heiva 2018 prima serata

Annata eccezionale per la Heiva I Tahiti, che per il 2018 ha 38 gruppi iscritti: 19 per la hura, danza, dei quali 10 in categoria Hura Tau, professionisti, 9 in categoria Hura Ava Tau, amatori; 19 per i canti dei quali 10 gruppi si presentano in categoria Tārava Tahiti, canti di Tahiti, 4 in categoria Tārava Raromata’i, canti delle isole Sottovento dell’arcipelago della Società, 5 per la categoria Tārava Tua’a Pae, canti delle isole Australi.
Questa serata iniziale, oltre alla consueta cerimonia di Rahiri con la presentazione di capigruppo e giuria e la promessa di rispetto reciproco, ospiterà l’omaggio a Patrick Amaru, autore scomparso improvvisamente; in ogni serata verranno letti brani dai sui profondi testi.
Passano sul palco due gruppi di canto in categoria Tārava Tahiti, Reo Papara e Tamari’i Vaira’o, due gruppi per la danza, Hei Rurutu in categoria Hura Ava Tau, amatori, e Pupu Tuha’a Pae in categoria Hura Tau, professionisti. Ricordo che per appartenere alla categoria dei professionisti bisogna aver vinto la Heiva I Tahiti almeno una volta, altrimenti si continua a gareggiare fra gli amatori.
I due gruppi di ballo della serata raggruppano entrambi gli abitanti dell’isola di Rurutu che vivono a Tahiti; sono in contrasto fra loro e la discordia ha affievolito la potenza delle prestazioni. L’unione fa la forza, specie nell’isola polinesiana dove si ha una profonda abitudine alla vita comunitaria, e l’impatto di un gruppo ben affiatato e numeroso in scena sarebbe ben altra cosa.
Per la prima volta è presidente della giuria Moana’ura Tehei’ura, ideatore e coreografo dello spettacolo Pīna’ina’i (risonanze). Nonostante il suo ruolo, non esita a intervenire se la sonorità non è a punto o per qualsiasi altro problema; la sua grande esperienza nel mondo dello spettacolo gli permette di avere la visione d’insieme e non trascurare il minimo particolare.
Spiccano fra i giurati Makau, originaria dell’arcipelago delle Tuamotu, vincitrice della scorsa edizione della Heiva I Tahiti in categoria professionisti per la danza, e il fantasioso capogruppo Jean-Marie Biret. Porta il suo contributo per la lingua e l’analisi dei testi Steve Chailloux, professore di reo Mā’ohi all’università di Hawai’i, nonché autore e protagonista delle vignette in onda su TNTV volte a promuovere il buon parlare in Polinesia.

1 HEIRURUTU – categoria Hura Ava Tau, amatori.
Mōi’o Pārapu te ‘arere
Mōi’o Pārapu il messaggero celeste.
Gruppo fondato nel 2013, raggruppa artisti originari dell’isola di Rurutu. Ballano una loro leggenda, sviluppata astrattamente, i loro magnifici costumi sono ricchi di simboli.

