine, tessendone le lodi e augurandogli la migliore fortuna, tutto ciò per “spillargli” una bonamano, una mancia qualsiasi postulata comunque in musica!
Canzoni di materia e argomento religioso, quindi, le quali non disdegnano affatto di includervi, come componente costitutiva e spesso finanche scopo precipuo, un lato per così dire materiale, in certo modo venale e volgare, una specie di do ut des al quale, peraltro, nessuno si rifiuta, anzi molto frequentemente ne sollecita l’esecuzione.
Estremamente varia e doviziosa è la messe di canzoni religiose e cultuali della canzone risìtika cretese. 46)
Ne formano oggetto comune il giudizio universale quale giustificazione finale dell’esistenza, la presenza sempre viva della preghiera, tematiche del dogmatismo cristiano, vite dei santi, orazioni, i cosiddetti “alfabeti”, 47) eccetera, parti dell’insegnamento canonico e scolastico cristiano.
Non sarebbe completa, infine, la tipologia delle canzoni risìtike se non si menzionasse altresì l’esistenza, sia pure in decisa minoranza, delle canzoni di ninna-nanna (nenie), infantili, bambinesche, gnomiche, pastorali, dell’abigeato (!), del lavoro. Mancano del tutto i chelidonìsmata (χελιδονίσματα), le  “rondinate”.

La  musica della canzone risìtika

Ascoltando la musica della canzone risìtika l’impressione che se ne trae conferma certamente l’asserzione circa una ininterrotta continuità della stessa dai più remoti anni antichi; una continuità in tutta evidenza per nulla alterata da ingerenze indebite e da contraffazioni di infelici interventi nel corso del tempo.
Creta, come peraltro tutte le isole, specie le più grandi, del bacino meditetrraneo, ha subìto in pratica una ininterrotta serie di occupazioni straniere, anche di lunga durata, le cui tracce sono tuttora ampiamente visibili. Ciò malgrado, la canzone popolare cretese – la canzone risìtika, appunto – risulta comunque quella che meno ha risentito di influenze allogene mantenendo con caparbio zelo e costanza la propria identità, più che greca, gelosamente cretese.
Vi si riscontrano componimenti di antica fonte, invariati e invariabili nella veste costitutiva cretese quanto a forma e tecnica, assicurando l’originaria struttura narrativa, l’estro lirico e la forza drammatica che alla natura risìtika di questa canzone assegnano l’affascinante singolarità e la distintiva unicità.
Nella individuazione che ne fa Jorgos I. Chazidàkis, uno dei massimi etnologi e laografi, 48) le canzoni risitike delle province occidentali dell’isola 49) posseggono un’aria imponente, vivace e severa in contrasto con le canzoni della parte orientale e centrale, 50) sostenute da intensa sensualità e una “struttura tecnica la quale attribuisce a queste spesso un aspetto di opera d’arte”. 51)
Come la canzone akrìtika che, introducendosi a Creta, ha acquisito e incorporato le migliori qualità dello spirito e dell’anima cretesi arricchendosi di superlative proprietà poetiche, concettuali e di contenuto, anche la canzone risitika esprime musicalmente la parte più preziosa dei sentimenti del popolo cretese rapportati alle tradizioni storiche, sociali, di libertà, di orgoglio razziale della popolazione nell’arco dei secoli.
Un esame della melodia della canzone cretese non può che rilevare l’appassionato èmpito che colma di sé l’ispirazione.
Dal punto di vista tecnico della composizione, sempre secondo Jorgos I. Chazidakis, 52) avviene in questa musica uno svolgimento che echeggia analogo procedimento chiamato attrazione o gravitazione nella prassi musicale e semeiotica bizantina. Ciò accade quando dei suoni vanno ad affievolirsi nel corso dell’esposizione tematica quasi che parte del loro valore quantitativo fosse assorbito da suoni limitrofi più forti, in tal modo formando “intervalli inferiori al semitono, di indefinito contenuto”. Il venir meno del corpo del suono che perde consistenza viene inquadrato nell’espressione “sofferenza o patimento di diminuzione” ed è una “sofferenza” o un “patimento” che subisce il “corpo” di un suono tale da alterarlo eliminandone buona parte del suo complesso di onde acustiche.


