In qualche modo era già accaduto. Per esempio in Italia con Maria Edgarda Marcucci diventata suo malgrado “sorvegliata speciale” per la militanza in Rojava. Ma in Spagna avrebbe potuto andarle anche peggio. Qui alcuni giovani rientrati dal Rojava venivano arrestati, condannati e inviati in un carcere dove erano rinchiusi numerosi militanti jihadisti. Allucinante. Uno va a combattere contro i tagliagole dello Stato Islamico e si ritrova circondato dai loro compari. Per inquietante analogia vien da pensare (anche se le premesse sono diverse, ovviamente) al caso recente di Yvan Colonna.
In Francia un ex militante delle YPG, l’anarchico Libre Florian, si trovava in una situazione simile. Detenuto in attesa di giudizio e in isolamento ormai da oltre un anno. Per protesta, dal 27 febbraio è in sciopero della fame e ha già perso oltre dieci chili. Senza risposta finora la richiesta di essere rimesso in libertà, nonostante il parere favorevole dei Services Pénitentiaires d’Insertion et de Probation (SPIP). Dato che anche il suo stato psichico andava deteriorandosi, qualche giorno fa, il 25 marzo, lo hanno ricoverato in ospedale.
In un comunicato pubblicato in febbraio dal Collectif de combattants francophone du Rojava, oltre a rifiutare “cette infâmante et diffamatoire accusation d’association de malfaiteurs terroriste”, Florian aveva denunciato il carattere politico del suo arresto e dell’isolamento a cui veniva sottoposto. In sostanza, sosteneva di essere stato criminalizzato e imprigionato soprattutto per aver combattuto con i curdi delle YPG contro Daesh.
Il suo arresto risale all’8 dicembre 2020 quando, nel corso di una perquisizione in una casa occupata di Toulouse, la polizia avrebbe rinvenuto materiali ritenuti utili per la fabbricazione di ordigni rudimentali. Insieme a una decina di altri militanti era stato accusato di “associazione terrorista” (anche se, a quanto sostengono gli avvocati, la maggior parte degli imputati nemmeno si conoscevano tra loro).