Il vento Mōi’o Pārapu accompagna e sostiene i Tānete’e, antico nome degli abitanti del villaggio di Averā che si trova nell’isola di Rurutu, arcipelago delle Australi, il più a sud della Polinesia francese, dal clima fresco. Il tramonto del sole, infuocando il cielo purifica l’atmosfera e l’alba dai riflessi dorati ne accarezza la terra.
Gli elementi naturali sottolineano la sua appartenenza al mondo impalpabile.
Il cielo fiammeggiate si apre al levarsi dei raggi di sole, ma il messaggero del mattino, preceduto dalle grandi nubi cariche di vento, non è apparso.
La grande massa di nubi infiammate invade l’orizzonte con l’orda feroce e bellicosa della notte del dio ‘Oro (il dio della guerra), turbina nel chiarore del fuoco di (il sole) simile a un mazzo di fiori nelle ombre dell’aurora, restata troppo a lungo rinchiusa nella conchiglia di Ātea (il cielo, inteso come mondo soprannaturale). Le nubi che annunciano il vento Tūtaivi e la tempesta Tohu’ura arrivano da lontano.
Per la ‘aparima le vahine (donne) sono vestite col pareu, indumento di tutti i giorni per casa, dal colore giallo come i raggi del sole.
Nel mondo invisibile degli dèi si forma un elemento, questo embrione reagisce con foga al richiamo del dio ‘Oro e si lancia con tutta la sua rabbia, scatenando la tormenta.
Nella ō’tē’a i tāne (uomini) sono vestiti di fibre vegetali secche che rappresentano le nuvole; le donne rappresentano l’embrione.
La confusione è all’apice, è la tormenta generata dal rapu (fusione dell’anima) di Mōi’o Pārapu, perso nella sua rabbia.
Mōi’o Pārapu, viene dal mondo del (l’altra dimensione) è il frutto di Ta’aroa (il dio creatore del mondo Māho’i) e di Ātea (divinità dello spazio, del cielo). Intrepido, ha sfidato Tāne (il dio della bellezza), ha lottato per uscire dalla sua conchiglia e poter diventare un insieme di morbide nuvole. Si carica d’energia prima di spiccare il volo.
Il tessuto bianco leggero del pā’ō’ā richiama le nuvole, l’aria, lo spazio vaporoso di Ātea.
Nell’hivinau, come le piume reali, Mōi’o Pārapu si lascia portare dalle correnti violente dell’immensità, accelerate dalla forza del vento, per arrivare sulla terra, entra dal canale di ‘Ōpupu, devasta ogni cosa al suo passaggio sul villaggio deiTānete’e, prima di raggiungere il rilievo ‘Era’i da Tāpua’e Māui (località dove si trova l’impronta del dio Maui).
Si serve della bruma per generare l’occhio del ciclone da usare per raggiungere le correnti violente dell’immensità dello spazio di Ātea.
Il rosso ricorda le piume reali, così rare da essere riservate agli ari’i, i capi, l’amore degli déi, la collera di Mōi’o. Il bianco ed il rosso sono i colori del dioTāne, che si presenta con una rondine bianca e gli uccelli rossi che vivevano nella via lattea.
Il dioTāne disapprova i disastri causati da Mōi’o, in questo quadro i ballerini indossano il pareu verde, come la vegetazione del villaggio di Tānete’e.
Il dioTāne invoca sua madre Ātea, nel cielo, qui le ballerine indossano il pareu blu, come il cielo di Ātea, con fiori bianchi che rappresentano le nuvole.
Il dioTāne esige la riparazione dei danni causati da Mōi’o, che diventa il porta parola dei Tānete’e, supporterà i loro progetti, sarà il messaggero del loro arrivo segnando la via e tracciando il cammino da seguire. Viene indossato il more (gonnellino in fibre di purau, ibisco selvatico, Hibiscus tilliaceus), bianco come simbolo del messaggero celeste, gli ornamenti a mulinello rappresentano la manifestazione visibile del vento.
Il sole tramonta con tutta la sua bellezza sul villaggio dei Tānete’e  per sempre benedetto. I ballerini indossano i colori del sole che tramonta: rosso, giallo, arancio.
Il suono del (conchiglia usata per chiamare) saluta e ringrazia giuria e spettatori.

 

 

2 REO PAPARA – categoria Tārava Tahiti, canti di Tahiti.
Atimaono, Te Teva i mo’e
‘Atimaono dimenticato dal popolo deiTeva.