I suoni che maggiormente subiscono la perdita di una fascia della loro sostanza sonora sono quelli del terzo e settimo grado dell’ottava, ovvero il mi e il si della scala del do. Sono suoni che “non esistevano nella antica scala musicale pentatonica e furono aggiunti più tardi, considerati chiaramente decorativi e utilizzati per ornare la melodia” (J.I. Chazidakis).
A questi due suoni sembrerebbe che vadano aggiunti altri due, il fa e il do, anch’essi suscettibili di essere “assorbiti” da suoni confinanti più forti.
Saliente caratteristica delle canzoni risitike cretesi è la netta, persistente natura diatonica, eredità non dimenticata della antica musica greca che non si riscontra in nessun altro tipo di canzone demotica greca.
La linea melodica della canzone cretese, dai suoni ampi e trascinati, tipici nel loro andamento e peculiari della cultura musicale isolana, ancor oggi risulta del tutto immune da influenze non solo straniere, ma anche di altre regioni elladiche, nella stretta, spontanea conservazione dello spirito di una tradizione immutata nel tempo e sempre considerata preziosa nello spazio. 53)
Dal punto di vista formale, la canzone risìtika si muove secondo una figurazione ciclica nel senso che una strofe (ciclo) viene interpretata dal singolo esecutore, dapprima, e in seguito ripetuta da tutti gli altri insieme, coralmente, dopodiché ritorna il solista al quale nuovamente segue il complesso degli altri, e così fino al termine della canzone.
Quantitativamente, una canzone risitika è composta, senza eccezioni, da un numero di misure che variano tra le 16 e le 20. In linea di principio i versi vengono adattati al motivo musicale (e non l’inverso), secondo modalità che riflettono per buona parte la tipologia della musica bizantina, pertanto non è raro che una sillaba del testo poetico prosegua foneticamente lungo un’intera sezione della linea melodica per un numero variabile di misure. Peraltro è uso corrente la ripetizione di parole o di frasi intere a mo’ di varianti ritmiche nella locuzione musicale e conseguente arricchimento testuale della parte melodica. 54)
La canzone risitika tradizionale è scritta conformemente al modo dorico che, nella disposizione dei toni e semitoni, secondo la semiologia moderna, si avvicina al suono di una tonalità maggiore, anche se formalmente si presenta piuttosto correlata a una andatura minore: infatti, mentre la struttura tonale di una gamma maggiore è naturalmente ascendente, nel modo dorico è discendente, carattere proprio a una struttura in minore.
È noto che la scala nella musica greca antica era priva di un grado di tonica, concetto, questo, legato al mondo della armonia. Ciò però non significava anche l’inesistenza di un suono principale, di base. Nel modo dorico il suono mediano era il suono principale. Considerato che il modo dorico richiedeva la costituzione di due tetracordi che costituivano la scala, e visto che il primo tetracordo cominciando dal mi si completava con re-do-si, mentre il secondo era composto dai suoni la-sol-fa-mi, se ne deduce che, quale suono mediano, il la rappresentava il suono principale della “gamma” dorica, ovvero un la minore. 55)
La tonalità in minore. quindi, di una canzone risìtika conferisce a questa un aspetto e un’aria di mesta e malinconica meditazione, mentre, al contrario, nel modo lidio la canzone risìtika acquisisce uno stile maestoso, solenne, ritmicamente solido.
