Rimaste incontaminate, grazie alla ferrea politica ecuadoriana che non permette a frotte di turisti di avvicinarsi, le isole Galapagos si possono visitare in piccoli gruppi, sempre accompagnati da un naturalista che, oltre a prodigarsi in interessanti spiegazioni, controlla che nessuno esca dai sentieri segnati affinché la natura selvaggia si conservi nel suo stato primordiale.
I veri abitanti e padroni incontrastati sono gli animali, mentre la presenza umana si limita al minimo, né esiste una popolazione originaria di queste isole, rimaste lungamente disabitate.
Questo arcipelago è un angolo di mondo meraviglioso che merita di essere conosciuto, isola per isola…
Santa Cruz
L’iguana con il suo corpo nero e preistorico si gode il sole immobile sulla sabbia. Il cormorano si diverte a pescare ignari pesciolini, tuffandosi ripetutamente nell’acqua del mare rapido come una saetta, poi con un leggero movimento del collo li ingoia. Attende un istante, inizia ad agitare le ali, si aiuta coi piedi palmati in una corsetta sopra le onde, apre le ali di più ma non troppo sbattendole svogliatamente, poi un colpo più forte e deciso ed eccolo in aria, pronto a identificare la nuova preda.
Granchi rossi si mettono in mostra sugli scogli neri.
Questo è un giorno normale sull’isola di Santa Cruz, appena a fianco a Baltra, dove si atterra, nell’unico aeroporto ecologico del mondo (dicono).
Genovesa
Un festino di uccelli: questo è il periodo della riproduzione. Le fregate maschio gonfiano la membrana rossa che hanno sotto il becco, quasi a scoppiare, battono le ali e starnazzano per farsi notare dalle femmine. Si raggruppano per essere più visibili, anche se, così facendo, la concorrenza aumenta. La femmina vola, plana vicino al prescelto e inizia la storia d’amore: carezze e baci per quanto sia possibile coi lunghi becchi che si incrociano come spade.
Le piccole golondrine vanno e vengono dai loro nidi, semplici spianate di rametti secchi appoggiati nelle crepe della friabile roccia lavica; e lui, il gufo delle Galapagos, si infila nei crepacci, aspetta, e quando il malcapitato uccellino rientra, lo agguanta con i suoi artigli per farne un buon boccone. È l’unico rapace notturno al mondo che cacci durante il giorno.
Bianchi con le zampette palmate nere o verdi, ecco i piqueros de Nazca, che si trovano esclusivamente in quest’isola, la più remota a nord-est dell’incredibile arcipelago delle Galapagos, dette anche le Isole Incantate. Ovunque si possono incontrare uccelli di questa specie, ma bianchi o dalle piume color caffellatte per il 90%, mentre quelli con le zampe rosse sono i piqueros patas rojas.
I piqueros patas azules, nel periodo degli amori, eseguono una particolare danza rallentata di corteggiamento.
Questo è il periodo della cova, le femmine stanno sopra le due uova che hanno deposto, mentre il maschio attento controlla che tutto vada bene da poco lontano. Si schiude prima un uovo, qualche giorno dopo il secondo, e a volte il primogenito si sbarazza del fratello, non sopportando di dover dividere con lui la genitrice. Come l’uovo si schiude, la madre rimane immobile per tenere il piccolino all’ombra, poiché il cocente sole equatoriale potrebbe ucciderlo. I piccoli si riconoscono dalle piume lanuginose, anche se possono essere grandi come un uccello adulto. La madre li coccola spesso, lisciandoli col becco.
Sei enormi squali martello vivono in un angolo della baia. L’isola Genovesa è un antico cratere sommerso, con una profondità fino a 450 metri al suo centro: basta conoscere il punto giusto, e si scorgono i martello impegnati in un frenetico andirivieni: a causa della conformazione delle branchie, se lo squalo si ferma non può più respirare e cercare cibo, probabilmente abbondantissimo in questo tratto di mare. Persino un nuotatore principiante può ammirarne l’andirivieni, se il mare è calmo, osservando le eleganti evoluzioni di queste creature lunghe almeno quattro metri e accompagnate da numerosi pesci pilota.
L’isola è abitata da colonie di leoni marini che prendono il sole pigramente o sguazzano nell’acqua verdeggiante di una lunga laguna. Un piccolo succhia insaziabile il latte dalla sua mamma che, incurante, lo lascia fare e continua a godersi il sole. A incorniciare la scena, piante di cactus che certo non ci si aspetterebbe di trovare vicino a questi mammiferi. Ma siamo nelle Isole Incantate e qui tutto è possibile.