Si presentano ornando la scena con piante della loro terra, un po’ come fanno certi gruppi di danza.
Il loro tema è ‘Atimaono, Te Teva i mo’e, ‘Atimaono (località nell’isola di Tahiti) dimenticato dal popolo dei Teva. Nei testi dei loro’Utē, canzoni, narrano la morfologia della loro terra, dalla montagna Mo’aroa, sacra assai, al canale d’entrata per le piccole imbarcazioniTe Ava Ra’a.
Simpatico il loro’Utē ‘Ārearea con la storia del signor Ti’aporo, diavolo, che seduce la Mama, signora, mentre questa guarda la televisione, ignara.
Per i costumi hanno utilizzato solo piante endemiche, escludendo la canna da zucchero, i semi di caffè e il cotone, anche se queste ultime sono storicamente legate con la zona di Papara, almeno dopo l’arrivo di navigatori e missionari. Le corone vegetali sono realizzate con tre diversi tipi di felce: metua pua’a, ti’ati mou’a, mai’u’u tafa’i, per dimostrare la varietà della flora del profondo della loro valle, dalla bellezza lussureggiante. Non manca ‘aute, Hibiscus tiliaceus, pianta con la quale gli antichi polinesiani tracciavano i sentieri che portavano ai colli tra le vallate: quando si esitava ad avanzare immersi nella fitta vegetazione dell’isola, bastava salire su di un albero e scrutare il mare di foglie fino a intravedere il mazzetto di fiori rossi: “teie te ‘ē’a”, ecco il cammino.
Il colore rosso delle camice degli uomini sottolinea l’appartenenza di Vaiari Iti alla grande famiglia dei Teva, popolo di guerrieri.
Il colore nero, disueto per una corale, dell’intero abito in merletto, dei fiori e dei pantaloni per gli uomini rappresenta il , oscurità, nella quale erano piombati per più di un secolo. Il lungo periodo di buio ha ottenuto l’effetto contrario a quello voluto. Il principio del pori, chiudere al buio una persona per affinarne i sensi, ha fatto sì che i Teva ritrovino oggi tutte le verità a loro lungamente nascoste.

 

3 TAMARI’I VAIRA’O – categoria Tārava Tahiti, canti di Tahiti.
Te Puna I’a
La sorgente dei pesci

Hanno copricapi realizzati con foglie di palma raccolte in precedenza per farle ingiallire, intrecciare secondo lo stile puamotu (arcipelago della Polinesia francese che conta 78 atolli).
Il tema di questo gruppo di canto èTe Puna I’a, la sorgente dei pesci.
Sulla montagna sacra, Matara’i (occhi rivolti verso il cielo) dove gli antenati andavano a spiare l’arrivo dei nemici per proteggersi dagli assalti, all’interno di Vairuia si trova la roccia Te Puna I’a. È una pietra bucata e profonda da dove l’acqua attraversa l’isola seguendo un percorso sotterraneo, per arrivare nell’oceano più profondo, fino al canale Ava motu. Le aperture nella barriera corallina che circonda le isole polinesiane sono dovute all’acqua dolce proveniente dalla montagna che impedisce ai microrganismi di consolidare la loro laboriosa crescita.
Il vento ahurei  si alza un toriri (pioggerellina) cade sulla terra di Vaira’o:

è il segno dei discendenti deiTeva,
prendete posto a Vairua,
sulla terra degli aito (guerrieri).
Cantiamo, elogiamo
la storia di e Puna I’a.

Questa storia è stata trasmessa da papa Rai, il più grande interprete di ‘Ūtē’Ārearea di tutti i tempi, tanto da dover duettare con se stesso: nessuno era alla sua altezza per il controcanto.
Grandi risate durante ‘Ūtē ‘Ārearea, canto comico, mentre in scena un povero ciccione cerca uno sport adatto per liberarsi della pancia… L’obesità è un grave problema nelle isole del Pacifico, la sedentarietà e il troppo cibo stanno distruggendo un popolo.