Così, in linea generale, la canzone risitika è composta adottando tempi solenni e imponenti: si va quindi dall’adagio o grave fino all’andante maestoso dove ha modo di esprimersi da una parte l’animo eroico e il gesto nobile dell’uomo cretese e dall’altra la sua nostalgia d’amore e la malinconia per i troppi sacrifici e le sanguinose lotte che ha sempre dovuto sostenere. 56)
Nell’universo della canzone risitika le canzoni della tavola posseggono una posizione di assoluta preminenza. Probabilmente sono le sole che si eseguono a cappella, con la sola voce e senza accompagnamento di strumenti musicali. In esse la figurazione ciclica, di cui è cenno più sopra, viene applicata nel modo più ampio e canonico: ogni strofa viene dapprima cantata da un cantante solista, quasi sempre un uomo anziano, un vegliardo degno di onore e dignità, e poi ripetuta da tutti gli altri commensali. Il contrasto che ne scaturisce è tra i più suggestivi e atmosferici nell’ambito della canzone demotica greca. 57)
In sostanza la canzone risìtika riverbera, come nessun’altra, la fisicità e non meno la spiritualità di un popolo, quello cretese, la cui esistenza è la viva e vivente rappresentazione della storia e della memoria dell’isola lungo i secoli del tempo: sono questi secoli che si concretano visibilmente ed osmoticamente nell’organica materia delle canzoni risìtike che “unisce le corde più profonde del cuore con i segreti fili della viva tradizione”. 58)
La canzone risitika trova la sua più estesa e vera rivelazione in una bibliografia particolarmente copiosa e importante che inizia addirittura dopo la metà del XIX secolo (1867) continuando sino alla fine del Novecento, senza con ciò naturalmente escludere ulteriori operosi contributi. 59)
S’è detto dianzi infine che, alla stessa stregua della canzone demotica greca in generale, anche la canzone risìtika si suddivide in sottogruppi a seconda del “genere”. Così, a puro titolo informativo, la distinzione in Stamatis A. Apostolakis 60) prevede le canzoni: akrìtike, eroiche, storiche, paralojès, del matrimonio, della festa, ninne-nanne, infantili, della migrazione, mirolòja, dell’Oltretomba (Altro Mondo), di Charos (Morte), religiose, del culto, gnomiche, pastorali, dell’abigeato, operaie, satiriche, lèpide.
Con più o meno identiche o diverse denominazioni sono presentati questi generi di canzoni nelle altre raccolte tra cui quelle di Idomeneas Papagrigorakis (1957), Andonis Jànnari (Anton Jeannarakis) (1876), Aristidis Kriaris (1909), Paris Kelaidis (1983-1984) e altre minori.

 
creta canzone risitika

N O T E

1) Senza con ciò escludere l’esistenza di canzoni demotiche prima del X secolo, giacché non è praticamente possibile che proprio in questo secolo sia ex abrupto comparso questo tipo di canzone,  senza una precedente “preparazione” o iniziale formazione.
2) È noto che Creta (con Cipro) è la regione greca dove a tutt’oggi la materia del ciclo akrìtiko si presenta fiorente, in uno sviluppo tematico assolutamente originale e caratterizzante la particolarità della lingua (idioma) e dell’animo locale.
3) cfr. Manolis Dulgherakis, La datazione della canzone demotica cretese in Cronache Cretesi, vol. 15-16, fasc. 3 (1961-1962), pag. 72.
4) Charos: personificazione della Morte, in parte identificato con Caronte, traghettatore delle anime nell’Ade.
5) Stefanos Xanthudidis, Saggi, a cura di N. Panajotakis e Th. E. Detorakis, Iraklio 1979.
6) Bertrand Bouvier, Canzoni demotiche in un manoscritto del Monastero degli Iviri, ed. Istituto Francese ad Atene, 1960.
7) Non è possibile non ricordare come a Creta, anche in concomitanza con l’influenza veneziana (fino al 1669, quando l’isola fu occupata dai turchi), dalla fine del XVI e nel XVII secolo ebbe luogo una eccezionale fioritura letteraria soprattutto nell’ambito teatrale. Jorgos Chortàtsis, Vintsentsos Kornàros, Markos Antonios Fòskolos elevano il livello poetico su un piano di assoluto pregio (Erofìli,  Katsurbos, FortunatosPanòria, Erotòkritos, Il Sacrificio di Abramo, quest’ultimo di autore ignoto).
8) Principalmente nella parte orientale dell’isola.
9) Come, per esempio l’assedio di Vienna (1683), l’epidemia di peste in Europa (1770) e altri eventi importanti: v. Theocharis E.Detorakis, La poesia demotica a Creta in riv. Nea Estìa (Nuovo Focolare), vol. 154, fasc. 1762, dic. 2003, pagg. 823-824.
