Giorgio Fabre, Il razzismo del duce – Mussolini dal ministero dell’Interno alla Repubblica Sociale Italiana, Carocci Editore, Roma 2021. Euro 46,55.
Malgrado molte e fruttuose amicizie di facciata con degli ebrei (prima fra tutte la famosa fascistissima direttrice di “Gerarchia”, Grassini), il duce del fascismo negli anni in cui fu a capo del governo attuò contro gli israeliti italiani una sistematica politica di emarginazione prima, di esclusione in seguito, e infine di persecuzione aperta.
Molto si è scritto, prima con gli studi di Renzo De Felice e poi con quelli di Michele Sarfatti, sulle malefatte legislative che permisero questi abusi, sugli alibi ideologici razziali che cercarono di giustificarle e sulle complicità di molti fascisti o speculatori che ne seppero approfittare.
Fino a oggi si è poco indagato sugli squallidi personaggi della burocrazia sabauda che per tutto il Ventennio tennero il sacco al duce alla promulgazione e all’applicazione dei provvedimenti discriminatori voluti proprio da Mussolini in qualità di capo del governo.
Per colmare questa lacuna mi sembra utile e importante il nuovo, corposo libro del giornalista e storico Giorgio Fabre dal titolo Il razzismo del duce, scritto in collaborazione con Annalisa Capristo e appena pubblicato dall’editore Carocci.
Basandosi su una ponderosa documentazione in gran parte inedita, in ben 549 fittissime pagine Fabre – il quale ha già prodotto diverse opere sull’argomento che conosce a fondo – sfata il mito consolatorio di un Mussolini tollerante ed estraneo alle persecuzioni delle minoranze, inchiodando il capo del fascismo alle sue precise responsabilità nell’avversione sotterranea ma costante al mondo ebraico, prima straniero e poi nostrano.
Clamoroso, nel libro, il capitolo dove si ricostruiscono gli interventi diretti del duce nella consegna ai nazisti di ebrei che venivano deportati in Germania, condannandoli a morte sicura.
Ma la denuncia motivata di questi crimini razziali del capo del fascismo si accompagna alla individuazione dei tanti collaboratori attivi delle sue scelte antisemite. Con certosina pazienza, l’autore ricostruisce le tappe delle carriere brillanti ma vergognose di decine e decine di burocrati dello Stato, ottenute dando manforte ai provvedimenti razzisti dello Stato imperialista, nemico per definizione di ogni cultura estranea a quella dominante.
Per di più, l’autore non si limita a ricordare come agirono nel Ventennio questi burocrati pronti a servire senza discutere il padrone nella tragica azione persecutoria, ma segue la loro biografia passo dopo passo, scoprendo che alcuni di loro, a guerra finita, seppero abilmente destreggiarsi, superando indenni la farsesca epurazione e finendo la loro carriera come apprezzati “servitori dello Stato”, e in qualche caso ottenendo anche decorazioni dall’Italia democratica e repubblicana.
Il prezioso studio di Fabre punta dunque il dito su una pagina nera della storia italiana. Non si limita a mettere in luce le volontà antiebraiche dell’uomo al comando, ma non fa sconti ai gregari che, annidati nei loro scantinati di travet ubbidienti, pianificarono senza fiatare il progetto nazionalista del duce. Colpendo senza pietà dei poveri innocenti.