 

 

4 PUPU TUHA’A PAE – categoria Hura Tau, professionisti.
Te orara’a āmui ‘o te Rurutu i te roto i te umu’ai
L
a vita in comune del popolo di Rurutu attraverso la cerimonia dell’umu’ai

Il Pupu Tuha’a Pae raggruppa gli originari delle isole Australi che vivono a Tahiti e vanta come ra’atira (capo gruppo) Oscar. La festa dell’umu’ai nasce nel 1936, su idea del pastore della chiesa Protestante Poetai Teriimana, che ha scelto il sacramento del matrimonio per riunire la popolazione e parlare della genealogia.
I ruoli sono ben stabiliti, viene preparato un grande banchetto e le famiglie sfilano davanti alla nuova coppia, portando doni e spiegando il loro grado di parentela con gli sposi.
Da sei a dodici mesi prima della data fissata vengono spediti gli inviti, il capofamiglia organizza una riunione per dividere i regali che devono essere confezionati secondo una lista ben precisa: 1 tifaifai (coperta ricamata) cucito a macchina, 1 stuoia rettangolare lunga 3,5 metri decorata con nastri colorati chiamata tārava (come la linea che si mette sopra la vocale per allungarne il suono), una stuoia rettangolare di 8 pieghe chiamata pe’ue, una stuoia rotonda di 3 metri di diametro chiamata pota’ata’a, 1 rotolo di tessuto di 35 metri, vestiti per gli sposi completi di cappello, 1 maiale di 80 kg, del taro (tubero endemico, Colocasia esculenta), dei caschi di banane.
Un mese prima della cerimonia i genitori organizzano un’uscita in barca per pescare. Viene montato il riparo per il pranzo di matrimonio che sarà poi decorato. Si tagliata la legna per il fuoco, si preparano i cocchi, le pietre vulcaniche per il forno tradizionale, è già stabilito chi cucinerà, chi sarà responsabile della sala, chi si occuperà della cucina, chi taglierà a pezzi i maiali, chi accoglierà gli invitati a nome della famiglia.
La madre, aiutata dalle donne, cuce l’iripiti pū, coperta patchwork composta da quadrati di 2 centimetri di lato, per una dimensione finale di 2,5 metri su 3, lavoro lungo e minuzioso; prevede le tenute per i suoi figli e per i nipoti, con cappello, orecchini, collana e braccialetto per le ragazze. Ogni letto avrà la sua zanzariera. Il padre si occupa dei maiali, dei pesci e del taro.
La settimana prima della cerimonia, dal lunedì al giovedì vengono consegnati i regali, prima i parenti da parte di padre, poi quelli da parte di madre; ogni famiglia deve comunicare il proprio arrivo, per essere accolta con cibo sufficiente.
Alcune donne vengono incaricate di ricevere i regali, scriverne la lista in un quaderno insieme ai legami di parentela di chi dona; quando le famiglie arrivano, gli sposi vengono preparati con cappello, corone di fiori, parure di gioielli; vengono fatti sedere e si depone ai loro piedi ogni regalo; si srotola un rotolo di tessuto e li si avvolge.
L’oratore di famiglia traccia la genealogia, momento molto importante che permette ad ognuno di conoscere il proprio grado di parentela con la nuova coppia, dopodiché di balla intorno agli sposi, cospargendoli di profumo e di talco. Ogni giorno questo rituale viene ripetuto.
Quando arriva il grande giorno, vengono preparate due sedie coperte da tifaifai, una stuoia viene stesa a terra per esporci sopra i regali; gli sposi sono vestiti con gli abiti preparati dai genitori, completi di cappello e gioielli. Viene celebrata la messa seguita da una canzone, i genitori offrono i loro doni.
Tutti ballano, accompagnati dalla musica tradizionale delle percussioni, gli sposi al centro, le famiglie intorno, cospargendo la nuova coppia di profumo e di talco. Inizia il banchetto, durante il quale i genitori, secondo l’usanza polinesiana cambiare nome a seconda dei vari momenti della vita, daranno i nomi da sposati ai due giovani. Dopo il pasto i ragazzi vengono scortati a casa seguiti da un letto completo di zanzariera e cuscini ricamati trasportato a piedi, da un armadio, dalla tavola con le sedie.
Il giorno seguente un banchetto viene offerto alle famiglie come ringraziamento.
Circa 50 persone sono interessate alla preparazione di questa festa, manifestazione di vita comunitaria, fondamentale nell’isola di Rurutu. La sua popolazione sa come organizzarsi per perseguire l’interesse comune.
Tutte le loro attività sono diventate atti culturali.