10) Il moltiplicarsi degli avvenimenti nel secondo periodo comporta un proporzionale aumento quantitativo delle rimes. Spiccano quelle sulla Battaglia di Kìssamos (1823) e quella di  Kanlì Kastellì (1897), del terremoto del 1856 e dell’insurrezione di Mavrojènos (1858).
11) Insieme alle mantinades.
12) Stamatis  A. Apostolakis, “Risitike” – le canzoni demotiche di Creta, Atene 1993, pag. 16.
13) Singolare: risa (la s come “rosa”), plurale: rises (radice – i).
14) Le Montagne Bianche sono una catena montuosa, lunga 60 chilometri, nella parte occidentale di Creta. La sua vetta più alta, Pachnes, tocca i 2454 metri.
15) Conferna ne dà Jorgos N. Ekaterinidis con il testo Civiltà  popolare  in Creta, Storia e Civiltà, vol. II, Creta, Associazione Unioni Locali Comuni e Comunità, 1988, pag. 546: “Le cosiddette canzoni risìtike sono considerate le principali canzoni di Creta, quelle che prevalgono nella Creta Occidentale e più specialmente nelle regioni intorno alle Rises, ai piedi delle Montagne Bianche”.
16) cfr. Manolis Dulgherakis, op. cit., vol. XV-XVI, fasc. 3 (1961-62), pag. 75.
17) In greco: τραγούδια της τάβλας, cioè della “tavola”, dal pancone di legno il cui piano serve per depositare le vivande del pranzo. Le relative canzoni si chiamano anche conviviali, ovvero del χαροκόπι, della gioia simposiale.
18) In greco: τραγούδια της στράτας, dove palese risulta la derivazione dalla italiana strada: canzoni che si cantano camminando nelle strade per annunciare nozze, fidanzamenti, per prelevare la dote, per prendere la sposa dalla casa paterna, ecc.
19) Le canzoni akrìtike sono, insieme con le paralojès, le più antiche composizioni della tradizione demotica. La loro datazione va dallo scorcio del IX sec. al XIV sec. (Alexis Politis, Storia della nazione greca, “La canzone demotica”, vol.XI, pagg 288-289).
20) In greco Κρούσος της Αντριανούπολης. Al riguardo, importante è Jorgos Megas, Adrianòpoli pluriconquistata. La nostra più vecchia canzone storica, in “Ellinikì Dimiurghìa”, fasc. 2 (1948).
21) cfr. Eratosthenis Kapsomenos, La contemporanea canzone storica cretese, Atene 1979, pag. 15.
22) Particolarmente numerosa è stata l’emigrazione negli Stati Uniti nel sec. XIX, un’emigrazione di nuove caratteristiche, forse la prima spinta da motivazioni economiche.
23) Guy Saunier, La canzone demotica della migrazione, ed. greca Ermìs, Atene 1983.
24) J. K. Spiridakis, Poesia demotica (lezioni universitarie) in Laografia Greca, vol. IV, Atene 1971, pag. 330.
25) S. A. Apostolakis, Canzoni demotiche di Creta per la migrazione, Chanià 1988, pag. 65 segg.
26) S. Kiriakidis, Laografia greca, parte I in Monumenti della Parola, Atene 1965, pag. 85.
27) cfr. G. Saunier, op. cit., pag. 10.
28) cfr. Dimitrios Petròpulos, Canzoni demotiche greche, vol. II, Atene 1958, pag. 22 seg.
29) Tra l’altro, in Hom. Od. XXIV, vv.62-63, 80-87, 374-377, trad. I. Pindemonte, 1822.
30) v. Jorgos K. Spiridakis, Laografia Greca, vol. IV, Poesia demotica, Atene 1971, pag. 338 segg.
31) C. Fauriel, Chansons populaires de la Grèce moderne, vol. I, Paris 1824, pagg. 79-80.
32) J. K. Spiridakis, op. cit., pag. 352 segg.
33) cfr. Theocharis E. Detorakis, Inedite canzoni demotiche di Creta, Iràklio 1976, pag. 121.
34) D. Petropulos, op. cit., pag. 13 segg.
35) Pavlos G. Vlastòs, Il matrimonio a Creta. Usi e costumi dei cretesi, Atene 1893, pag. 6-7.
36) D. Petropulos, op. cit., pag. 15 segg.
