Donne contro l’inferno degli ayatollah

Mentre decine di organizzazioni di difesa dei diritti umani chiedono l’annullamento della condanna a morte per Pexşan Ezîzî, la prigioniera curda rifiuta di testimoniare davanti al procuratore, insieme ad altre quattro compagne detenute a Evin, come protesta per le condanna a morte inflitte ai prigionieri politici.
Narges Mohammadi, prigioniera politica e premio Nobel per la Pace per il suo impegno in difesa dei diritti umani, ha dichiarato che il procuratore del carcere di Evin il 9 settembre avrebbe voluto interrogare cinque prigioniere (inclusa Narges). Ma la sua richiesta è stata rifiutata per protestare contro le condanne a morte.

Narges Mohammadi.

Oltre a Werîşe Muradî, hanno rifiutato di testimoniare Werîşe Muradî, Pexşan Ezîzî, Mecbube Rezayî e Perîwş Muslimî.
In agosto, dopo l’esecuzione del curdo Reza (Gholamreza) Rasaei, arrestato nell’àmbito delle manifestazioni “Jin, Jîyan, Azadî‎”, le donne nel carcere di Evin avevano organizzato una protesta venendo quindi attaccate e picchiate dalle guardie carcerarie. 1) Tra le prigioniere che hanno rifiutato il confronto con il procuratore, anche Pexşan Ezîzî, recentemente condannata a morte.
In questi giorni 26 organizzazioni di difesa dei diritti umani hanno inviato al potere giudiziario iraniano la richiesta di annullare tale condanna chiedendone la scarcerazione.
Operatrice sociale, studentessa all’università Allameh Tabatabai di Teherán e giornalista, Pexşan Ezîzî era stata arrestata da agenti del ministero degli Interni e sottoposta a tortura per settimane. Accusata senza prove di appartenenza al pjak (Partiya Jiyana Azad a Kurdistanê – partito per una vita libera in Kurdistan), in luglio è stata condannata alla forca per “ribellione armata contro il sistema”.
Era già arrestata nel 2009 (e rimessa in libertà nel 2010) per aver preso parte alle manifestazioni studentesche di protesta (sempre per le condanne a morte nei confronti dei militanti curdi).
In seguito aveva lasciato l’Iran per recarsi prima nella regione autonoma del nord e dell’est della Siria e successivamente nel Kurdistan del Sud (in Iraq). Lavorando con i rifugiati all’epoca degli attacchi dell’Isis nella regione.
Tra le organizzazioni intervenute in sua difesa, la berlinese háwar.help, Kurdistan Human Rights Network (khrn) di Parigi e l’ong Iran Human Rights di Oslo, che hano definito il processo a cui è stata sottoposta “grossolanamente ingiusto” e la pena di morte “una palese violazione dei princìpi e delle norme in difesa dei diritti umani, un’espressione evidente della sistematica repressione della libertà di espressione e del diritto alla vita”.

N O T E

1) Reza (Gholamreza) Rasaei, un 34enne appartenente alla minoranza etnica curda e a quella religiosa yaresan, è stato impiccato in segreto all’alba del 6 agosto 2024 nel carcere di Dizel Abad, nella provincia di Kermanshah. L’esecuzione è avvenuta in relazione alla rivolta “Donna Vita Libertà” che ha attraversato l’Iran nel periodo settembre-dicembre 2022.