I resti del “Giovane Uomo di Byrsa” – chiamato anche “Ariche” – sono saltati fuori dagli scavi effettuati da Jean-Paul Morel presso l’omonima cittadella fortificata che dominava il porto di Cartagine. Si tratta di un robusto giovanotto di una ventina d’anni alto un metro e settanta, inumato con gemme, amuleti e altri ornamenti che lo collocano nelle classi alte della società cartaginese.
Non si cononoscono le cause della morte, avvenuta 2500 anni fa, ma un recente studio sul suo DNA – l’unico finora ricavato da un fenicio – ha portato risultati molto interessanti. Lisa Matisoo-Smith, dell’università neozelandese di Otago, ha sequenziato il genoma mitocondriale, scoprendo che Ariche apparteneva a un raro aplogruppo europeo attestato più o meno sulla costa settentrionale del Mediterraneo, probabilmente nella penisola iberica.
L’aplogruppo mitocondriale (gruppo genetico con antenato comune per parte materna) a cui si riferisce la Matisoo-Smith è U5b2c1, “considerato uno dei più antichi d’Europa e associato con le locali popolazioni di cacciatori-raccoglitori. È rarissimo nella popolazione odierna, meno dell’1%”.
I cartaginesi erano fenici grosso modo come i romani erano latini: l’origine di questo popolo affine ai caananei, e quindi imparentato con gli ebrei, si colloca nell’area dell’attuale Libano; eppure, dopo aver analizzato il DNA mitocondriale di 47 libanesi moderni, gli studiosi neozelandesi non hanno trovato traccia del lignaggio U5b2c1.
Naturalmente, il fatto che i fenici fossero formidabili navigatori e commerciassero con mezzo mondo implica che il patrimonio genetico di Ariche potrebbe anche non essere autoctono.