Dopo l’ennesima, inutile conferenza di pace a Parigi dei giorni scorsi, la coscienza collettiva dei cristiani deve impedire il voto presumibilmente programmato del Consiglio di Sicurezza ONU per uno Stato palestinese – il 22° musulmano – in seno a uno Stato ebraico. Occorre garantire che non avvenga alcuna resa all’islamizzazione del Medio Oriente e dell’Europa. Occorre far sì che alla Città Vecchia di Gerusalemme, cuore dell’ebraismo da più di 3000 anni e sede del cristianesimo da 2000, non sia permesso di essere islamica e di far parte di quello che presto diventerà un Paese musulmano e molto probabilmente terrorista. Uno Stato in cui, come dimostrano tutti i sondaggi, le elezioni politiche sanciranno la vittoria di Hamas. Ciò implicherebbe la distruzione definitiva dell’intera eredità giudaico-cristiana, come sta accadendo nel resto del Medio Oriente.
L’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura (UNESCO) ha approvato il testo preliminare di una risoluzione che nega i legami ebraici con quelli che sono i luoghi più sacri al mondo per gli ebrei: il Monte del Tempio e il Muro Occidentale, detto anche Muro del Pianto. Da quando l’UNESCO ha deciso di riscrivere la storia, dichiarando islamici antichi siti biblici come la Grotta dei Patriarchi e la Tomba di Rachele, vicino a Betlemme – anche se l’islam non è esistito storicamente fino al VII secolo, centinaia d’anni dopo – le guardie musulmane sul Monte del Tempio stanno tentando di imporre il programma revisionista dell’organismo onusiano. Il 1° gennaio 2017, il Waqf (un ente islamico preposto a preservare qualunque cosa sia stata occupata in nome di Allah) ha intimato all’eminente archeologo israeliano Gabriel Barkay – che accompagnava un gruppo di turisti – di non utilizzare il nome “Monte del Tempio” ma la terminologia islamica per indicare il sito. Dopo l’intervento della polizia israeliana, Barkay ha continuato la sua conferenza usando l’abbreviazione “MT”. Il professore si è dunque rifiutato di comportarsi come un dhimmi (cittadino “tollerato” di seconda classe, lo status delle minoranze non musulmane).
Nell’ottobre del 2016, un analogo episodio ha avuto tutt’altro sviluppo. In visita al Monte del Tempio, il cardinale Marx e il vescovo luterano Bedford-Strohm, eminenti rappresentanti della chiesa cattolica ed evangelica in Germania, hanno accettato gli ordini e rimosso le loro croci pettorali. In seguito alle massicce proteste scoppiate in Germania contro la messa al bando della croce sul Monte del Tempio, il cardinale Marx si è scusato. Il vescovo Bedford-Strohm al contrario non lo ha fatto, prendendosela con le falle nella sicurezza israeliana (accuse respinte da Israele).
Da 3000 anni la storia ebraica dice che “Gerusalemme è costruita come città salda e compatta” (Salmi 122,3). Da allora essa è la capitale indivisa della patria ebraica. Né il terrorismo continuo, né le numerose guerre, né i cinici boicottaggi perpetrati contro la stella di David sono riusciti a distruggere la storia di Israele. Tuttavia, con una mossa brutale, un voto del Consiglio di Sicurezza potrebbe decretare la fine della storia ebraica nella sua stessa patria. Sulla base dello Statuto di Hamas che nega a Israele il diritto di esistere, il voto potrebbe raggiungere l’obiettivo di eliminare la storia ebraica – e cristiana – per rimpiazzarla con l’islam. Porrebbe fine all’esistenza di Israele, unico Paese del Medio Oriente davvero democratico, prospero, bello e fiorente. Porrebbe fine alla libertà di culto, che Israele garantisce alle persone d’ogni fede religiosa di tutto il mondo. Porrebbe fine all’ispirazione che Israele rappresenta per la cultura giudaico-cristiana e per la fede degli ebrei, dei cristiani e anche dei musulmani.
Cosa spinge i politici occidentali a contribuire alla distruzione della cultura giudaico-cristiana in Medio Oriente e in Europa? Perché sembrano volere la distruzione dello Stato ebraico, mentre un numero senza precedenti di cristiani viene ucciso nei Paesi musulmani? Perché milioni di cristiani sono tenuti all’oscuro della programmata distruzione delle loro radici sul Monte del Tempio, da dove, il giorno di Pentecoste, i discepoli di Gesù furono incaricati di diffondere la fede in tutto il mondo? Non poche risposte sono legate alla sete di potere e di denaro. Potrebbero essere le ultime possibilità per salvare e onorare il patrimonio giudaico-cristiano, che è stato costruito con amore e fede ed è passato attraverso molti pericoli nel corso dei millenni.
I cristiani di oggi sono grati a Israele per aver tenuto viva la fede biblica, ora come non mai, attraverso i numerosi reperti archeologici rinvenuti sul Monte del Tempio, nella città di Davide, a Qumran, a Masada a Beersheva, a Betlemme, a Tekoa, ad Ariel, sul fiume Giordano, a Gerico, a Cafarnao, Megiddo, Nazareth, Tel Dan e in un centinaio di altri luoghi biblici in Terra d’Israele.
Per questo i cristiani non rimarranno in silenzio quando tutti questi luoghi saranno assegnati per decreto a coloro che li distruggeranno… così come hanno devastato Palmira, Antiochia, Nisibi, Ninive e, alla fine del 2014, il monastero di Sant’Elia, il più antico dell’Iraq, raso al suolo dallo Stato Islamico. Sappiamo come l’ISIS abbia occupato il sito, costringendo i cristiani a convertirsi all’islam, a pagare una tassa speciale o a essere uccisi. Questa è una realtà assai familiare ai cristiani e agli ebrei in Medio Oriente da oltre un millennio.
La cultura giudaico-cristiana è basata sulla storia trasmessa dalle Sacre Scritture. E questo va battuto e ribattuto in pubblico, sui social, sulla carta stampata, in televisione e alla radio, insomma attraverso tutti i media. Le strade d’Europa devono risuonare delle proteste contro il tentativo di riscrivere la storia alle conferenza di pace e a ogni votazione del Consiglio di Sicurezza. Questi manifestanti sono come “un uomo che costruisse un muro e si ergesse sulla breccia di fronte a me, per difendere il paese” (Ezechiele 22,30), affinché l’unico bastione della democrazia, il baluardo del cristianesimo, l’ultimo custode del patrimonio giudaico-cristiano in Medio Oriente e in Europa continui a vivere.