Non può esistere una vera autonomia se non si cambiano i rapporti tra i poteri centrali e quelli locali. Chiedere qualche competenza in più alla Regione, come propongono i ministri attuali, servirà a ben poco se prima non si elimina lo strapotere dei vertici centrali.
Non è una grande scoperta… Nell’estate del 1944 usciva su un supplemento della “Gazzetta Ticinese” un breve ma chiarissimo articolo dal titolo – a questo proposito estremamente esplicito – Via il Prefetto. Era scritto da un antifascista piemontese esiliato in Svizzera e prendeva decisamente il toro per le corna, proclamando perentoriamente che “finché esisterà in Italia il prefetto, le deliberazioni e l’attuazione non spetteranno al consiglio municipale e al sindaco, al consiglio provinciale e al presidente, ma sempre e soltanto al governo centrale, a Roma”.
Aveva perfettamente ragione: la struttura burocratica statale ha sempre rappresentato lo strumento fondamentale per la verticizzazione delle decisioni. E, detto chiaramente, lo sarebbe ancor più se dovesse venir attuato il presidenzialismo propugnato dai fratelloni infiammati e avallato dalla pavida subalternità di capitan mohito.
Pie illusioni
L’articolo sul giornale svizzero era firmato con il nomignolo “Junius”. Chi era questo intransigente anti-centralista? Nientemeno che il liberale Luigi Einaudi, futuro presidente della Repubblica Italiana. Che andava giù duro contro le tentazioni romanocentriche, scrivendo che “nulla deve più essere lasciato in piedi di questa macchina centralizzata; nemmeno la stamberga del portiere”.
La restaurazione del dopoguerra doveva spazzare via in fretta le generose speranze e le illusioni di far nascere anche da noi un regime federalista, sicché l’elefantiaco esercito romanocentrico la fa ancor oggi da padrone.
Solo in Valle D’Aosta, ed esclusivamente per fermare le pulsioni separatiste del 1945, non c’è un prefetto nominato da Roma e i suoi poteri sono esercitati dal presidente della Regione, eletto per volontà dei cittadini e non imposto dall’alto. Un potere non da poco, che ancor oggi i presidenti delle altre Regioni non hanno, anche se vengono pomposamente celebrati come “governatori”.