Bartolomè
Nuotano in gruppo come un branco di paperelle i piccoli pinguini delle Galapagos, i secondi più piccoli al mondo, battendo la baia dell’isola in cerca di cibo. Vivono qui e nella parte ovest di Isabela, ma sono in numero sempre minore: la temperatura sempre più calda delle acque li sta decimando.
Il panorama che si gode salendo sull’arido vulcano di quest’isola, con il suo caratteristico pinnacolo, è il più famoso delle Galapagos.
Plaza Sur
L’isola è territorio di iguane. Il maschio è di colore giallo brillante, la femmina marroncina. L’ultima evoluzione di questo animale è recente, avvenuta da 10 anni appena: un’ iguana di terra e una di mare si sono accoppiate generando una stirpe ibrida che può nutrirsi sia di alghe sia di cactus. Ne esistono tre esemplari, due maschi e una femmina, riconoscibili dal manto zebrato. Le iguane di terra hanno perso la capacità di salire sugli alberi (solo un esemplare su 3-400 ha mantenuto nei geni questa abilità) e si sono adattate a nutrirsi di cactus, ignorando le spine grazie alla lingua ispessitasi nelle generazioni.
Anche i cactus si sono adattati, formando un tronco spinoso per difendersi dagli attacchi delle iguane. Inizialmente erano come quelli presentisull’isola Genovesa, dove le iguane non sono mai state presenti e non hanno innescato i meccanismi difensivi.
Le prime iguane sono arrivate su quest’isola galleggiando sopra cumuli di rami, spinti dalla corrente. Brutta sorpresa per loro, l’approdo all’arida Plaza Sur, ma – facendo di necessità virtù – si sono adattate al nuovo ambiente e hanno modificato le proprie abitudini alimentari. Come si dice, non è il più forte a sopravvivere ma chi meglio si adatta.
Santa Fè
In tutte le colonie di leoni marini esiste un maschio alfa dominante che si occupa del branco di mamme e piccolini, per la maggior parte figli suoi. Spesso sdraiato in disparte, non li perde mai d’occhio, pronto a intervenire alla minima minaccia. Riconoscenti, le femmine, oltre a concedersi, lo nutrono amorevolmente. Ma un brutto giorno arriverà un altro maschio a sfidarlo: si batteranno a suon di ringhi e morsi feroci, e il vecchio capo finirà per soccombere. Non gli resterà che nuotare fino all’isola di Plaza Sur per terminare la sua vita in solitudine, emettendo lunghi e tristi muggiti. Entrerà in acqua per pescare soltanto quando i morsi della fame si faranno insostenibili, ma a causa del fisico indebolito sarà una preda facile per gli squali. La missione del maschio alfa terminerà così, consegnandosi con naturalezza alla morte.
San Cristobal
Già colonia penale e base militare, San Cristobal è l’isola sulla quale si atterra. Ma non si creda che sia meno ricca di fauna rispetto alle consorelle dell’arcipelago: anche qui potremo facilmente incontrare i leoni di mare, le fregate, i piqueros, le iguane marine e le tartarughe delle Galapagos, anche se l’ultimo esemplare di tartaruga gigante, il solitario George, con la sua morte ne ha virtualmente estinto la razza.
La Laguna El Junco, raggiungibile con una facile camminata, ospita in alcune stagioni una comunità di fenicotteri rosa.
Léon Dormiente
L’isola deve il nome alla sua sagoma, che da lontano ricorda quella di un leone addormentato. Si tratta di due rocce separate da una profonda spaccatura nella quale si possono avvistare squali martello e tartarughe (ma attenzione, se l’acqua è calda possono essere presenti fastidiose meduse).
Los Lobos
Due spiagge gremite di leoni marini, giovani, allegri, giocherelloni: se entri in acqua con loro vengono a osservarti, tanto vicini da metterti un po’ in imbarazzo: ti mordono le pinne, ti pungono con i baffi ispidi, ti osservano nuotandoti vicino a testa rovesciata, lasciandosi sfuggire una miriade di bollicine d’aria dal muso… Arrivano persino a mordicchiarti la mano, tanto per sentire il tuo sapore, in una sorta di bacio un po’ irruente. Ma qui i padroni sono loro, e tu sei soltanto un ospite.
Española
In questa isola tutto è colorato, anche le piccole lucertole hanno una macchia rossa sotto al collo, e le iguane di mare sono rosse e verdi su sfondo nero.
Una piscinetta naturale protegge i cuccioli dei leoni di mare dagli attacchi degli squali. Una madre li osserva serena, intervenendo quando i litigi fra i piccoli si esasperano. Appena scende la marea, i cuccioli vengono fatti spostare per evitare che vengano attaccati dai falchi, che li considerano prede succulente.
Floreana
L’isola deve il nome al primo presidente dell’Ecuador, Juan José Flores. È nota anche per il mistero che le aleggia attorno, degno di un giallo di Agatha Christie.
