La notizia, diffusa dall’Agenzia Anadolu e ripresa da AFP, è delle ore 15.00 di sabato 3 dicembre: Mahmut Tat, uno dei primi espulsi dalla Svezia in Turchia, dove stato condannato a circa sette anni per presunta appartenenza al PKK, è stato incarcerato su ordine di un tribunale turco.
Rifugiato in Svezia dal 2015 – dove però la sua domanda d’asilo veniva respinta – era stato arrestato e rinchiuso in un centro di detenzione a Mölndal. Espulso e rispedito in Turchia, appena sceso dall’aereo la sera del 2 dicembre è stato immediatamente arrestato e il giorno successivo portato in tribunale.
Ormai da mesi, da maggio per la precisione, la questione dei rifugiati curdi (ma anche dei turchi dissidenti) in Svezia e in Finlandia è all’ordine del giorno. Una sorta di ricatto imposto da Erdogan in cambio del suo consenso all’adesione dei due Paesi nordici alla NATO.
Non a caso, stando alle dichiarazioni di alcuni alti esponenti della diplomazia turca, il nuovo governo svedese starebbe facendo “passi positivi” nella direzione auspicata da Ankara. Per Mevlut Cavusoglu, “il nuovo governo appare più determinato del precedente, sono avvenute modifiche legislative importanti e noi vediamo tutto questo con soddisfazione”. Dato che la dichiarazione avveniva in margine alla riunione dei Paesi della NATO a Bucarest, è lecito ritenere che in qualche modo fosse stata concordata con gli altri esponenti.
Sarebbero oltre una trentina i rifugiati curdi in Svezia di cui la Turchia esige l’espulsione. Tra loro anche Amineh Kakabaveh, originaria del Rojhilat (Kurdistan iraniano), che giovanissima si era unita all’organizzazione Komala. In seguito si era rifugiata in Svezia. Qui aveva dato vita all’organizzazione femminista e antirazzista Varken hora eller kuvad. Dal 2008 è deputata al Riksdag, il Parlamento di Stoccolma. Un primo segnale di disponibilità da parte della Svezia si era avuto in agosto, dopo (coincidenza?) un incontro tra esponenti turchi, svedesi e finlandesi. Veniva infatti arrestato Zinar Bozkurt, esponente del partito HDP (ma accusato da Ankara di far parte del PKK). In Svezia dal 2014, aveva denunciato pubblicamente, in varie interviste, di essere stato perseguitato in quanto curdo e omosessuale.