37) Nel passato, il banchetto durava diversi giorni. Attualmente si limita a un numero di ore che può raggiungere la dozzina.
38) Stamatis A. Apostolakis, cit. Risitike. Le canzoni demotiche di Creta, pag. 17.
39) Stilpon Kiriakidis, Gli inizi storici della poesia demotica greca, Thessaloniki 19542, pag. 6.
40) Attengono alle più svariate manifestazioni, sempre però a sfondo tragico, della vita del popolo greco, sia nell’àmbito della rapportualità interumana che nella più vasta memoria della tradizione popolare.
41) Jorgos Ioannu, La canzone demotica. Paralojès, Atene 1970, 19832, pag. 7.
42) Analogo orientamento mantiene anche l’Accademia di Atene nella sua proposta in Canzoni demotiche greche, vol. I: Selezione, Atene 1962.
43) Stamatis A. Apostolakis, La canzone risitika didattica cretese in “Focolare Cretese”(Κρητική Εστία), fasc. 209, 1976, pag. 351 segg.
44) Nel senso che raccontano storie inventate o inverosimili e finiscono, indipendentemente se sincere o no, con le più sperticate lodi verso il destinatario della canzone.
45) Non è affatto raro che ci si rivolga al prete della parrocchia, al maestro della scuola, alla casalinga, al pastore, al giovane figlio prediletto, alla bella figlia, ecc.
46) Stamatis A. Apostolakis, L’insegnamento cristiano nella poesia demotica di Creta, in “Prometeo ignìfero”(Προμηθεύς ο Πυρφόρος), n. 33, 1983, pag. 35-62.
47) Sono testi, di solito di modesta fattura poetica, di contenuto religioso, ma di larga diffusione in ogni epoca, in Occidente come in Oriente, sin dal III-IV sec. d.C. Dal 1000 in poi e praticamente fino al XVI secolo ebbero particolare fioritura. Negli Abbecedari ogni verso (o ogni capoverso) comincia con una lettera dell’alfabeto, nell’ordine dalla α (alfa) alla ω (omega): v. S. Kiriakidis, Laografia greca, I, Monumenti della Parola, Atene 19652.  In ogni modo, si tratta di un genere che si rifà a quello di cui è testimonianza nell’Antico Testamento con i Salmi alfabetici in lingua ebraica.          
48) Jorgos I. Chazidakis, Musica cretese. Storia, sistemi musicali, canzoni e danze, Atene 1958, pag. 95 segg.
49) Soprattutto Chanià, ma anche Rèthimno.
50) Da Iràklio a Ieràpetra e Sitìa.
51) così J. I. Chazidakis, op. cit..
52) op. cit.  e Stamatis A. Apostolakis, op. cit. , pag. 23 segg.
53) Michalis G. Vlasakis, Canzoni risìtike di Creta, Chanià 1961 e S. Apostolakis, op. cit., pag. 26.
54) J. I. Chazidakis, op. cit., pag. 95 segg. e S. A. Apostolakis, op. cit., pag. 24.
55) Ancora soccorre Michalis G. Vlasakis in Analisi della melodia cretese, riv. “Focolare Cretese”, fasc. 33-34, 1952, pag. 27-28.
56) Non bisogna dimenticare che la canzone risìtika è nata e si è sviluppata principalmente durante i duri e tristi anni della schiavitù all’occupante e oppressore turco, quando ogni azione e ogni pensiero erano dedicati all’idea e all’ideale della libertà… di una libertà agognata più della stessa vita.
57) Con ampiezza di argomentazioni se ne occupa Stilianòs M. Charitàkis in La musica in Creta occidentale, riv. “Focolare Cretese”, fasc. 33-34, 1952, pag. 48-49.
58) cfr. Nikos Kavrulakis, Le radici delle canzoni risitike, Atene 1967, pagg. 41-42 e pag. 102, nonché S. A. Apostolakis, op. cit., pag. 29.
59) È più che corretto, quindi, riportare in debita sede questa bibliografia le cui dimensioni non si riscontrano in nessun altro tipo e genere di canzoni demotiche greche.
60) Stamatis A. Apostolakis, op. cit., pag. 15.