I primi esseri umani a insediarsi qui furono il dottor Friedrich Ritter e la sua compagna Dore Strauch. Entrambi infelicemente sposati – lui con una semplice casalinga, lei con un preside di nome Koerwin – convinsero i rispettivi coniugi a fare uno scambio di coppia per inseguire il loro sogno d’amore. Seguaci delle teorie del Nietzsche di Così parlò Zaratustra, si erano conosciuti per la malattia di Dore, che il dottor Ritter curava con i suoi metodi particolari.
Friedrich credeva fermamente nella capacità della mente di governare il corpo e nell’efficacia curativa degli alimenti (era vegetariano). Dore, inizialmente sua paziente per la sclerosi multipla di cui soffriva, rimase soggiogata dalla personalità magnetica del medico. Scelsero Floreana perché nell’isola si trovava l’acqua potabile e la raggiunsero nel 1929 da Berlino.
Come precauzione contro eventuali problemi “orali”, si erano fatti estrarre tutti i denti e preparare una protesi metallica, che usavano a turno quando necessario. Costruirono la loro casa di forma ottagonale in un cratere estinto che formava un grande bacino ricco di vegetazione tropicale. La stampa li paragonò a dei novelli Adamo ed Eva nel giardino dell’Eden, richiamando la curiosità di alcuni temerari visitatori. Nel settembre 1932 arrivò la famiglia Wittmer a bordo del piccolo veliero Tip Top, composta da Heinz, con il figlio dodicenne frutto di una prima unione, e dalla moglie Margret in stato interessante. Erano persone semplici che volevano sfuggire ai problemi della Germania di quei tempi. Le due coppie erano troppo diverse per essere amiche, ma non furono nemmeno nemiche e si aiutavano quando necessario.
Nel novembre 1932 arrivò la sedicente baronessa austriaca Eloise Wagner de Bosquet, con i suoi due amanti tedeschi Rudolf Lorenz e Robert Philippson e un operaio ecuadoriano, Felipe Valdivieso. La donna voleva costruire un lussuoso albergo sull’isola, che si sarebbe chiamato Hacienda Paradiso.
Molti yacht di lusso approdarono spinti dalla curiosità suscitata dagli articoli sulla baronessa.
Nel gennaio 1933 avvenne la prima nascita sull’isola: Margaret aveva messo al mondo suo figlio Rolf, che morirà nel 2012.
Nel frattempo la relazione fra Friedrich e Dore stava prendendo una brutta piega, l’uomo crudele e violento, la donna vittima dei suoi eccessi.
Nel marzo 1934 una grave siccità colpì le Galapagos. Molte sorgenti si seccarono, coltivare divenne sempre più difficile e la situazione fece aumentare le ostilità fra gli abitanti. La baronessa e Philippson trattavano Lorenz come uno schiavo e questi, stremato, spesso si rifugiava dalla famiglia Wittmer in cerca di un po’ di cibo e di calore umano, ma non opponeva resistenza quando i suoi tormentatori andavano a chiamarlo.
Un giorno la baronessa e Philippson annunciarono ai Wittmer che sarebbero partiti per Tahiti a bordo di una barca ancorata nella baia. Non si vedeva alcuna imbarcazione né la coppia preparò alcun bagaglio, nemmeno lo stretto indispensabile. Ma di loro non si seppe più nulla.
Poco tempo dopo Lorenz, rimasto ormai solo, trovò un passaggio per lasciare l’isola su una barca chiamata Dinamita, che nel percorso tra Santa Cruz e Guayaquil fu dichiarata dispersa. Parecchi mesi dopo venne ritrovata sulla spiaggia dell’isola di Marchena con a bordo i corpi mummificati di Lorenz e del capitano del veliero.
Alla fine dello stesso anno, Frederich Ritter si ammalò gravemente per aver mangiato pollo avvelenato, fatto apparentemente inspiegabile trattandosi di un vegetariano convinto. Mentre esalava l’ultimo respiro assistito dalla signora Wittmer, coprì Dore di maledizioni. Dore Strauch ritornò in Germania dove scrisse il libro Satana came to Eden. Morì sotto un bombardamento durante la seconda guerra mondiale.
Margaret Wittmer continuò a vivere a Floreana con la figlia Floreanita e i nipoti fino alla sua morte nel 2000, a 95 anni, portando nella tomba tutti i segreti dell’isola. Scrisse la sua versione ufficiale della vicenda e il resoconto di 60 anni trascorsi sull’isola nel libro Floreana, dal quale fu tratto il film That.
Harry Wittmer morì nel 1951 in un incidente di navigazione; il marito di Floreanita scomparve anch’egli in un incidente in mare. Una catena di misteri.
BIBLIOGRAFIA
Viaggio realizzato con Avventure nel Mondo