Il 3 dicembre scorso, una cinquantina di appartenenti ai movimenti delle gioventù curde in Europa, TCS e TEKO-JIN, hanno voluto denunciare con un atto spettacolare di disobbedienza civile l’utilizzo di armi chimiche (un crimine di guerra secondo le Convenzioni internazionali) da parte dell’esercito turco nel Kurdistan del Sud (Iraq) e il sostanziale silenzio delle agenzie internazionali.
L’Aia è stata teatro di un vero e proprio assalto al palazzo dove risiede l’Organisation for the Prohibition of Chemical Weapons (OPCW), già oggetto il 16 novembre di un’analoga manifestazione alla cui conclusione uno striscione di denuncia veniva appeso alla facciata.
Come ha precisato un esponente di TCS, l’occasione era stata fornita dallo svolgimento del 26° incontro indetto dalla OPCW e sostanzialmente si riproponeva di “ricordare all’organizzazione i suoi doveri, anche a nome dell’Iniziativa contro le armi chimiche in Kurdistan, chiedendole di indagare in merito a centinaia di attacchi chimici, opera dell’esercito turco, nel Kurdistan del Sud da aprile”.
Inizialmente i curdi si erano radunati pacificamente davanti alla sede, ma dopo i tentativi della polizia di sgomberare i marciapiedi sono entrati nel palazzo occupandolo. Molti di loro si sono poi incatenati alle inferriate e alla recinzione. Conteggio finale, oltre una cinquantina di arresti (per “intrusione”) e una decina di feriti.
Da tempo le accuse (peraltro documentate visto che il Congresso nazionale del Kurdistan, KNK, è in possesso di campioni contaminati provenienti dalle aree colpite) dell’utilizzo di armi chimiche da parte di Ankara nelle regioni di Avasin, Zap e Metina circolano con insistenza, ma rimanendo inascoltate.
L’OPCW, in quanto organizzazione indipendente creata per sorvegliare il rispetto delle norme da parte degli Stati che hanno firmato la Convention sur l’interdiction des armes chimiques, dovrebbe intervenire e stabilire anche tempi e modi per la distruzioni di tali armi fuorilegge.
Nel loro comunicato i giovani curdi hanno ribadito di “esigere che l’OPWC, l’ONU e la Croce Rossa Internazionale inseriscano tale utilizzo di armi chimiche all’ordine del giorno” mettendo in campo un’inchiesta indipendente e “sanzioni nei confronti del governo di Erdogan”. Invitando quindi le organizzazioni internazionali chiamate in causa a esaminare il materiale contaminato in possesso del KNK, che può metterlo a disposizione.